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Carmen Schabracq – The Mothers I Wear
Attraverso un corpus di opere che include lavori recenti e nuove produzioni, la personale di Carmen Schabracq, a cura di Leonardo Regano, esplora i temi dell’identità, della genealogia e della memoria. Le opere si distinguono per l’uso di colori intensi, materici e riferimenti a tradizioni popolari.
Comunicato stampa
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Lieti di presentare The mothers I wear, la prima mostra personale in Italia dell’olandese Carmen Schabracq, nuova artista rappresentata da Red Lab gallery a livello nazionale.
Attraverso un corpus di opere che include lavori recenti e nuove produzioni, la mostra esplora i temi dell’identità, della genealogia e della memoria incarnata.
Il progetto espositivo, concepito appositamente per gli spazi della galleria milanese, è curato da Leonardo Regano, che nel suo testo critico intreccia al lavoro di Schabracq il poema Migraciones di Gloria Gervitz (1943–2022), individuando nella poesia una chiave di lettura inedita e suggestiva. Pur operando in ambiti e linguaggi diversi – la parola e il corpo visivo – Gervitz e Schabracq condividono una tensione comune: quella di trasformare l’eredità in forza vitale, rendendola archivio vivente, canto collettivo, pelle che trattiene storie. Se Gervitz dà voce alle antenate attraverso la sovrapposizione linguistica e liturgica della sua poesia, Schabracq le rende corpo, travestimento, intrecciando desideri, ferite e immagini.
Al centro del progetto, l’artista che si fa tramite, “indossa” le proprie madri – reali o simboliche .
“Indossare le proprie madri, siano esse reali o simboliche, vuol dire riconoscere la propria genealogia come una materia incarnata o, meglio, come un archivio personale ma condiviso, da trasformare e rilanciare nel proprio presente.”
(dal testo critico di Leonardo Regano)
Le opere di Schabracq si distinguono per l’uso di colori intensi, materiali tattili e riferimenti a tradizioni popolari. Ricche di teatralità e simbolismo, si articolano tra pittura, ceramica, tessile, installazione, fotografia e performance. La maschera è elemento ricorrente, non come occultamento ma come strumento rituale e performativo per esplorare la complessità dell’identità umana – in particolare quella materna. In I am a Mother now (2024) e Ring of Fire (2024), l’artista indaga la matrescenza come attraversamento fisico ed esistenziale. La maternità non è idealizzata, ma mostrata nella sua potenza lacerante e generativa: un processo di trasformazione, una ferita che apre al nuovo.
La pluralità della figura femminile come soglia e metamorfosi percorre l’intera mostra.
Con Goldenhorns (2025), Schabracq realizza un autoritratto potente: indossa il costume tradizionale della regione fiamminga di Axel, affermando con fierezza la forza delle sue radici culturali e femminili. In una scena densa di significati, la vediamo mentre mangia – o forse rifiuta – dei crostacei, cibo vietato dalla tradizione ebraica. Questo gesto crea un cortocircuito simbolico che riflette l’ambiguità e la complessità della sua identità. Sullo sfondo, il mare evoca ricordi, distanze e la possibilità di altri mondi. In Piece of a Life Tree (2024), Schabracq si rappresenta come tessuto senza corpo, in dialogo con iconografie classiche e mitologiche: da San Bartolomeo al Marsia di Tiziano, la pelle diventa superficie sensibile che trattiene la memoria, archivio del dolore e della storia.
“In Schabracq, la memoria non è mai nostalgia, ma forza in atto: radici che cavalcano, corpi che si fanno maschere collettive, genealogie che vibrano come un canto.”
E dunque in When Roots Start Riding Horses (2024), le origini familiari si trasformano in cavallo – creatura totemica e genealogica – richiamando il significato stesso del cognome dell’artista (dal francese chabraque, gualdrappa). I volti dei suoi antenati compongono il corpo dell’animale: un ritratto collettivo, una memoria incarnata, una pelle che custodisce l’assenza. La ceramica Medusa Blu (2025), omaggio alla Testa di Medusa di Arturo Martini, insieme a una serie di opere ispirate agli ex voto raffiguranti organi femminili, consolida la ricerca dell’artista sulla dimensione carnale, la ritualità e la forza generativa.
The mothers I wear è una mostra che attraversa corpi, ricordi, lingue, mitologie personali e collettive. Le opere di Carmen Schabracq non chiudono, ma aprono. Non rappresentano, ma trasformano. Ciò che è stato non è nostalgia, ma materia viva che genera futuro.
SCARICA CARTELLA STAMPA
Carmen Schabracq
Carmen Schabracq (1988) Amsterdam, è un'artista multidisciplinare. Realizza dipinti, ceramiche, arazzi, costumi, performance e installazioni scultoree in cui combina tessuti con ceramica, cartapesta e ferro. Ha studiato pittura all'Accademia di Belle Arti di Roma, ha conseguito la laurea in Belle Arti alla Gerrit Rietveld Academy (2012) e un master in costume teatrale alla Royal Academy of Fine Arts di Anversa (2015). La maschera è un oggetto e un tema ricorrente nel suo lavoro, con cui esplora la molteplicità dei livelli dell'identità.
Spesso trae ispirazione dal folklore e dalla storia dell'arte di culture e epoche diverse. Il suo lavoro è caratterizzato da un uso pronunciato del colore, dalla tattilità, dall'artigianalità e da un aspetto femminista. Ha svolto residenze artistiche a Città del Messico, nella Casa di Vincent van Gogh a Zundert, in Bulgaria, alla Kunsthuis SYB, al BijlmAIR e al Lottozero in Italia. Nel 2024 ha disegnato i costumi e le maschere per la produzione operistica Il Vangelo secondo l'altra Maria alla Volksoper di Vienna. Le sue opere sono presenti in varie collezioni d'arte rinomate, come quelle del Ministero degli Interni olandese, della Libera Università di Amsterdam (VU) e della Akzo Nobel Art Foundation. Carmen collabora con la Galerie Fleur en Wouter di Amsterdam ed è rappresentata in Italia da Red Lab Gallery. Le sue opere sono state esposte in mostre allo Stedelijk Museum Breda, al CBK Zuidoost, al Museum Tot Zover, al Nest ruimte Den Haag, al No limits! Art Castle, la Vincent Van Gogh Huis, de Vishal, la Galleria Sofie van de Velde ad Anversa e l'Amsterdam Museum.
Attraverso un corpus di opere che include lavori recenti e nuove produzioni, la mostra esplora i temi dell’identità, della genealogia e della memoria incarnata.
Il progetto espositivo, concepito appositamente per gli spazi della galleria milanese, è curato da Leonardo Regano, che nel suo testo critico intreccia al lavoro di Schabracq il poema Migraciones di Gloria Gervitz (1943–2022), individuando nella poesia una chiave di lettura inedita e suggestiva. Pur operando in ambiti e linguaggi diversi – la parola e il corpo visivo – Gervitz e Schabracq condividono una tensione comune: quella di trasformare l’eredità in forza vitale, rendendola archivio vivente, canto collettivo, pelle che trattiene storie. Se Gervitz dà voce alle antenate attraverso la sovrapposizione linguistica e liturgica della sua poesia, Schabracq le rende corpo, travestimento, intrecciando desideri, ferite e immagini.
Al centro del progetto, l’artista che si fa tramite, “indossa” le proprie madri – reali o simboliche .
“Indossare le proprie madri, siano esse reali o simboliche, vuol dire riconoscere la propria genealogia come una materia incarnata o, meglio, come un archivio personale ma condiviso, da trasformare e rilanciare nel proprio presente.”
(dal testo critico di Leonardo Regano)
Le opere di Schabracq si distinguono per l’uso di colori intensi, materiali tattili e riferimenti a tradizioni popolari. Ricche di teatralità e simbolismo, si articolano tra pittura, ceramica, tessile, installazione, fotografia e performance. La maschera è elemento ricorrente, non come occultamento ma come strumento rituale e performativo per esplorare la complessità dell’identità umana – in particolare quella materna. In I am a Mother now (2024) e Ring of Fire (2024), l’artista indaga la matrescenza come attraversamento fisico ed esistenziale. La maternità non è idealizzata, ma mostrata nella sua potenza lacerante e generativa: un processo di trasformazione, una ferita che apre al nuovo.
La pluralità della figura femminile come soglia e metamorfosi percorre l’intera mostra.
Con Goldenhorns (2025), Schabracq realizza un autoritratto potente: indossa il costume tradizionale della regione fiamminga di Axel, affermando con fierezza la forza delle sue radici culturali e femminili. In una scena densa di significati, la vediamo mentre mangia – o forse rifiuta – dei crostacei, cibo vietato dalla tradizione ebraica. Questo gesto crea un cortocircuito simbolico che riflette l’ambiguità e la complessità della sua identità. Sullo sfondo, il mare evoca ricordi, distanze e la possibilità di altri mondi. In Piece of a Life Tree (2024), Schabracq si rappresenta come tessuto senza corpo, in dialogo con iconografie classiche e mitologiche: da San Bartolomeo al Marsia di Tiziano, la pelle diventa superficie sensibile che trattiene la memoria, archivio del dolore e della storia.
“In Schabracq, la memoria non è mai nostalgia, ma forza in atto: radici che cavalcano, corpi che si fanno maschere collettive, genealogie che vibrano come un canto.”
E dunque in When Roots Start Riding Horses (2024), le origini familiari si trasformano in cavallo – creatura totemica e genealogica – richiamando il significato stesso del cognome dell’artista (dal francese chabraque, gualdrappa). I volti dei suoi antenati compongono il corpo dell’animale: un ritratto collettivo, una memoria incarnata, una pelle che custodisce l’assenza. La ceramica Medusa Blu (2025), omaggio alla Testa di Medusa di Arturo Martini, insieme a una serie di opere ispirate agli ex voto raffiguranti organi femminili, consolida la ricerca dell’artista sulla dimensione carnale, la ritualità e la forza generativa.
The mothers I wear è una mostra che attraversa corpi, ricordi, lingue, mitologie personali e collettive. Le opere di Carmen Schabracq non chiudono, ma aprono. Non rappresentano, ma trasformano. Ciò che è stato non è nostalgia, ma materia viva che genera futuro.
SCARICA CARTELLA STAMPA
Carmen Schabracq
Carmen Schabracq (1988) Amsterdam, è un'artista multidisciplinare. Realizza dipinti, ceramiche, arazzi, costumi, performance e installazioni scultoree in cui combina tessuti con ceramica, cartapesta e ferro. Ha studiato pittura all'Accademia di Belle Arti di Roma, ha conseguito la laurea in Belle Arti alla Gerrit Rietveld Academy (2012) e un master in costume teatrale alla Royal Academy of Fine Arts di Anversa (2015). La maschera è un oggetto e un tema ricorrente nel suo lavoro, con cui esplora la molteplicità dei livelli dell'identità.
Spesso trae ispirazione dal folklore e dalla storia dell'arte di culture e epoche diverse. Il suo lavoro è caratterizzato da un uso pronunciato del colore, dalla tattilità, dall'artigianalità e da un aspetto femminista. Ha svolto residenze artistiche a Città del Messico, nella Casa di Vincent van Gogh a Zundert, in Bulgaria, alla Kunsthuis SYB, al BijlmAIR e al Lottozero in Italia. Nel 2024 ha disegnato i costumi e le maschere per la produzione operistica Il Vangelo secondo l'altra Maria alla Volksoper di Vienna. Le sue opere sono presenti in varie collezioni d'arte rinomate, come quelle del Ministero degli Interni olandese, della Libera Università di Amsterdam (VU) e della Akzo Nobel Art Foundation. Carmen collabora con la Galerie Fleur en Wouter di Amsterdam ed è rappresentata in Italia da Red Lab Gallery. Le sue opere sono state esposte in mostre allo Stedelijk Museum Breda, al CBK Zuidoost, al Museum Tot Zover, al Nest ruimte Den Haag, al No limits! Art Castle, la Vincent Van Gogh Huis, de Vishal, la Galleria Sofie van de Velde ad Anversa e l'Amsterdam Museum.
24
settembre 2025
Carmen Schabracq – The Mothers I Wear
Dal 24 settembre al 15 novembre 2025
arte contemporanea
Location
RED LAB GALLERY
Milano, Via Andrea Solari, 46, (Milano)
Milano, Via Andrea Solari, 46, (Milano)
Orario di apertura
Dal lunedì al venerdì, dalle 15:00 alle 18:30.
Sabato su appuntamento.
Vernissage
24 Settembre 2025, Opening 24 settembre ore 18.00
Sito web
Ufficio stampa
Red Lab Gallery
Autore
Curatore
Autore testo critico







