Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- Servizi
- Sezioni
- container colonna1
Danilo Premoli – Un anno vissuto pericolosamente
personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
DANILO PREMOLI
La seduzione della metamorfosi
Lorella Giudici
“E’ come se i miei quadri avessero bisogno di un po’ di sole, di sporco e di pioggia”, confessava Edvard Munch, dopo aver sottoposto per mesi le sue tele agli umori del tempo, ai capricci delle intemperie e a un’estenuante lotta con la natura. Munch la chiamava “cura da cavallo”, una sorta di terapia d’urto per mettere alla prova la resistenza del colore, la forza (materica e allusiva) del dipinto e infondervi, attraverso un processo del tutto naturale -seppure spartano e aggressivo-, maggiore storia e passione, alimentandone da un lato la vitalità e il carattere e dall’altro il legame con le stagioni e il divenire.
Danilo Premoli, con i 365 foglietti del suo calendario, ha fatto qualcosa di simile, ma con una scientificità (più empirica che speculativa, arrivando anche a completare il quadro degli elementi-agenti: aria, fuoco, terra e acqua) e una concettualizzazione che il lavoro di Munch, eseguito un secolo prima, non conosceva. E, per gli amanti della cronaca, diamo subito un dato (forse, a ben vedere, più cabalistico che matematico): tutte le veline, su cui sono stampati i giorni, i santi e le festività, appartengono a un almanacco acquistato ben 28 anni fa, vale a dire prima ancora che la sua vita imboccasse la via dell’arte. Se ne deducono tre diverse riflessioni. Una più scientifica: la cadenza dei giorni si ripete identica –e beffarda- a cicli precisi, con l’esattezza di un cronometro, l’ossessione di un ritmo immutabile, con uno scarto nei contenuti e non certo nell’alternanza. E due più casuali e volubili: da un lato il piacere più o meno sensuale di sfogliare, una dopo l’altra, le pagine dell’esistenza per scoprirne le belle o le difficile incognite quotidiane, in una parola il fato; dall’altro lo stupore di verificare le disparate sembianze assunte dalla carta esposta alle traumatiche corrosioni degli elementi (secondo tempi e modi diversi, descritti dall’artista stesso), in uno spettro di forme e di deterioramenti degno di un vocabolario alchemico o di un consumato sperimentatore.
In Premoli, però, a differenza di Munch, non c’è affanno e tormento, né c’è traccia della disperazione e della sofferenza che permeavano l’intera ricerca del norvegese. Quella di Danilo non è (come per Munch) una lotta con la vita, semmai potrebbe essere una sfida con il tempo, ma in una partita giocata alla pari, sullo stesso terreno e con la medesima arma: l’ironia.
Resta da precisare un’ultima cosa: il tempo a cui Danilo Premoli allude non è solo quello astratto e fittizio, freddamente stampato sul lunario e identico in tutte le lingue del mondo, ma quello legato al ritmo della natura e intrinsecamente intrecciato alla vita e agli elementi, lo stesso che logora e degrada, accartoccia e stinge i fogli, il medesimo che ricolora o erode i ricordi. E’ vero che nell’esperienza ricreata da Premoli le prime variabili sono gli agenti (aria,acqua, terra e fuoco), ma il fattore tempo risulta determinante per l’esito del processo. Il nocciolo del problema allora è: il destino è nelle mani di chi controlla il tempo? La risposta è nella geografia tormentata di quei fogli, nelle sbiadite pagine di quei giorni, nelle irreversibili ustioni e nelle magiche metamorfosi di quell’anno vissuto così pericolosamente.
La seduzione della metamorfosi
Lorella Giudici
“E’ come se i miei quadri avessero bisogno di un po’ di sole, di sporco e di pioggia”, confessava Edvard Munch, dopo aver sottoposto per mesi le sue tele agli umori del tempo, ai capricci delle intemperie e a un’estenuante lotta con la natura. Munch la chiamava “cura da cavallo”, una sorta di terapia d’urto per mettere alla prova la resistenza del colore, la forza (materica e allusiva) del dipinto e infondervi, attraverso un processo del tutto naturale -seppure spartano e aggressivo-, maggiore storia e passione, alimentandone da un lato la vitalità e il carattere e dall’altro il legame con le stagioni e il divenire.
Danilo Premoli, con i 365 foglietti del suo calendario, ha fatto qualcosa di simile, ma con una scientificità (più empirica che speculativa, arrivando anche a completare il quadro degli elementi-agenti: aria, fuoco, terra e acqua) e una concettualizzazione che il lavoro di Munch, eseguito un secolo prima, non conosceva. E, per gli amanti della cronaca, diamo subito un dato (forse, a ben vedere, più cabalistico che matematico): tutte le veline, su cui sono stampati i giorni, i santi e le festività, appartengono a un almanacco acquistato ben 28 anni fa, vale a dire prima ancora che la sua vita imboccasse la via dell’arte. Se ne deducono tre diverse riflessioni. Una più scientifica: la cadenza dei giorni si ripete identica –e beffarda- a cicli precisi, con l’esattezza di un cronometro, l’ossessione di un ritmo immutabile, con uno scarto nei contenuti e non certo nell’alternanza. E due più casuali e volubili: da un lato il piacere più o meno sensuale di sfogliare, una dopo l’altra, le pagine dell’esistenza per scoprirne le belle o le difficile incognite quotidiane, in una parola il fato; dall’altro lo stupore di verificare le disparate sembianze assunte dalla carta esposta alle traumatiche corrosioni degli elementi (secondo tempi e modi diversi, descritti dall’artista stesso), in uno spettro di forme e di deterioramenti degno di un vocabolario alchemico o di un consumato sperimentatore.
In Premoli, però, a differenza di Munch, non c’è affanno e tormento, né c’è traccia della disperazione e della sofferenza che permeavano l’intera ricerca del norvegese. Quella di Danilo non è (come per Munch) una lotta con la vita, semmai potrebbe essere una sfida con il tempo, ma in una partita giocata alla pari, sullo stesso terreno e con la medesima arma: l’ironia.
Resta da precisare un’ultima cosa: il tempo a cui Danilo Premoli allude non è solo quello astratto e fittizio, freddamente stampato sul lunario e identico in tutte le lingue del mondo, ma quello legato al ritmo della natura e intrinsecamente intrecciato alla vita e agli elementi, lo stesso che logora e degrada, accartoccia e stinge i fogli, il medesimo che ricolora o erode i ricordi. E’ vero che nell’esperienza ricreata da Premoli le prime variabili sono gli agenti (aria,acqua, terra e fuoco), ma il fattore tempo risulta determinante per l’esito del processo. Il nocciolo del problema allora è: il destino è nelle mani di chi controlla il tempo? La risposta è nella geografia tormentata di quei fogli, nelle sbiadite pagine di quei giorni, nelle irreversibili ustioni e nelle magiche metamorfosi di quell’anno vissuto così pericolosamente.
03
febbraio 2006
Danilo Premoli – Un anno vissuto pericolosamente
Dal 03 al 28 febbraio 2006
arte contemporanea
Location
DIECI.DUE!
Milano, Via Volvinio, 30, (Milano)
Milano, Via Volvinio, 30, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì e domenica 15,30-19
Vernissage
3 Febbraio 2006, ore 18.30-21
Ufficio stampa
NEW RELEASE
Autore




