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Brace in Bocca
CAR Gallery è lieta di annunciare ‘Brace in Bocca’ la seconda mostra personale dell’artista cinese Bu Shi (Yunnan, 1993). L’artista presenta un importante corpo di opere di nuova realizzazione, incentrate sulla sua ricerca pittorica più recente.
Comunicato stampa
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Ardente come brace rovente
di Maura Pozzati
Sono passati più di tre anni da quando ho visto i lavori di Bu Shi la prima volta, nel 2022, esposti alla CAR Gallery: ero rimasta impressionata, al di là dell’abilità tecnica del giovane artista cinese, da quelle tavole di piccolo formato che racchiudevano un mondo complesso e pieno di simboli, assorbito dal nero profondo e da una luce scura, con una potente carica malinconica e crepuscolare. Ora la sua pittura, sempre frutto di un lungo lavoro di preparazione e di lenti passaggi successivi, si è come illuminata dall’interno, soprattutto nei particolari dove viene applicata come se fosse un mosaico, tessera dopo tessera. Questo richiamo alla tecnica del mosaico, che per sua natura interagisce con la luce in modo dinamico in quanto ogni tessera la riflette in modo diverso, crea un effetto vibrante e rende la pittura di Bu Shi più vivace e luminosa. Rispetto alle piccole “stanze” pittoriche di qualche anno fa, dove la luce scura incupiva l’atmosfera e la rendeva quasi metafisica, in questi nuovi lavori i piccoli interni, inscatolati nelle teche di legno, si aprono all’esterno, diventando dei paesaggi. Difficile dunque stabilire se sono wunderkammer reali o immaginate, straordinarie “camere delle meraviglie” imbevute di una nuova luce, dove convivono teste, paesaggi in miniatura, decorazioni e oggetti dal forte valore simbolico. Nuovi colori sono entrati nella tavolozza di Bu Shi: gialli zafferano e imperiale (il colore fino ai primi anni del ‘900 in Cina riservato solo alla dinastia imperiale perché dorato, limpido e luminoso), rossi carmini e ciliegia, che manifestano una più matura profondità emotiva e rendono ancora più evidente la ricca simbologia rintracciabile nelle opere, che unisce elementi della tradizione cinese, come la calligrafia e l’incisione su sigillo, a simboli ricorrenti nella tradizione dell’arte occidentale, dalla falena alla candela, dall’uovo al teschio. Basta soffermarsi sull’Isola della morte per restare incantati da questo vero e proprio racconto per immagini: se il punto di partenza è il famoso quadro di Arnold Böcklin, dove la barca rappresenta il viaggio del trapasso e del passaggio dell’anima verso l’aldilà, il lavoro di Bu Shi è un intricato racconto di oggetti simbolici, che si dipana sulla soglia tra interno ed esterno, tra natura morta e paesaggio, tra realtà vista e immaginata. Siamo di fronte a un quadro nel quadro, espediente che serve all’artista per rovesciare il rapporto tra la realtà rappresentata e l’immaginazione e per fare emergere un’atmosfera enigmatica: la tela attaccata alla parete con un chiodo è un kakemono e raffigura un paesaggio esotico, con tanto di palma, isolette e vegetazione, dove il punctum che attira la nostra attenzione è la barchetta a remi che Bu Shi riprende da una scatolina di legno intarsiato che ritroviamo anche in altre opere, un oggetto vero facente parte della sua collezione personale. Di questa scatola l’artista scrive: “Il suo paesaggio intarsiato, immerso in un rosso totale, appare come un kakemono dalla trama tessile, nella forma degli altari con cui i cinesi rendono culto agli antenati e alle divinità”. E’ importante questo passaggio dove Bu Shi richiama il kakemono, un dipinto concepito come decorazione murale da interno e che viene appeso temporaneamente, soprattutto in occasioni particolari, e che rappresenta soggetti che hanno un valore simbolico e meditativo. Sotto il kakemono un tavolo-altare chiude frontalmente la composizione, con gli oggetti rituali di un culto privato ricco di significati: due candelabri, uno bianco e uno nero, reggono il primo una candela che brucia, un simbolo potente che evoca la trasformazione, la purificazione e la spiritualità; il secondo un uovo intarsiato che rappresenta sia il ciclo della vita che il principio cosmico universale. Nel centro una coppa piena di mele si staglia potente, rosso su rosso, con una presenza forte, quasi corporea, creando un vero e proprio corto circuito emotivo. La mela, si sa, ha molti significati simbolici, spesso conducibili alla passione, così come il colore rosso, ardente come il desiderio, è universalmente associato all’amore e alla sensualità. Incredibile quanta narrazione mistica e simbolica sia raffigurata nelle piccole tavole di Bu Shi, condensata nei piccoli oggetti dipinti fino all’ultimo dettaglio: la falena, che connette il mondo dei vivi a quello dei morti; il teschio, a sottolineare il mistero legato alla morte; la conchiglia, che rappresenta la prosperità e la femminilità, per arrivare alle teste dei monaci buddisti, rasati perché hanno rinunciato alla vanità e al mondo materiale per incamminarsi verso l’illuminazione. Il richiamo al buddismo è molto forte e presente: Bu Shi parla dei Preta, che rappresentano una condizione di sofferenza profonda, caratterizzata da fame e sete perenni mai appagate poiché ogni cibo e acqua, nel momento in cui entrano nella bocca, si trasformano in brace ardente o in metallo fuso. A questo si riferisce il titolo della mostra “Brace in bocca”, a indicare una condizione di fame, che si placa solo attraverso la pittura: una pittura che è nitida e precisa, lenta nei tempi di esecuzione e nei passaggi (tempera legata con colla di coniglio e fissata con lacca cinese), lontana dalle tendenze del momento. Se appare enigmatica è perché è piena di oggetti colti nella loro intimità e solitudine, rimpiccioliti per farli entrare nelle tavole di legno, cercando di ridurre la complessità del mondo a preziose miniature dove inserire brandelli di realtà, oggetti rituali, incisioni calligrafiche, giardini zen, curiosità naturali che l’artista ama raccogliere. Il richiamo alla pittura miniaturistica viene naturale, dato che nelle opere di Bu Shi ogni elemento è riprodotto con grande cura e ha una funzione narrativa, all’interno di una composizione equilibrata e spesso simmetrica: il termine miniatura deriva da “minio”, un pigmento rosso usato nell’antichità per evidenziare le iniziali dei testi, che attualmente è il colore più acceso che Bu Shi ha inserito nella propria tavolozza, a cui si riferisce quando parla di “brace”. Il colore nella pittura miniaturistica ha una funzione fondamentale non solo estetica, ma soprattutto simbolica, tecnica e narrativa e il rosso indica la passione, il desiderio, l’ardore, la vitalità stessa dell’esistenza. “Sono certo che la comparsa di queste immagini indichi la prima volta in cui ho percepito con assoluta chiarezza la vitalità stessa della vita. A essa corrisponde il bruciore delle fiamme; ma non dovrebbe mai sfociare in un gemito di dolore. Dovrebbe invece diventare nitida attraverso l’arte, così come riportare e integrare la vergogna nata dalle mancanze dell’adolescenza”, scrive Bu Shi, a sottolineare quanto sia complesso il suo mondo interiore, sempre in bilico tra razionalità e misticismo, tra quiete e inquietudine. Non è un caso allora che l’unica tavola circolare esposta in mostra sia quella che raffigura il terzo occhio, l’occhio interiore, che nella tradizione buddista è ritenuto l’organo in grado di percepire realtà situate oltre la visione ordinaria: dipinto con pennellate che imitano il mosaico, tra tessere colorate giallo oro e blu scuro, di dimensioni più grandi rispetto al resto, spalanca la sua pupilla nera, su cui si riflette un cielo scuro dove volano piccole falene, intorno a un minuscolo teschio rosso. L‘occhio per Bu Shi assume così un nuovo significato, rappresenta la capacità di osservare, un’auto-osservazione rivolta verso la propria oscurità interiore: essendo la pittura lo strumento principe di indagine su se stesso e di introspezione, allora questo grande occhio è alla fine l’occhio stesso della pittura, nel suo farsi interrogazione continua, per arrivare a una possibile (o impossibile) comprensione dei numerosi enigmi dell’esistenza.
di Maura Pozzati
Sono passati più di tre anni da quando ho visto i lavori di Bu Shi la prima volta, nel 2022, esposti alla CAR Gallery: ero rimasta impressionata, al di là dell’abilità tecnica del giovane artista cinese, da quelle tavole di piccolo formato che racchiudevano un mondo complesso e pieno di simboli, assorbito dal nero profondo e da una luce scura, con una potente carica malinconica e crepuscolare. Ora la sua pittura, sempre frutto di un lungo lavoro di preparazione e di lenti passaggi successivi, si è come illuminata dall’interno, soprattutto nei particolari dove viene applicata come se fosse un mosaico, tessera dopo tessera. Questo richiamo alla tecnica del mosaico, che per sua natura interagisce con la luce in modo dinamico in quanto ogni tessera la riflette in modo diverso, crea un effetto vibrante e rende la pittura di Bu Shi più vivace e luminosa. Rispetto alle piccole “stanze” pittoriche di qualche anno fa, dove la luce scura incupiva l’atmosfera e la rendeva quasi metafisica, in questi nuovi lavori i piccoli interni, inscatolati nelle teche di legno, si aprono all’esterno, diventando dei paesaggi. Difficile dunque stabilire se sono wunderkammer reali o immaginate, straordinarie “camere delle meraviglie” imbevute di una nuova luce, dove convivono teste, paesaggi in miniatura, decorazioni e oggetti dal forte valore simbolico. Nuovi colori sono entrati nella tavolozza di Bu Shi: gialli zafferano e imperiale (il colore fino ai primi anni del ‘900 in Cina riservato solo alla dinastia imperiale perché dorato, limpido e luminoso), rossi carmini e ciliegia, che manifestano una più matura profondità emotiva e rendono ancora più evidente la ricca simbologia rintracciabile nelle opere, che unisce elementi della tradizione cinese, come la calligrafia e l’incisione su sigillo, a simboli ricorrenti nella tradizione dell’arte occidentale, dalla falena alla candela, dall’uovo al teschio. Basta soffermarsi sull’Isola della morte per restare incantati da questo vero e proprio racconto per immagini: se il punto di partenza è il famoso quadro di Arnold Böcklin, dove la barca rappresenta il viaggio del trapasso e del passaggio dell’anima verso l’aldilà, il lavoro di Bu Shi è un intricato racconto di oggetti simbolici, che si dipana sulla soglia tra interno ed esterno, tra natura morta e paesaggio, tra realtà vista e immaginata. Siamo di fronte a un quadro nel quadro, espediente che serve all’artista per rovesciare il rapporto tra la realtà rappresentata e l’immaginazione e per fare emergere un’atmosfera enigmatica: la tela attaccata alla parete con un chiodo è un kakemono e raffigura un paesaggio esotico, con tanto di palma, isolette e vegetazione, dove il punctum che attira la nostra attenzione è la barchetta a remi che Bu Shi riprende da una scatolina di legno intarsiato che ritroviamo anche in altre opere, un oggetto vero facente parte della sua collezione personale. Di questa scatola l’artista scrive: “Il suo paesaggio intarsiato, immerso in un rosso totale, appare come un kakemono dalla trama tessile, nella forma degli altari con cui i cinesi rendono culto agli antenati e alle divinità”. E’ importante questo passaggio dove Bu Shi richiama il kakemono, un dipinto concepito come decorazione murale da interno e che viene appeso temporaneamente, soprattutto in occasioni particolari, e che rappresenta soggetti che hanno un valore simbolico e meditativo. Sotto il kakemono un tavolo-altare chiude frontalmente la composizione, con gli oggetti rituali di un culto privato ricco di significati: due candelabri, uno bianco e uno nero, reggono il primo una candela che brucia, un simbolo potente che evoca la trasformazione, la purificazione e la spiritualità; il secondo un uovo intarsiato che rappresenta sia il ciclo della vita che il principio cosmico universale. Nel centro una coppa piena di mele si staglia potente, rosso su rosso, con una presenza forte, quasi corporea, creando un vero e proprio corto circuito emotivo. La mela, si sa, ha molti significati simbolici, spesso conducibili alla passione, così come il colore rosso, ardente come il desiderio, è universalmente associato all’amore e alla sensualità. Incredibile quanta narrazione mistica e simbolica sia raffigurata nelle piccole tavole di Bu Shi, condensata nei piccoli oggetti dipinti fino all’ultimo dettaglio: la falena, che connette il mondo dei vivi a quello dei morti; il teschio, a sottolineare il mistero legato alla morte; la conchiglia, che rappresenta la prosperità e la femminilità, per arrivare alle teste dei monaci buddisti, rasati perché hanno rinunciato alla vanità e al mondo materiale per incamminarsi verso l’illuminazione. Il richiamo al buddismo è molto forte e presente: Bu Shi parla dei Preta, che rappresentano una condizione di sofferenza profonda, caratterizzata da fame e sete perenni mai appagate poiché ogni cibo e acqua, nel momento in cui entrano nella bocca, si trasformano in brace ardente o in metallo fuso. A questo si riferisce il titolo della mostra “Brace in bocca”, a indicare una condizione di fame, che si placa solo attraverso la pittura: una pittura che è nitida e precisa, lenta nei tempi di esecuzione e nei passaggi (tempera legata con colla di coniglio e fissata con lacca cinese), lontana dalle tendenze del momento. Se appare enigmatica è perché è piena di oggetti colti nella loro intimità e solitudine, rimpiccioliti per farli entrare nelle tavole di legno, cercando di ridurre la complessità del mondo a preziose miniature dove inserire brandelli di realtà, oggetti rituali, incisioni calligrafiche, giardini zen, curiosità naturali che l’artista ama raccogliere. Il richiamo alla pittura miniaturistica viene naturale, dato che nelle opere di Bu Shi ogni elemento è riprodotto con grande cura e ha una funzione narrativa, all’interno di una composizione equilibrata e spesso simmetrica: il termine miniatura deriva da “minio”, un pigmento rosso usato nell’antichità per evidenziare le iniziali dei testi, che attualmente è il colore più acceso che Bu Shi ha inserito nella propria tavolozza, a cui si riferisce quando parla di “brace”. Il colore nella pittura miniaturistica ha una funzione fondamentale non solo estetica, ma soprattutto simbolica, tecnica e narrativa e il rosso indica la passione, il desiderio, l’ardore, la vitalità stessa dell’esistenza. “Sono certo che la comparsa di queste immagini indichi la prima volta in cui ho percepito con assoluta chiarezza la vitalità stessa della vita. A essa corrisponde il bruciore delle fiamme; ma non dovrebbe mai sfociare in un gemito di dolore. Dovrebbe invece diventare nitida attraverso l’arte, così come riportare e integrare la vergogna nata dalle mancanze dell’adolescenza”, scrive Bu Shi, a sottolineare quanto sia complesso il suo mondo interiore, sempre in bilico tra razionalità e misticismo, tra quiete e inquietudine. Non è un caso allora che l’unica tavola circolare esposta in mostra sia quella che raffigura il terzo occhio, l’occhio interiore, che nella tradizione buddista è ritenuto l’organo in grado di percepire realtà situate oltre la visione ordinaria: dipinto con pennellate che imitano il mosaico, tra tessere colorate giallo oro e blu scuro, di dimensioni più grandi rispetto al resto, spalanca la sua pupilla nera, su cui si riflette un cielo scuro dove volano piccole falene, intorno a un minuscolo teschio rosso. L‘occhio per Bu Shi assume così un nuovo significato, rappresenta la capacità di osservare, un’auto-osservazione rivolta verso la propria oscurità interiore: essendo la pittura lo strumento principe di indagine su se stesso e di introspezione, allora questo grande occhio è alla fine l’occhio stesso della pittura, nel suo farsi interrogazione continua, per arrivare a una possibile (o impossibile) comprensione dei numerosi enigmi dell’esistenza.
29
novembre 2025
Brace in Bocca
Dal 29 novembre 2025 al 24 gennaio 2026
arte contemporanea
Location
CAR Gallery
Bologna, Via Azzo Gardino, 14a, (BO)
Bologna, Via Azzo Gardino, 14a, (BO)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 10-13 e 15-19.30
Vernissage
29 Novembre 2025, 17-20
Sito web
Autore
Autore testo critico




