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Chen Zhen – Un Village sans frontières
A settembre GALLERIA CONTINUA festeggia il trentacinquesimo anniversario dell’inaugurazione del suo primo spazio espositivo nella cittadina medievale di San Gimignano con una mostra dedicata a Chen Zhen
Comunicato stampa
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I tre fondatori di Galleria Continua incontrano per la prima volta Chen Zhen nel 1999, in occasione della sua partecipazione alla Biennale di Venezia; con l’artista stabiliscono un rapporto destinato a segnare in modo indelebile il percorso e la storia della galleria. Fu grazie a lui che i soci fondatori, nel 2005, decisero di aprire la prima sede all’estero (a Pechino) dando così inizio ad un viaggio, teso ad abbracciare il mondo, che dura tutt’oggi.
A venticinque anni dalla prematura scomparsa, Chen Zhen rimane un protagonista del nostro tempo, un artista che ha fatto della sua opera un esempio di pluralismo nell’arte. Questa mostra vuole essere un omaggio al suo lavoro che, dalla fine degli anni Ottanta, ha contribuito in modo sostanziale al superamento dei confini tra pensiero orientale e occidentale, influenzando un’intera generazione di artisti.
Inizialmente interessato alla pittura, nel 1989 Chen Zhen comincia a lavorare su installazioni: riassembla oggetti quotidiani creando opere in cui la tradizione cinese si mescola alla società del consumo in una sintesi oggi profetica. Definisce “transesperienza” l’anima del suo lavoro: unione di “residenza” (adattarsi ai luoghi), “risonanza” (dialogo con l’altro) e “resistenza” (alle nuove influenze culturali). In una conversazione con il suo alter ego, Zhu Xian, spiega che la transesperienza non è teoria concettuale ma un metodo esperienziale che connette ciò che precede a ciò che segue, adattandosi al cambiamento, accumulando esperienze e attivandosi in qualunque momento. Questo concetto si lega a temi centrali: immersione del sé nella vita, identificazione con gli altri, scambi e conflitti tra persone, società, natura, scienza e tecnologia. Ciò che più lo interessa sono queste “reti di relazioni”.
L’intera produzione di Chen Zhen è segnata dalla sua vicenda personale, legata a una malattia autoimmune diagnosticatagli a soli venticinque anni. Colpito profondamente dalla notizia, trascorre tre mesi in Tibet conducendo insieme ai monaci uno stile di vita semplice e svincolato dalla dimensione materiale. Questa esperienza, che influisce sulla sua percezione del valore del tempo, pone al centro della sua ricerca l’indagine sui diversi approcci della medicina orientale e occidentale. La rinnovata sensibilità di Chen Zhen
verso il corpo umano e la volontà di fare del suo lavoro un atto terapeutico e purificatore emerge in diverse opere incentrate su elementi fisici, tra cui gli organi interni.
Zen Garden - una delle opere che Chen Zhen realizza nel 2000 per la sua prima mostra personale negli spazi di Galleria Continua a San Gimignano - fa parte di un ciclo di opere incentrate sulla rappresentazione del corpo umano e dei suoi organi interni come spazio di trasformazione. In questo lavoro l’artista, attraverso il paesaggio interno del corpo, sovrappone due elementi, la natura connettiva del Qi e la natura incompleta della medicina occidentale, creando un terreno di dialogo tra il corpo e lo spirito. Un recinto poligonale di legno ospita al suo interno piante, sabbia, ghiaia, e dei grossi bozzoli bianchi e luminescenti dalle linee flessuose attraversati da minacciosi strumenti chirurgici, bisturi, forbici e divaricatori. Zen Garden è un'opera complessa che invita alla riflessione sul corpo, sulla trasformazione, sulla relazione tra individuo e ambiente, e sulla ricerca di un equilibrio interiore attraverso la fusione di elementi diversi. Attraverso la piccola porta in legno possiamo scorgere l’idea di un micro-macro tempio zen, che Chen Zhen sognava di costruire sulle colline toscane.
Fu Dao / Fu Dao è un’opera realizzata nel 1995, ispirata a un episodio vissuto a Shanghai. Entrando in un ristorante, Chen Zhen notò un carattere cinese che significava "buona fortuna" appeso al contrario. Il proprietario gli spiegò che la parola "al contrario" si pronuncia allo stesso modo di "arrivo", trasformando così l’immagine in un messaggio che annuncia l’arrivo della fortuna. In cinese, la pronuncia “Fu” può significare sia “felicità” che “Buddha”, mentre “Dao” significa sia “a testa in giù” sia “arrivo”. L’espressione Fu Dao / Fu Dao può quindi essere interpretata contemporaneamente come “Buddha rovesciato” e “arrivo della felicità”. Chen Zhen si chiese allora: il Buddha rovesciato simboleggia forse l’arrivo della felicità? Questo gesto semplice diventa così il punto di partenza per una riflessione più ampia: la tensione tra tradizione e modernità, tra spiritualità e materialismo, tra Oriente e Occidente. In quest’opera, il carattere «felicità» rovesciato non è soltanto un simbolo di fortuna, ma riflette la complessità delle relazioni tra credenze, ricchezza e identità culturale nel mondo contemporaneo.
Chen Zhen ha sempre nutrito una grande fiducia nell'uomo e nelle generazioni future. Nell’opera che dà il titolo alla mostra, Un Village sans frontières (2000), l'artista utilizza delle candele per costruire un "villaggio universale" composto dal numero simbolico di 99 sedie per bambini raccolte in tutte le parti del mondo. "Il fatto di utilizzare delle candele (in Cina la candela è simbolo della vita di un uomo) ha un senso particolare: costruire un villaggio senza frontiere, che spetta a noi iniziare – dichiarava Chen Zhen - ma la nostra speranza è sempre rivolta alle generazioni future".
Chen Zhen (Shanghai 1955 – Parigi 2000), formatosi durante la Rivoluzione Culturale, visse tra Shanghai, New York e Parigi, dove si stabilì dal 1986. Dopo un inizio nella pittura, si dedicò alle installazioni, assemblando oggetti comuni come letti, sedie e tavoli, sottratti all’oblio e trasformati in nuove forme simboliche. La sua ricerca, radicata nel taoismo e nel buddhismo e aperta al pensiero scientifico occidentale, affronta temi politici e sociali con un linguaggio capace di unire estetica e spiritualità.
Tra le sue mostre personali si ricordano: Pirelli HangarBicocca, Milano (2020); Rockbund Art Museum, Shanghai (2015); Musée Guimet, Parigi (2010); MART, Rovereto (2008); Kunsthalle Wien (2007); Palais de Tokyo, Parigi (2003–04); MoMA PS1, New York (2003); Serpentine Gallery, Londra (2001). Le sue opere sono state incluse in collettive presso istituzioni come il Guggenheim di New York (2017–18), il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2000–01) e in diverse Biennali, tra cui Venezia (1999, 2007, 2009), Lione (1997) e Gwangju (1997).
A venticinque anni dalla prematura scomparsa, Chen Zhen rimane un protagonista del nostro tempo, un artista che ha fatto della sua opera un esempio di pluralismo nell’arte. Questa mostra vuole essere un omaggio al suo lavoro che, dalla fine degli anni Ottanta, ha contribuito in modo sostanziale al superamento dei confini tra pensiero orientale e occidentale, influenzando un’intera generazione di artisti.
Inizialmente interessato alla pittura, nel 1989 Chen Zhen comincia a lavorare su installazioni: riassembla oggetti quotidiani creando opere in cui la tradizione cinese si mescola alla società del consumo in una sintesi oggi profetica. Definisce “transesperienza” l’anima del suo lavoro: unione di “residenza” (adattarsi ai luoghi), “risonanza” (dialogo con l’altro) e “resistenza” (alle nuove influenze culturali). In una conversazione con il suo alter ego, Zhu Xian, spiega che la transesperienza non è teoria concettuale ma un metodo esperienziale che connette ciò che precede a ciò che segue, adattandosi al cambiamento, accumulando esperienze e attivandosi in qualunque momento. Questo concetto si lega a temi centrali: immersione del sé nella vita, identificazione con gli altri, scambi e conflitti tra persone, società, natura, scienza e tecnologia. Ciò che più lo interessa sono queste “reti di relazioni”.
L’intera produzione di Chen Zhen è segnata dalla sua vicenda personale, legata a una malattia autoimmune diagnosticatagli a soli venticinque anni. Colpito profondamente dalla notizia, trascorre tre mesi in Tibet conducendo insieme ai monaci uno stile di vita semplice e svincolato dalla dimensione materiale. Questa esperienza, che influisce sulla sua percezione del valore del tempo, pone al centro della sua ricerca l’indagine sui diversi approcci della medicina orientale e occidentale. La rinnovata sensibilità di Chen Zhen
verso il corpo umano e la volontà di fare del suo lavoro un atto terapeutico e purificatore emerge in diverse opere incentrate su elementi fisici, tra cui gli organi interni.
Zen Garden - una delle opere che Chen Zhen realizza nel 2000 per la sua prima mostra personale negli spazi di Galleria Continua a San Gimignano - fa parte di un ciclo di opere incentrate sulla rappresentazione del corpo umano e dei suoi organi interni come spazio di trasformazione. In questo lavoro l’artista, attraverso il paesaggio interno del corpo, sovrappone due elementi, la natura connettiva del Qi e la natura incompleta della medicina occidentale, creando un terreno di dialogo tra il corpo e lo spirito. Un recinto poligonale di legno ospita al suo interno piante, sabbia, ghiaia, e dei grossi bozzoli bianchi e luminescenti dalle linee flessuose attraversati da minacciosi strumenti chirurgici, bisturi, forbici e divaricatori. Zen Garden è un'opera complessa che invita alla riflessione sul corpo, sulla trasformazione, sulla relazione tra individuo e ambiente, e sulla ricerca di un equilibrio interiore attraverso la fusione di elementi diversi. Attraverso la piccola porta in legno possiamo scorgere l’idea di un micro-macro tempio zen, che Chen Zhen sognava di costruire sulle colline toscane.
Fu Dao / Fu Dao è un’opera realizzata nel 1995, ispirata a un episodio vissuto a Shanghai. Entrando in un ristorante, Chen Zhen notò un carattere cinese che significava "buona fortuna" appeso al contrario. Il proprietario gli spiegò che la parola "al contrario" si pronuncia allo stesso modo di "arrivo", trasformando così l’immagine in un messaggio che annuncia l’arrivo della fortuna. In cinese, la pronuncia “Fu” può significare sia “felicità” che “Buddha”, mentre “Dao” significa sia “a testa in giù” sia “arrivo”. L’espressione Fu Dao / Fu Dao può quindi essere interpretata contemporaneamente come “Buddha rovesciato” e “arrivo della felicità”. Chen Zhen si chiese allora: il Buddha rovesciato simboleggia forse l’arrivo della felicità? Questo gesto semplice diventa così il punto di partenza per una riflessione più ampia: la tensione tra tradizione e modernità, tra spiritualità e materialismo, tra Oriente e Occidente. In quest’opera, il carattere «felicità» rovesciato non è soltanto un simbolo di fortuna, ma riflette la complessità delle relazioni tra credenze, ricchezza e identità culturale nel mondo contemporaneo.
Chen Zhen ha sempre nutrito una grande fiducia nell'uomo e nelle generazioni future. Nell’opera che dà il titolo alla mostra, Un Village sans frontières (2000), l'artista utilizza delle candele per costruire un "villaggio universale" composto dal numero simbolico di 99 sedie per bambini raccolte in tutte le parti del mondo. "Il fatto di utilizzare delle candele (in Cina la candela è simbolo della vita di un uomo) ha un senso particolare: costruire un villaggio senza frontiere, che spetta a noi iniziare – dichiarava Chen Zhen - ma la nostra speranza è sempre rivolta alle generazioni future".
Chen Zhen (Shanghai 1955 – Parigi 2000), formatosi durante la Rivoluzione Culturale, visse tra Shanghai, New York e Parigi, dove si stabilì dal 1986. Dopo un inizio nella pittura, si dedicò alle installazioni, assemblando oggetti comuni come letti, sedie e tavoli, sottratti all’oblio e trasformati in nuove forme simboliche. La sua ricerca, radicata nel taoismo e nel buddhismo e aperta al pensiero scientifico occidentale, affronta temi politici e sociali con un linguaggio capace di unire estetica e spiritualità.
Tra le sue mostre personali si ricordano: Pirelli HangarBicocca, Milano (2020); Rockbund Art Museum, Shanghai (2015); Musée Guimet, Parigi (2010); MART, Rovereto (2008); Kunsthalle Wien (2007); Palais de Tokyo, Parigi (2003–04); MoMA PS1, New York (2003); Serpentine Gallery, Londra (2001). Le sue opere sono state incluse in collettive presso istituzioni come il Guggenheim di New York (2017–18), il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris (2000–01) e in diverse Biennali, tra cui Venezia (1999, 2007, 2009), Lione (1997) e Gwangju (1997).
20
settembre 2025
Chen Zhen – Un Village sans frontières
Dal 20 settembre 2025 al 07 gennaio 2026
arte contemporanea
Location
GALLERIA CONTINUA
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
Orario di apertura
da lunedì a domenica 10-13 e 14-19
Vernissage
20 Settembre 2025, 17-22
Sito web
Ufficio stampa
SILVIA PICHINI
Autore




