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Benedetto Magnano San Lio – Sinestesia. Il colore vivente
Nel lavoro di Magnano San Lio, la visione diventa inevitabilmente sinestetica. I suoi boschi vibranti di luce e pigmento non rappresentano soltanto luoghi naturali: sono i luoghi della sensazione. Sono immagini che trascendono la vista per entrare nello spazio del tatto, dell’olfatto, del desiderio.
Comunicato stampa
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La galleria SWANN ART GALLERY inaugura mercoledì 10 dicembre 2025, alle ore 18.00, la mostra personale di Benedetto Magnano San Lio, SINESTESIA – IL COLORE VIVENTE, a cura di Riccardo Dellaferrera.
C'è un momento, davanti alle opere di Benedetto Magnano San Lio, in cui lo sguardo smette di essere un semplice strumento ottico. Qualcosa si apre e si dilata: il colore prende corpo, l’immagine diventa esperienza, la visione si fa dialogo con ciò che siamo e con ciò che ricordiamo. La pittura di Magnano San Lio ci suggerisce – con una forza silenziosa, ma irresistibile – che vedere non significa limitarsi a registrare il mondo, bensì ricostruirlo ogni volta, impregnandolo delle nostre attese, delle nostre emozioni, delle memorie che abitano il nostro corpo.
Le sue opere, con il loro intenso impatto cromatico, sono finestre su una dimensione in cui l’invisibile non è un mistero, ma un processo naturale della percezione. Ogni tono, ogni cangianza, ogni vibrazione di luce diventa un varco attraverso cui la realtà si ricompone in una forma nuova, intima, irripetibile: un incontro fra ciò che sembra esterno e ciò che, invece, è profondamente interno. Guardando il colore, entriamo in contatto con il mondo che non sta fuori, ma che si genera dentro di noi.
Da secoli, il colore è terreno di disputa tra scienza e immaginazione. Newton lo riduceva a fenomeno misurabile: la scomposizione dello spettro, le lunghezze d’onda, la matematica della luce. Goethe, al contrario, lo vedeva come un evento dell’esperienza, una vibrazione tra luce e oscurità, qualcosa che accade nell’occhio e nella coscienza. Benedetto Magnano San Lio, senza dogmi né forzature, sembra accompagnarci verso la posizione goethiana: nelle sue opere il colore non si limita ad essere, ma accade. È un processo, un incontro, una relazione viva.
Oggi, le neuroscienze confermano questa intuizione poetica: la visione non è mai un processo isolato. Quando guardiamo, non guardiamo mai soltanto con gli occhi. Il cervello mette in moto circuiti sensori-motori, sistemi viscerali, mappe emotive, memorie corporee. La percezione visiva è un atto multimodale, una sinfonia complessa in cui ciò che vediamo è sempre intrecciato a ciò che sentiamo, immaginiamo o ricordiamo. La vista non è un riflesso fedele del mondo, ma una sua interpretazione costante, una costruzione che coinvolge mente e corpo.
E così, nel lavoro di Magnano San Lio, la visione diventa inevitabilmente sinestetica. I suoi boschi vibranti di luce e pigmento non rappresentano soltanto luoghi naturali: sono luoghi della sensazione. Guardandoli, il cervello risponde come se stesse davvero sfiorando la rugosità di una corteccia, inspirando il profumo della terra umida, ascoltando il fruscio del vento tra le fronde. Sono immagini che trascendono la vista per entrare nello spazio del tatto, dell’olfatto, del desiderio: bosco reale, immaginario, sognato o ricordato.
Magnano San Lio non ci invita a contemplare le sue opere da lontano: ci chiede di sentirle, di lasciarci attraversare, di ascoltare il corpo mentre risponde al colore, alla materia, alla vibrazione dei segni sulla tela. C’è, nel suo lavoro, un rifiuto gentile ma deciso delle letture puramente concettuali, astratte, disincarnate. La sua pittura non si lascia catturare da un linguaggio che separa il pensiero dal corpo. Anzi, ci chiede di tornare a una percezione piena, radicata, capace di cogliere la totalità dell’esperienza estetica.
Il corpo diventa non un ostacolo, ma una lente privilegiata attraverso cui capire davvero l'opera.
Non è un caso: il colore è uno dei più potenti indicatori di come il nostro cervello costruisce la realtà. Come ricordava Anaïs Nin, “noi non vediamo le cose per come sono, le vediamo per come siamo”. E le neuroscienze lo confermano: ciò che chiamiamo “colore” non è solo nelle lunghezze d’onda, ma nella mente dell’osservatore. È un atto di interpretazione, una risonanza neuronale che dà consistenza al mondo anche quando la luce cambia, si indebolisce o si dissolve.
E allora, cosa significa Sinestesia? Significa, letteralmente, unire le sensazioni. Significa riconoscere che ogni percezione è sempre un incrocio, un’ibridazione, un ponte tra differenti registri dell’esperienza. Significa accogliere il colore come un’esperienza viva, fluida, condivisa tra corpo e immaginazione.
Magnano San Lio ci accompagna in questa terra di confine, in cui il visibile e l’invisibile non sono opposti, ma compagni di viaggio. Ci chiede di rallentare, di abitare il colore, di partecipare alla sua vitalità. Il suo lavoro sembra risuonare con le parole di Rudolf Steiner, che vogliono chiudere questa presentazione con un gesto di gratitudine e un invito alla meraviglia:
“Il colore è l’anima della natura e dell’intero cosmo, e noi prendiamo parte a quest’anima in quanto partecipiamo, sperimentando, alla vita del colore.”
Ecco dunque Sinestesia: una soglia, un’esperienza, una possibilità,
un luogo dove torniamo a essere un atto poetico, corporeo e luminoso.
Note biografiche: Benedetto Magnano San Lio è nato a Padova nel 1966 dove oggi vive e dipinge. Dal 2010 espone in Italia e nelle più importanti capitali europee in importanti fiere d'arte e prestigiose gallerie tra cui Galeria Gaudì di Madrid e Galerie Mickael Marciano di Parigi.
Riccardo Dellaferrera, Novembre 2025
C'è un momento, davanti alle opere di Benedetto Magnano San Lio, in cui lo sguardo smette di essere un semplice strumento ottico. Qualcosa si apre e si dilata: il colore prende corpo, l’immagine diventa esperienza, la visione si fa dialogo con ciò che siamo e con ciò che ricordiamo. La pittura di Magnano San Lio ci suggerisce – con una forza silenziosa, ma irresistibile – che vedere non significa limitarsi a registrare il mondo, bensì ricostruirlo ogni volta, impregnandolo delle nostre attese, delle nostre emozioni, delle memorie che abitano il nostro corpo.
Le sue opere, con il loro intenso impatto cromatico, sono finestre su una dimensione in cui l’invisibile non è un mistero, ma un processo naturale della percezione. Ogni tono, ogni cangianza, ogni vibrazione di luce diventa un varco attraverso cui la realtà si ricompone in una forma nuova, intima, irripetibile: un incontro fra ciò che sembra esterno e ciò che, invece, è profondamente interno. Guardando il colore, entriamo in contatto con il mondo che non sta fuori, ma che si genera dentro di noi.
Da secoli, il colore è terreno di disputa tra scienza e immaginazione. Newton lo riduceva a fenomeno misurabile: la scomposizione dello spettro, le lunghezze d’onda, la matematica della luce. Goethe, al contrario, lo vedeva come un evento dell’esperienza, una vibrazione tra luce e oscurità, qualcosa che accade nell’occhio e nella coscienza. Benedetto Magnano San Lio, senza dogmi né forzature, sembra accompagnarci verso la posizione goethiana: nelle sue opere il colore non si limita ad essere, ma accade. È un processo, un incontro, una relazione viva.
Oggi, le neuroscienze confermano questa intuizione poetica: la visione non è mai un processo isolato. Quando guardiamo, non guardiamo mai soltanto con gli occhi. Il cervello mette in moto circuiti sensori-motori, sistemi viscerali, mappe emotive, memorie corporee. La percezione visiva è un atto multimodale, una sinfonia complessa in cui ciò che vediamo è sempre intrecciato a ciò che sentiamo, immaginiamo o ricordiamo. La vista non è un riflesso fedele del mondo, ma una sua interpretazione costante, una costruzione che coinvolge mente e corpo.
E così, nel lavoro di Magnano San Lio, la visione diventa inevitabilmente sinestetica. I suoi boschi vibranti di luce e pigmento non rappresentano soltanto luoghi naturali: sono luoghi della sensazione. Guardandoli, il cervello risponde come se stesse davvero sfiorando la rugosità di una corteccia, inspirando il profumo della terra umida, ascoltando il fruscio del vento tra le fronde. Sono immagini che trascendono la vista per entrare nello spazio del tatto, dell’olfatto, del desiderio: bosco reale, immaginario, sognato o ricordato.
Magnano San Lio non ci invita a contemplare le sue opere da lontano: ci chiede di sentirle, di lasciarci attraversare, di ascoltare il corpo mentre risponde al colore, alla materia, alla vibrazione dei segni sulla tela. C’è, nel suo lavoro, un rifiuto gentile ma deciso delle letture puramente concettuali, astratte, disincarnate. La sua pittura non si lascia catturare da un linguaggio che separa il pensiero dal corpo. Anzi, ci chiede di tornare a una percezione piena, radicata, capace di cogliere la totalità dell’esperienza estetica.
Il corpo diventa non un ostacolo, ma una lente privilegiata attraverso cui capire davvero l'opera.
Non è un caso: il colore è uno dei più potenti indicatori di come il nostro cervello costruisce la realtà. Come ricordava Anaïs Nin, “noi non vediamo le cose per come sono, le vediamo per come siamo”. E le neuroscienze lo confermano: ciò che chiamiamo “colore” non è solo nelle lunghezze d’onda, ma nella mente dell’osservatore. È un atto di interpretazione, una risonanza neuronale che dà consistenza al mondo anche quando la luce cambia, si indebolisce o si dissolve.
E allora, cosa significa Sinestesia? Significa, letteralmente, unire le sensazioni. Significa riconoscere che ogni percezione è sempre un incrocio, un’ibridazione, un ponte tra differenti registri dell’esperienza. Significa accogliere il colore come un’esperienza viva, fluida, condivisa tra corpo e immaginazione.
Magnano San Lio ci accompagna in questa terra di confine, in cui il visibile e l’invisibile non sono opposti, ma compagni di viaggio. Ci chiede di rallentare, di abitare il colore, di partecipare alla sua vitalità. Il suo lavoro sembra risuonare con le parole di Rudolf Steiner, che vogliono chiudere questa presentazione con un gesto di gratitudine e un invito alla meraviglia:
“Il colore è l’anima della natura e dell’intero cosmo, e noi prendiamo parte a quest’anima in quanto partecipiamo, sperimentando, alla vita del colore.”
Ecco dunque Sinestesia: una soglia, un’esperienza, una possibilità,
un luogo dove torniamo a essere un atto poetico, corporeo e luminoso.
Note biografiche: Benedetto Magnano San Lio è nato a Padova nel 1966 dove oggi vive e dipinge. Dal 2010 espone in Italia e nelle più importanti capitali europee in importanti fiere d'arte e prestigiose gallerie tra cui Galeria Gaudì di Madrid e Galerie Mickael Marciano di Parigi.
Riccardo Dellaferrera, Novembre 2025
10
dicembre 2025
Benedetto Magnano San Lio – Sinestesia. Il colore vivente
Dal 10 dicembre 2025 al 10 gennaio 2026
arte contemporanea
Location
Swann Art Gallery
Torino, Via Antonio Bertola, 29/A, (TO)
Torino, Via Antonio Bertola, 29/A, (TO)
Orario di apertura
ORE 12.30 - 19.00
Vernissage
10 Dicembre 2025, ORE 18.00
Autore
Curatore
Autore testo critico




