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Barbara Pellizzari – Bassa Marea
Barbara Pellizzari recupera e lavora legni corrosi dall’acqua e dal vento utilizzandoli come superfici pittoriche, costruendo un linguaggio visivo in cui gesto contemporaneo e memoria ancestrale si fondono.
Comunicato stampa
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Il mare restituisce ciò che ha preso, ma lo restituisce trasformato. Barbara Pellizzari utilizza legni marini recuperati, corrosi dall’acqua e dal vento, come base per le sue opere. Non sono semplici superfici pittoriche, ma reliquie del tempo. Attraverso una stratificazione lenta e minuziosa di resine, pigmenti naturali, guscio d’uovo e materiali di recupero, l’artista costruisce un linguaggio visivo che fonde gesto contemporaneo e memoria ancestrale.
La tecnica impiegata, appresa e perfezionata durante gli anni trascorsi in Cina e Vietnam, è quella raffinatissima della laccatura, una pratica antica e rituale che richiede pazienza, dedizione e una profonda conoscenza della materia. Ogni opera è frutto di numerosi passaggi di applicazione, essiccazione, levigatura, eseguiti in condizioni ambientali controllate. La lacca è stesa in velature successive che intrappolano la luce, lasciando affiorare, nei punti desiderati, le profondità cromatiche e materiche sottostanti. È un lavoro di addizione e sottrazione, dove il gesto dell’artista è tanto fisico quanto meditativo.
Se la tecnica richiama l’estremo oriente, l’ispirazione affonda nel mare, nella sua ambivalenza primordiale: forza che consuma e che conserva, che travolge e che trasforma. Le superfici delle opere di Pellizzari raccontano orizzonti marini astratti, tracce di marea, paesaggi interiori sedimentati nella memoria. Le crettature e le abrasioni richiamano l’azione erosiva dell’acqua, ma anche quella della luce, del vento, del tempo.
Questi lavori evocano la pittura informale e il suo rapporto diretto con la materia. C’è Burri nei cretti e nelle superfici scarnificate. C’è il gesto, il "qui e ora", che assume valore autonomo. Ma c’è anche un desiderio di riappropriazione ecologica dell’arte, una coscienza della materia che guarda alla natura non solo come ispirazione, ma come fonte primaria del fare artistico.
Le opere si muovono tra astrazione e reminiscenza. I colori – intensi, ma trasparenti – sono i veri protagonisti: si velano e si rivelano, lasciando emergere segni, venature e residui visivi degli strati inferiori. Danno vita a superfici setose e vibranti, che invitano a un approccio quasi tattile. Gli interventi pittorici cancellati durante il processo di stratificazione non sono semplici residui: rappresentano l’impalcatura nascosta dell’opera, il nucleo che ne costituisce l’esistenza. Le forme sommerse, appena intuibili sulla superficie, testimoniano un lento processo di organizzazione del caos, dove l’artista procede per accumulazioni e rimozioni continue. Ne emerge un dipinto animato da minimi rilievi, che increspano ritmicamente la superficie con delicate e suggestive irregolarità.
La tecnica impiegata, appresa e perfezionata durante gli anni trascorsi in Cina e Vietnam, è quella raffinatissima della laccatura, una pratica antica e rituale che richiede pazienza, dedizione e una profonda conoscenza della materia. Ogni opera è frutto di numerosi passaggi di applicazione, essiccazione, levigatura, eseguiti in condizioni ambientali controllate. La lacca è stesa in velature successive che intrappolano la luce, lasciando affiorare, nei punti desiderati, le profondità cromatiche e materiche sottostanti. È un lavoro di addizione e sottrazione, dove il gesto dell’artista è tanto fisico quanto meditativo.
Se la tecnica richiama l’estremo oriente, l’ispirazione affonda nel mare, nella sua ambivalenza primordiale: forza che consuma e che conserva, che travolge e che trasforma. Le superfici delle opere di Pellizzari raccontano orizzonti marini astratti, tracce di marea, paesaggi interiori sedimentati nella memoria. Le crettature e le abrasioni richiamano l’azione erosiva dell’acqua, ma anche quella della luce, del vento, del tempo.
Questi lavori evocano la pittura informale e il suo rapporto diretto con la materia. C’è Burri nei cretti e nelle superfici scarnificate. C’è il gesto, il "qui e ora", che assume valore autonomo. Ma c’è anche un desiderio di riappropriazione ecologica dell’arte, una coscienza della materia che guarda alla natura non solo come ispirazione, ma come fonte primaria del fare artistico.
Le opere si muovono tra astrazione e reminiscenza. I colori – intensi, ma trasparenti – sono i veri protagonisti: si velano e si rivelano, lasciando emergere segni, venature e residui visivi degli strati inferiori. Danno vita a superfici setose e vibranti, che invitano a un approccio quasi tattile. Gli interventi pittorici cancellati durante il processo di stratificazione non sono semplici residui: rappresentano l’impalcatura nascosta dell’opera, il nucleo che ne costituisce l’esistenza. Le forme sommerse, appena intuibili sulla superficie, testimoniano un lento processo di organizzazione del caos, dove l’artista procede per accumulazioni e rimozioni continue. Ne emerge un dipinto animato da minimi rilievi, che increspano ritmicamente la superficie con delicate e suggestive irregolarità.
13
settembre 2025
Barbara Pellizzari – Bassa Marea
Dal 13 al 27 settembre 2025
arte contemporanea
Location
SATURA – PALAZZO STELLA
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Genova, Piazza Stella, 5/1, (Genova)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì 9:30–13:00/15:00–19:00, il sabato 15:00–19:00
Vernissage
13 Settembre 2025, ore 17
Sito web
Autore
Curatore






