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Dai mimetisti ai deformanti
SALA 1 > MINIPERSONALI DI: UMBERTO VIAPIANO opere pittoriche | VALERIO GRANDE opere fotografiche
SALA 2 > PERSONALE DI LUCA DONATI opere fotografiche
SALA 3 > PERSONALE DI ENRICO CHALLIER opere scultoree
Comunicato stampa
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La mostra organizzata dal Salotto dell’Arte ha come principio organizzativo la differenza tra Mimetismi e Deformanti ed il loro naturale intersecarsi per sancire il proprio rapporto con la realtà. Il concetto di mimesis, ovvero d’imitazione lo possiamo rintracciare a partire dal mondo greco. Partendo, infatti, dal Sofista, Platone negava il presupposto di creazione artistica come valore assoluto e per questo negava il valore stesso dell’arte, definendo pittori e poeti appartenenti alla stessa classe dei giocolieri in quanto, producendo immagini illusorie davano copie di copie della realtà ossia derivazioni dal mondo delle idee. Caratteristiche di questo genere nel neoplatonismo faranno scadere l’opera d’arte come conseguenza della caduta dell’idea nella bassa materia. In questo modo, la visione tattile, considerava l’arte come concezione realistica, con lo scopo di correggere i canoni della natura stessa per mezzo dell’idea. Fu Aristotele a definire l’essenza dell’arte così come poi fu ereditata dal Medioevo e dal Rinascimento: l’imitazione è la rappresentazione del mondo reale in cui avviene una cooperazione tra il soggetto ed il suo adattamento all’oggetto sino ai risvolti etici che troveranno la propria giustificazione dell’arte come espressione. Dal concetto di mimesi, che nel corso della storia dell’arte avrà letture differenti, pronte a controllare la rappresentazione del mondo, possiamo introdurre invece il principio degli stravolgitori per mezzo della fantasia creatrice. I deformanti sono, infatti, coloro che raccolgono l’esperienza partita verso la fine dell’ottocento con l’impressionismo, quale fenomeno oppositivo alle tendenze classiche, romantiche o realistiche che miravano a configurarsi con il reale, affermatosi prepotentemente con l’avvento della fotografia prima e della cinematografia successivamente. Tutto ciò che seguì portò al neo-naturalismo formale cubista atto poi ad aprire la strada agli astrattismi ed ai concettualismi che hanno rappresentato l’arte del secolo scorso. Oltre questa premessa possiamo affermare che i due elementi portanti vengono, in questa mostra, manifestati attraverso tre procedimenti artistici differenti come la pittura, quale unione tra supporto, tecnica e materiali utilizzati, la fotografia, dalle esperienze tradizionali delle emulsioni a bassa sensibilità sino a risultati digitalizzati e la scultura in legno ottenuta per mezzo del levare, stando alla classica definizione michelangiolesca: procedimenti differenti che dimostreranno il loro intersecarsi nelle interpretazioni moderniste che hanno come punto di riferimento il reale. Il Mimetismo riguarda il pittore Umberto Viapiano seguace di un realismo fotografico sino alla lettura spiritualista del fotografo Valerio Grande dedito alle atmosfere intimiste offerte dal paesaggio. Il punto di congiunzione avviene attraverso un secondo fotografo, Luca Donati che parte dalla realtà impressa con la macchina ma stravolta digitalmente per mezzo d’effetti che la riscrivono in maniera personale. Il passaggio alla deformazione avviene con Enrico Challier che per mezzo della scultura restituisce agli alberi la dimensione animista che questi gli hanno trasmesso, sotto forma di splendide fate nordiche. L’iperrealista Umberto Viapiano nella lettura del creato, effettua l’esplosione cromatica della luce sino ad inserirla come elemento portante delle sue opere: in Ile di Lavezzi ad esempio coglie con un singolare taglio fotografico lo scorcio marino in cui i differenti elementi della natura prendono corpo innanzi agli occhi degli astanti. La linea dell’orizzonte divide con le tinte scure il cielo dal mare sino alla conformità dell’isola pietrosa, nell’amalgamarsi di tutte le sfumature palpabili. Come non descrivere Pietraia, in cui il ciclo dedicato alle pietre affiora notevolmente dalle tinte, dai riflessi, dalle cadenzate armonie tipiche degli elementi minerali, partendo dai quali trova l’astrazione naturalistica compiuta dalle cose. Tra i mimetisti presenti abbiamo Valerio Grande il quale è un fotografo d’alta qualità data la sua affezione all’uso della fotografia tradizionale per mezzo di reflex biottiche o delle fotocamere Hasselblad, le stesse utilizzate dalla Nasa per le missioni spaziali con obiettivo Zeiss, per mezzo delle quali si discosta dall’uso del digitale, ormai ampiamente diffuso. Come un cacciatore d’immagini, tenta di cogliere l’aura suprema dei paesaggi nei quali si disperde sino al momento sublime dello scatto in cui si incarna con essi. Si tratta di fotografia meditativa, un tentativo d’immersione profonda nel senso spirituale di ciò che trascende il mondo e che in esso risiede. Nel Tramonto dell’aquila coglie lo zampillare dell’acqua da una fontana classica, nel momento etereo in cui il sole sta tramontando, delineando così un superamento di quell’attimo in un processo di restituzione eternizzata. Ogni volta che si pone davanti ad un paesaggio ne assorbe l’essenza, le atmosfere, i colori ed è ravvisabile dai differenti risultati che ottiene: ogni volta invoca la grandezza dello scatto, così come può decidere di non farlo. Un discorso a parte merita Luca Donati che, partendo dall’uso della fotografia digitale, ottiene atmosfere soffuse capaci di trasmettere non più la diretta connessione al mondo, ma il trampolino per un’evanescente deformazione dello stesso. Il suo processo d’invecchiamento, d’estrapolazione dal tempo, deriva dal desiderio di personalizzare le atmosfere che hanno colpito la propria immaginazione sino a riconsolidarla per mezzo dello scatto o del lavoro successivo ottenuto digitalmente. Anche se per strade diverse, ricorda le atmosfere rarefatte del fotografo francese Olivier Durrande il quale ottiene i propri capolavori passando da un positivo su vetro, ottenuto cospargendone la superficie con una gelatina fotosensibile stesa in maniera irregolare a pennello. Dall’immagine negativa ne ottiene una definitiva positiva in cui emerge l’ingranditore che la estrae dal contesto reale e dalla gelatina che, stesa su vetro, agisce pittoricamente. Donati ottiene questo digitalmente: i suoi paesaggi sfuggono quindi dalla realtà ed affondano negli spazi mentali del proprio inconscio, avvolgendo pittoricamente le deformate inquietudini del rimosso. Infine, la scultura deformante rappresentata dall’opera del maestro Enrico Challier che, spostandosi nei boschi, sente direttamente sulla propria pelle, ciò che gli alberi trasmettono interiormente. Da ciò che sente, vede e da ciò che vede attua, impossessandosi di quei tronchi che trasformerà in sculture viventi. Le sue opere sono essenzialmente figure femminili stilizzate in maniera giacomettiana, sino ad un primitivismo che può riportare alla mente quella Maddalena di Donatello, in cui la deformazione non era altro che l’interpretazione mistica di una realtà spirituale finalizzata ad esaltare stati latenti del pensiero cosmico. In Clorinda, Viola, Rebecca, assistiamo a quest’animismo scultoreo ricondotto al concetto d’antropomorfizzare la natura, con un’empatia che ricorda a tratti le culture norrene, fondate sui culti dei boschi. In ultima istanza, possiamo affermare che Mimetisti e Deformanti hanno come comune denominatore il reale, quale manifestazione sublime di un creazionismo spontaneo finalizzato all’essere puro. Il processo creativo di questi artisti ha come obiettivo la rappresentazione spontanea di un loro modo d’essere attraverso il dono che quella natura ha concesso loro.prendono corpo innanzi agli occhi degli astanti. La linea dell’orizzonte divide con le tinte scure il cielo dal mare sino alla conformità dell’isola pietrosa, nell’amalgamarsi di tutte le sfumature palpabili. Come non descrivere Pietraia, in cui il ciclo dedicato alle pietre affiora notevolmente dalle tinte, dai riflessi, dalle cadenzate armonie tipiche degli elementi minerali, partendo dai quali trova l’astrazione naturalistica compiuta dalle cose.
Enrico Challier / di: Elena Piacentini
Nato nel 1974 a Pinerolo, residente a Frossasco, si è laureato in scienze politiche ed è docente di Scultura e Tecnologia del legno presso l’Istituto Professionale ENGIM di Pinerolo. Ha cominciato a scolpire il legno nel 2000 attraverso lo studio di scultori classici e la pratica quotidiana. Ha partecipato a concorsi in Italia e all’estero, vincendo primi premi in Piemonte, Veneto e Trentino. Si percepisce in tutte le opere di Challier il profondo amore della materia-albero: la bellezza nervosa propria del fusto, la maestosità delle fronde che si stagliano eleganti nell’aria. Soltanto con queste premesse è possibile comprendere lo spirito guida dell’artista che lo conduce nella realizzazione delle sue fanciulle; in ogni sua creazione si manifesta così il fascino acerbo e frizzante delle giovani mulierès; Challier dà origine ad una potente miscela di elementi sensuali e aspri che ricordano les femme fatales delle icone femminili di Alphonse Mucha(1860-1939), per citare un’opera: “Stella della sera”. In una visita al suo studio sulle montagne della val Chisone, Enrico mi racconta che il suo criterio scultoreo ha radici antiche: dalla copia degli scultori classici, in particolare Michelangelo (1475-1564), assimila la tecnica ma soprattutto la poetica. Il suo processo scultoreo rimuove gli strati di legno che imprigionano le forme; nella scelta di ogni singola essenza estrae l’Idea intrinseca al legno: nello scolpire elimina con la sgorbia gli elementi superflui, in modo da far venire alla luce lentamente lo spirito essenziale del pezzo scelto. All’interno del suo laboratorio Enrico raccoglie tronchi apparentemente neutri e muti, sistematicamente li ordina secondo i loro innati suoni silenziosi e la conformazione naturale: a questo punto, in modo quasi magico, il pezzo viene liberato dalla materia superflua lasciando in evidenza, in alcune parti, i segni dello scalpello: il legno germina così di originali figure femminili con capigliature fluenti e mosse da venti interiori, sguardi ieratici e misteriosi, arti scolpiti alla maniera bizantina tipiche della scultura primitiva. Completano le opere pigmenti puri ed aurei che evidenziano gli elementi fondamentali di ogni singola scultura. DiVento è il titolo della Personale allestita presso il Salotto dell’Arte; Challier presenta in questa Personale 7 opere inedite: Connemara, Clorinda, Viola, Caterina, DiVentomusica, “Vogliofareconteciòchelaprimaverafaconiciliegi”, in legno di noce e il Quinto Elemento in legno di pero. Il titolo vuole evocare nel fruitore, attraverso i visi enigmatici e assorti, la doppia valenza della parola divenire: ora l’energia del vento che muove i capelli e increspa le acque ora i molteplici cambiamenti e le metamorfosi proprie dell’animo femminile.
Enrico Challier / di: Elena Piacentini
Nato nel 1974 a Pinerolo, residente a Frossasco, si è laureato in scienze politiche ed è docente di Scultura e Tecnologia del legno presso l’Istituto Professionale ENGIM di Pinerolo. Ha cominciato a scolpire il legno nel 2000 attraverso lo studio di scultori classici e la pratica quotidiana. Ha partecipato a concorsi in Italia e all’estero, vincendo primi premi in Piemonte, Veneto e Trentino. Si percepisce in tutte le opere di Challier il profondo amore della materia-albero: la bellezza nervosa propria del fusto, la maestosità delle fronde che si stagliano eleganti nell’aria. Soltanto con queste premesse è possibile comprendere lo spirito guida dell’artista che lo conduce nella realizzazione delle sue fanciulle; in ogni sua creazione si manifesta così il fascino acerbo e frizzante delle giovani mulierès; Challier dà origine ad una potente miscela di elementi sensuali e aspri che ricordano les femme fatales delle icone femminili di Alphonse Mucha(1860-1939), per citare un’opera: “Stella della sera”. In una visita al suo studio sulle montagne della val Chisone, Enrico mi racconta che il suo criterio scultoreo ha radici antiche: dalla copia degli scultori classici, in particolare Michelangelo (1475-1564), assimila la tecnica ma soprattutto la poetica. Il suo processo scultoreo rimuove gli strati di legno che imprigionano le forme; nella scelta di ogni singola essenza estrae l’Idea intrinseca al legno: nello scolpire elimina con la sgorbia gli elementi superflui, in modo da far venire alla luce lentamente lo spirito essenziale del pezzo scelto. All’interno del suo laboratorio Enrico raccoglie tronchi apparentemente neutri e muti, sistematicamente li ordina secondo i loro innati suoni silenziosi e la conformazione naturale: a questo punto, in modo quasi magico, il pezzo viene liberato dalla materia superflua lasciando in evidenza, in alcune parti, i segni dello scalpello: il legno germina così di originali figure femminili con capigliature fluenti e mosse da venti interiori, sguardi ieratici e misteriosi, arti scolpiti alla maniera bizantina tipiche della scultura primitiva. Completano le opere pigmenti puri ed aurei che evidenziano gli elementi fondamentali di ogni singola scultura. DiVento è il titolo della Personale allestita presso il Salotto dell’Arte; Challier presenta in questa Personale 7 opere inedite: Connemara, Clorinda, Viola, Caterina, DiVentomusica, “Vogliofareconteciòchelaprimaverafaconiciliegi”, in legno di noce e il Quinto Elemento in legno di pero. Il titolo vuole evocare nel fruitore, attraverso i visi enigmatici e assorti, la doppia valenza della parola divenire: ora l’energia del vento che muove i capelli e increspa le acque ora i molteplici cambiamenti e le metamorfosi proprie dell’animo femminile.
11
maggio 2011
Dai mimetisti ai deformanti
Dall'undici maggio all'undici giugno 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA D’ARTE SALOTTO DELL’ARTE
Torino, Via Argonne, 1/C, (Torino)
Torino, Via Argonne, 1/C, (Torino)
Orario di apertura
dal martedì al sabato dalle 16,30 alle 19,30 | domenica e lunedì : chiuso | apertura fuori orario su appuntamento
Vernissage
11 Maggio 2011, ore 19.00
Autore
Curatore