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Antenati. Gli eroi
un dialogo tra le Kachina e il ciclo di opere di James Brown ad esse ispirate, e l’installazione di Arthur Kosner
Comunicato stampa
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Dopo la mostra intitolata Antenati. Gli eroi ispirata dalla relazione tra il recente ritrovamento di una settima statua stele (3000 a. C.) e le carte e sculture di Giuseppe Maraniello, il secondo appuntamento espositivo dedicato al tema degli Antenati. I simboli apre ora un dialogo tra le Kachina e il ciclo di opere di James Brown ad esse ispirate, e l’installazione di Arthur Kosner.
Le opere di James Brown, collocate nelle sale di Palazzo dei Panni, e i lavori di Arthur Kostner, al Castello di Arco, ricercano nelle forme dell’antico la corrispondenza del Simbolo.
Nell’analisi sui significati di antiche presenze che hanno caratterizzato l’esistenza di chi ci ha preceduti e di culture differenti dalla nostra ci stupisce osservare la relazione tra le Kachina, che già avevano ispirato l’avventura surrealista da Paul Eluard a Max Ernst, e il lavoro di James Brown.
I manufatti, realizzati tra il 1890 e il 1950, provengono da importanti collezioni. Fonte di ispirazione e capaci di evocare epopee fanciullesche, le Kachina rappresentano nella forma antropomorfa gli spiriti. Sono caratteri tratti dal mondo visibile e invisibili che narrano di origini e di significati simbolici.
Le 50 carte inedite le sculture e le tele realizzate da James Brown nei primi anni Ottanta sono, dunque, dedicati alle Kachina, antiche bambole degli indiani nativi d’America. Nato nel 1951 a Los Angeles, James Brown è uno dei protagonisti del graffitismo newyorkese, con Jean Michel Basquiat, Keith Haring, Rammelzee, Kenny Scharf. Il linguaggio visivo di questi giovani artisti trae elementi e stile dalla cultura popolare; è costituito da una pittura veloce, trasformata in estemporanea decorazione dei paesaggi delle metropoli: dai treni ai muri delle stazioni delle subway.
Nei primi anni Ottanta i lavori di James Brown sono caratterizzati da un forte segno espressivo, attraverso il quale le figure si impongono sugli spazi pittorici come uscite da racconti del mondo dell’infanzia o prodotti dalla durezza delle angosce urbane. Il legame con le Kachina nasce quindi dalla tensione a voler ritrovare il luogo più profondo e pulsante dell’energia.
Le tele e le carte sono attraversate da immagini primordiali dai tratti apparentemente semplici, ma caricate di un intenso valore simbolico. Sono rappresentazioni di figure e di Teste, che richiamano presenze primitive. Somo immagini assolutamente frontali, attaccate alla superficie dello sfondo e trattenute nei limiti del supporto. Fisse nei gesti e nelle posture hanno in sé la solennità dell’icona, dell’immagine estranea alla realtà fisica e vicina a quella del mito. Il segno calligrafico muta in esperienza quasi scultorea la corporeità dei personaggi, sottolineata dall’intenso cromatismo.
L’installazione di Arthur Kostner (Bolzano, 1954) interpreta il tema degli antenati attraverso i segni lasciati al castello.
Elementi ordinati a volte concavi, a volte convessi, acquistano direzioni percettive mobili: si spingono oltre la fissità di uno spazio geometrico o rientrano nella materia. La forma si ripete seguendo un andamento ritmico, costruito attraverso la preziosa trasparenza del colore. Lo spazio è il centro di questa ricerca sulla tridimensionalità oggettuale. E’ uno spazio mobile e vibrante, interrotto da un segno minimo e acuto, rivelatore di una immaginazione poetica nella flessibilità della materia.
Campeggia sulla torre l’immagine di un pedone, sagoma tratta da una delle scacchiere della torre degli affreschi dove dame e cavalieri si incontrano intorno alla scacchiera. Alla base della torre più ampia una decina di lastre in alluminio dipinto ci rimandano al tema dei colori dell’acquerello suggestione del viaggio di Durer e ancora nella torre Renghera andiamo a scoprire una sagoma illuminata, pulsante presenza del simbolo e dell’arte.
Le opere di James Brown, collocate nelle sale di Palazzo dei Panni, e i lavori di Arthur Kostner, al Castello di Arco, ricercano nelle forme dell’antico la corrispondenza del Simbolo.
Nell’analisi sui significati di antiche presenze che hanno caratterizzato l’esistenza di chi ci ha preceduti e di culture differenti dalla nostra ci stupisce osservare la relazione tra le Kachina, che già avevano ispirato l’avventura surrealista da Paul Eluard a Max Ernst, e il lavoro di James Brown.
I manufatti, realizzati tra il 1890 e il 1950, provengono da importanti collezioni. Fonte di ispirazione e capaci di evocare epopee fanciullesche, le Kachina rappresentano nella forma antropomorfa gli spiriti. Sono caratteri tratti dal mondo visibile e invisibili che narrano di origini e di significati simbolici.
Le 50 carte inedite le sculture e le tele realizzate da James Brown nei primi anni Ottanta sono, dunque, dedicati alle Kachina, antiche bambole degli indiani nativi d’America. Nato nel 1951 a Los Angeles, James Brown è uno dei protagonisti del graffitismo newyorkese, con Jean Michel Basquiat, Keith Haring, Rammelzee, Kenny Scharf. Il linguaggio visivo di questi giovani artisti trae elementi e stile dalla cultura popolare; è costituito da una pittura veloce, trasformata in estemporanea decorazione dei paesaggi delle metropoli: dai treni ai muri delle stazioni delle subway.
Nei primi anni Ottanta i lavori di James Brown sono caratterizzati da un forte segno espressivo, attraverso il quale le figure si impongono sugli spazi pittorici come uscite da racconti del mondo dell’infanzia o prodotti dalla durezza delle angosce urbane. Il legame con le Kachina nasce quindi dalla tensione a voler ritrovare il luogo più profondo e pulsante dell’energia.
Le tele e le carte sono attraversate da immagini primordiali dai tratti apparentemente semplici, ma caricate di un intenso valore simbolico. Sono rappresentazioni di figure e di Teste, che richiamano presenze primitive. Somo immagini assolutamente frontali, attaccate alla superficie dello sfondo e trattenute nei limiti del supporto. Fisse nei gesti e nelle posture hanno in sé la solennità dell’icona, dell’immagine estranea alla realtà fisica e vicina a quella del mito. Il segno calligrafico muta in esperienza quasi scultorea la corporeità dei personaggi, sottolineata dall’intenso cromatismo.
L’installazione di Arthur Kostner (Bolzano, 1954) interpreta il tema degli antenati attraverso i segni lasciati al castello.
Elementi ordinati a volte concavi, a volte convessi, acquistano direzioni percettive mobili: si spingono oltre la fissità di uno spazio geometrico o rientrano nella materia. La forma si ripete seguendo un andamento ritmico, costruito attraverso la preziosa trasparenza del colore. Lo spazio è il centro di questa ricerca sulla tridimensionalità oggettuale. E’ uno spazio mobile e vibrante, interrotto da un segno minimo e acuto, rivelatore di una immaginazione poetica nella flessibilità della materia.
Campeggia sulla torre l’immagine di un pedone, sagoma tratta da una delle scacchiere della torre degli affreschi dove dame e cavalieri si incontrano intorno alla scacchiera. Alla base della torre più ampia una decina di lastre in alluminio dipinto ci rimandano al tema dei colori dell’acquerello suggestione del viaggio di Durer e ancora nella torre Renghera andiamo a scoprire una sagoma illuminata, pulsante presenza del simbolo e dell’arte.
23
settembre 2006
Antenati. Gli eroi
Dal 23 settembre al 12 novembre 2006
arte contemporanea
arte etnica
arte etnica
Location
MAG MUSEO ALTO GARDA – GALLERIA CIVICA G. SEGANTINI
Arco, Via Giovanni Segantini, 9, (Trento)
Arco, Via Giovanni Segantini, 9, (Trento)
Orario di apertura
15.30-22.00, lunedì chiuso
Autore
Curatore