Claudio

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Base

Tipo

Persona

Name

Claudio

Cognome

Fazzini

Nazione

Italia

Sesso

Maschio

Sito web

http://www.claudiofazzini.it

Occupazione

Artista

Titolo di studio

0

Facebook

http://www.facebook.com/claudio+fazzini

Descrizione

CLAUDIO FAZZINI
Anatomia dell’Assenza O l’Elegante Leggerezza dell’Autodistruzione

Recensione critica
A cura di Sabrina Falzone

Parafrasando le metodologie esecutive dell’iconoclastia bizantina, l’artista maceratese Claudio Fazzini riporta in auge la negazione della memoria e la complessa realizzazione di un’opera d’arte in continuo divenire.
Dal punto di vista tecnico occorre fare una specifica distinzione tra il procedimento esecutivo delle figure maschili (l’Anatomia dell’Assenza) e la progettazione dei soggetti femminili (l’Elegante Leggerezza dell’Autodistruzione).
.La realizzazione dell’effigie virile si articola in un avvicendamento sottrattivo di stadi differenti che partono dal compimento della figura rappresentata e terminano con un modus operandi contrastante di rimozione di taluni strati pittorici mediante l’impiego strategico degli acidi. Una peculiarità dell’indagine artistica di Claudio Fazzini è evidenziata da un diffuso utilizzo del bitume: in dettaglio, l’opera viene prima completata, successivamente ricoperta dal catrame in forma di “seppellimento” dell’imago ed infine corrosa dall’acido. E’ l’apogeo della contraddizione, una poetica del contrasto che Fazzini interpreta come un viaggio a ritroso nella pittura, un percorso mnemonico che si genera dall’epilogo e si completa con lo “scavo” e il rinvenimento dell’immagine, fondato sulla metafora archeologica.
L’esecuzione delle figure femminili, invece, ricalca il modello della stratificazione con la relativa sovrapposizione di letture addizionali dell’immagine artistica, un procedimento nettamente in opposizione al precedente.
Sia la serie dedicata all’Anatomia dell’Assenza, sia il ciclo pittorico intitolato l’Elegante Leggerezza dell’Autodistruzione convergono in un unico approdo: la dispersione dell’identità umana, una ferita che trapassa il nostro secolo senza aver la possibilità di cicatrizzare. Nella ricerca artistica di Claudio Fazzini emerge la resa dell’introspezione come estinzione dell’individuo nella società contemporanea..
Ad una più accurata osservazione si noteranno i volti frontali, attanagliati dalla luce, emblemi di un’anima trincerata dall’oblio.

Sabrina Falzone
Critico e Storico dell’Arte

Critica di Duilio Nazzai.

L’Anatomia dell’Assenza è una pratica iconoclastica.

“ L’iconoclastia non ostenta un muro bianco e neppure una rottura di qualcosa che non si sa più cosa sia, ma un immagine che porta il segno di questa rottura e che compete, in potenza, con quella di “prima”. Quello che c’era prima, non c’è più: questo ci dice l’iconoclastia”.
E ancora:“La condizione dell’orientamento iconoclasta, dota l’artista di due mani: una iconografica e una iconoclasta; una mano è di Abele e l’altra è di Caino, e questa è sempre l’ultima ad agire, perché rovina –nel tipo- l’archetipo vivente in esso: per questo l’arte è cosi legata alla colpa. Colpa di esserci come fenomeno, e poi come rovina di ciò che esiste” (Castellucci).

Per arrivare a questo Fazzini fa uso di due operazioni: sottrattiva ed addizionale.

La prima consiste nello scavare l’opera dopo averla seppellita (di qui l’utilizzo del catrame come materia che ricopre interamente l’opera) per farne brillare convulsivamente la luce dall’interno. Ne esce cosi un’opera che si costituisce alla fine e questo mediante l’aggressione al soggetto iniziale, sempre in modo casuale, che si viene ad auto-contestare, a contraddire, che insomma comincia dov’è finita. Ciò che conta qui è il disfare, il misfatto.

La seconda, addizionale (l’Elegante Leggerezza dell’Autodistruzione), consta di una serie di sovrapposizioni che portano quasi fino alla cancellazione della figura. Le linee (che partono direttamente dalla figura e che quindi negano il rapporto soggetto/oggetto figura/spazio) si intersecano e sommano tra loro, in un turbine barocco (un barocco che però si fonde con linee costruttiviste, geometrie che scagionano ogni naturalismo e organicità) che fa perdere sia l’io, ma soprattutto anche il soggetto, tra i drappi, in una nullificazione d’ogni personalità.

In entrambi i casi la figura ruota su se stessa, come una trottola, cosi perdendo ogni connessione dialettica con lo spazio attorno, spazio anch’esso fuso con la figura, come proiezione della medesima e quindi come negazione d’ogni conflittualità ancorata all’io.
I entrambi i casi il frontale è negato: nelle figure maschili viene accecato/solarizzato (un massimo di evidenziazione che però coincide con un minino di visibilità), in quelle femminili viene neutralizzato con una sovrapposizione d’altra figura oppure nello slogamento dello sguardo, che perde cosi ogni profondità intesa come introspezione.

Ogni taglio, ferita, sezione, mostrano solamente stoffa, ricamo, come impossibilità di andare a fondo, di trovare il nucleo, verità ultima etc.
Gli arti/tic sono la Grazia d’ogni volere-potere, d’ogni scopo, finalità, ambizione etc. E’il tempo ad essere negato, la sua proiezione futura sottoforma anche di sogno, desiderio (quindi futuro) legato al passato (nostalgia).
Figure dunque in stato di grazia, ovvero graziate dal voler/dover essere. Ospitali al gratuito.

In un’operazione totalmente opposta a quella che di solito li usa per farne “soggetti” (da Pinocchio ai vari futuristici robot cui scopo è acquisire coscienza)le figure si fanno dunque manichini: partendo dal ritratto il modello originale viene spersonalizzato e svuotato dei connotati psicologici, rendendolo del tutto simile ad una bambola senz’anima.