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All Ghosts You Are
La mostra presenta un’installazione sonora composta da tre tamburi azionati da motori elettrici, il cui ritmo varia in base ai suoni e alle voci raccolte da microfoni esterni allo spazio espositivo. Accompagnata da un testo di Martino Santori.
Comunicato stampa
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I.
Si accorse dell’alterazione luminosa poco dopo la sua prima comparsa. Da lavoratore notturno naturalmente attento ai piccoli cambiamenti che il paesaggio urbano offre nelle ore buie, notò la luce della finestra del primo piano dell’immobile all’incrocio di via T. sfarfallare al suo passare, restando ad un ritmo di regolare lampeggio fino a che non avesse svoltato. Decise di comprare una scala a pioli lucida, ferrosa, minimale, per poter condurre ulteriori indagini. Via T. era deserta, come sempre a quell’ora. Con la scala sottobraccio fece il giro dell’isolato due volte per sincerarsi che anche quella notte qualcuno dal primo piano stesse cercando di comunicare con lui. Erano passate tre settimane ormai, il suo sonno diurno turbato dal pensiero di quello sfarfallare troppo preciso per quella che poteva sembrare una coincidenza. Dalle ricerche condotte sulla storia dell’immobile all’incrocio di via T. non erano sortite informazioni significative, a parte un caso di infestazione murina brillantemente risolta dal corpo felino della polizia locale. La sua mente divagava ripensando alle immagini dei topi morti trovati negli archivi del giornale, mentre il suo corpo era di nuovo lì, sotto la finestra dell’immobile all’incrocio di via T., che da pochi secondi aveva ripreso a sfarfallare. Appoggiò la scala in modo che toccasse la finestra, la luce baluginava contro la punta della scala creando bagliori intermittenti. Mise il primo piede, di seguito il secondo sullo scalino successivo, calibrando i suoi passi al ritmo del cuore che in quel momento manifestava la cedevolezza della paura bloccandogli il respiro. Allo scalino decisivo la luce si spense e la finestra riflesse nient’altro che la sua immagine sola.
“È un gioco di compromessi”, pensò.
II.
Un risuonare più lungo e profondo avvertiva l’inizio. Quindi suoni più acuti e secchi richiamavano a raduno nell’ampia navata centrale dell’edificio, illuminato da un lucernario di opaco vetro cemento. Blanda, innocua, luterana, l’illuminazione sui volti degli astanti che giungevano pian piano, alcuni subito, altri dopo un’ora o due, altri addirittura a dieci minuti dalla fine. L’importanza dell’orario di arrivo era inversamente proporzionale a quella del presentarsi, sempre col miglior sorriso e le più ampie riverenze. Un rituale discontinuo a cui il caos incontrollato dei saluti gentili sovvertiva e sostituiva il consueto ordine di quegli spazi. Era “Il Grande Abbraccio”, si festeggiava così, gioiosamente uniti nel comune destino di taciuta, solitaria tragedia. Un risuonare più lungo e profondo avvertiva l’inizio. Quindi suoni più acuti e secchi, cadenzati, sempre meno costanti e la luce blanda, innocua e luterana ancora sui volti scalfiti dai venti.
Testo di Martino Santori
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Biografie
Diego Gelosi (Pavullo nel Frignano, 1999; vive e lavora a Milano) sviluppa una pratica incentrata sul rapporto tra tecnologia, umano e ricerca spirituale. Al centro del suo lavoro vi è il rifiuto dell’industrializzazione del Sapere — ossia della trasformazione del pensiero scientifico in mero strumento di produzione e consumo — espresso attraverso la costruzione di macchine sonore ingegnerizzate che attingono a pratiche rituali e culti religiosi.
Martino Santori (Lucca, 1995; vive e lavora tra Lucca, Milano e Venezia) utilizza linguaggi differenti come materia prima e campo d’indagine; la sua pratica — artistica e curatoriale — è fatta di riappropriazione e decostruzione dello spazio e dell’azione banale, sviluppata in costante dialogo con l’ambiente circostante. Film, poesia, performance e installazioni site-specific diventano dispositivi per intensificare e amplificare tensioni, ironie e attriti latenti. Dal 2021 è membro e fondatore del collettivo lucchese ciaocasa.
Si accorse dell’alterazione luminosa poco dopo la sua prima comparsa. Da lavoratore notturno naturalmente attento ai piccoli cambiamenti che il paesaggio urbano offre nelle ore buie, notò la luce della finestra del primo piano dell’immobile all’incrocio di via T. sfarfallare al suo passare, restando ad un ritmo di regolare lampeggio fino a che non avesse svoltato. Decise di comprare una scala a pioli lucida, ferrosa, minimale, per poter condurre ulteriori indagini. Via T. era deserta, come sempre a quell’ora. Con la scala sottobraccio fece il giro dell’isolato due volte per sincerarsi che anche quella notte qualcuno dal primo piano stesse cercando di comunicare con lui. Erano passate tre settimane ormai, il suo sonno diurno turbato dal pensiero di quello sfarfallare troppo preciso per quella che poteva sembrare una coincidenza. Dalle ricerche condotte sulla storia dell’immobile all’incrocio di via T. non erano sortite informazioni significative, a parte un caso di infestazione murina brillantemente risolta dal corpo felino della polizia locale. La sua mente divagava ripensando alle immagini dei topi morti trovati negli archivi del giornale, mentre il suo corpo era di nuovo lì, sotto la finestra dell’immobile all’incrocio di via T., che da pochi secondi aveva ripreso a sfarfallare. Appoggiò la scala in modo che toccasse la finestra, la luce baluginava contro la punta della scala creando bagliori intermittenti. Mise il primo piede, di seguito il secondo sullo scalino successivo, calibrando i suoi passi al ritmo del cuore che in quel momento manifestava la cedevolezza della paura bloccandogli il respiro. Allo scalino decisivo la luce si spense e la finestra riflesse nient’altro che la sua immagine sola.
“È un gioco di compromessi”, pensò.
II.
Un risuonare più lungo e profondo avvertiva l’inizio. Quindi suoni più acuti e secchi richiamavano a raduno nell’ampia navata centrale dell’edificio, illuminato da un lucernario di opaco vetro cemento. Blanda, innocua, luterana, l’illuminazione sui volti degli astanti che giungevano pian piano, alcuni subito, altri dopo un’ora o due, altri addirittura a dieci minuti dalla fine. L’importanza dell’orario di arrivo era inversamente proporzionale a quella del presentarsi, sempre col miglior sorriso e le più ampie riverenze. Un rituale discontinuo a cui il caos incontrollato dei saluti gentili sovvertiva e sostituiva il consueto ordine di quegli spazi. Era “Il Grande Abbraccio”, si festeggiava così, gioiosamente uniti nel comune destino di taciuta, solitaria tragedia. Un risuonare più lungo e profondo avvertiva l’inizio. Quindi suoni più acuti e secchi, cadenzati, sempre meno costanti e la luce blanda, innocua e luterana ancora sui volti scalfiti dai venti.
Testo di Martino Santori
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Biografie
Diego Gelosi (Pavullo nel Frignano, 1999; vive e lavora a Milano) sviluppa una pratica incentrata sul rapporto tra tecnologia, umano e ricerca spirituale. Al centro del suo lavoro vi è il rifiuto dell’industrializzazione del Sapere — ossia della trasformazione del pensiero scientifico in mero strumento di produzione e consumo — espresso attraverso la costruzione di macchine sonore ingegnerizzate che attingono a pratiche rituali e culti religiosi.
Martino Santori (Lucca, 1995; vive e lavora tra Lucca, Milano e Venezia) utilizza linguaggi differenti come materia prima e campo d’indagine; la sua pratica — artistica e curatoriale — è fatta di riappropriazione e decostruzione dello spazio e dell’azione banale, sviluppata in costante dialogo con l’ambiente circostante. Film, poesia, performance e installazioni site-specific diventano dispositivi per intensificare e amplificare tensioni, ironie e attriti latenti. Dal 2021 è membro e fondatore del collettivo lucchese ciaocasa.
23
settembre 2025
All Ghosts You Are
Dal 23 settembre al 05 ottobre 2025
arte contemporanea
personale
personale
Location
Omuamua
Milano, Via Verona, 11, (MI)
Milano, Via Verona, 11, (MI)
Orario di apertura
previo appuntamento,
da lunedì a venerdì ore 18-20
sabato e domenica ore 10-13 e 16-20
Vernissage
23 Settembre 2025, martedì 23/09 ore 18-21
Autore
Curatore
Autore testo critico




