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Dario Rossi
Emozioni angosciose ed improvvisi scatti lirici, brandelli di realtà sottratti al tempo che si coniugano ad una visione interiore cruda, esacerbata, violenta, che quasi ci restituisce la carcassa di una natura che è ormai incerta, ambigua, infida.
Comunicato stampa
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Non c’è da stare allegri osservando la pittura di Dario Rossi: in essa si celano, o meglio vengono raccontate le insidie che quotidianamente ci fronteggiano, gli inganni cui andiamo incontro in modo quasi incosciente, i drammi che dietro la coltre delle apparenze si dispiegano.
Insomma, che cosa dipinge mai Dario Rossi ? Se si vuole, la sua è una pittura dove domina la figura, una figura che sta per dissolversi, che si scarnifica, che si lascia pienamente contaminare da una densa materia-colore (ma che, non di rado, assimila la stessa materia oggettuale. .legni, carte, fibre, specchio, fili di ferro). Una pittura iconica condotta alle soglie della dissoluzione delle forme, in virtù di un uso spregiudicato del colore e di una rara intensità del gesto; capace di avventurarsi in quelle zone rischiose in cui il geroglifico dell’anima prende corpo
Ecco, forse lo sforzo maggiore che la pittura di Rossi persegue è proprio il ”prendere corpo” dell’immagine, il conferire uno statuto carnale all’immagine, affinché questa possa “dire”, comunicare senso, anche quando questo appaia come pura dissonanza.
Il rinvio ad un certo surrealismo, e penso alle macchine erotiche di Victor Brauner, credo sarebbe fuorviante: il disgusto e la disperazione sono troppo vere. Altrettanto fuorviante potrebbe essere un accostamento alla stagione storica dell’informale: Rossi spesso si esprime per simboli, la sua “natura” non è mai benigna, appagante, capace di consolazione. Le associazioni visive- ma forse proprio per questo estrinseche- vanno di più a Chaim Soutine, all’ultima stagione di Mattia Moreni , ai Fauves ed a Maurice Vlamick in particolare, agli esponenti del gruppo Cobra.
Dario Rossi è uno strano espressionista che “ritrae” il corpo con tutti i suoi enigmi, che ne sonda -scortato da un disincanto radicale- la tragica nudità, fino a quei luoghi profondi dell’Eros che accolgono in sé l’ebbrezza del cominciamento al pari di quella della distruzione. E’ il corpo la “forma simbolica” che porta i misteri, le contraddizioni, le opacità, caricò com’è di eredità ancestrali inesplicabili, di valori magico-totemici, di egoismi e di passioni.
Detto altrimenti: il corpo è un “tema” che, nella pittura di Rossi, assume il valore di simbolo, di luogo in cui la sfera dell’affettività manifesta una moltiplicazione, un’eccedenza di senso. E’ espressione di molteplici valori antropologici- che spesso non riescono ad essere pronunciati, ma no per questo sono meno autentici- che Rossi cerca di decifrare e di restituirci con il massimo di immediatezza, disgregando i parametri tonali, armonici, compositivi Se è vero che il corpo altro no è che il fantasma quotidiano che si aggira tra le cose, allora Rossi quel fantasma lo insegue, lo vuole concretare nell’immagine, nello spessore di un colore che ormai si è disumanizzato, nella dinamica di un gesto che sfalda i contorni, i confini della leggibilità della figura. Nella pittura di Rossi la relazione tra “parole” e “cose”, tra immagine e realtà, tra lingua dell’espressività e dato concreto, ha perduto ogni solidarietà : il travaglio del disumano lascia posto ad immagine che, con urgenza pervasiva, non vogliano essere mimetiche proprio perché ambiscono a disvelare l’artista a se stesso, che si configurano a tutti gli effetti come lavoro teso a produrre con violenza una nascita continua nella quale l’artista riconosce se stesso ed il proprio operare. Proprio cosi, perché Rossi ha capito che è il quadro ad essere egoista, chiamando il pittore sul proprio” fattura”: la pittura, infatti non è né un sudario sul quale disporre le proprie esercitazione diaristiche, né uno spazio terapeutico dove scaricare le proprie insoddisfazioni, ma piuttosto una pratica che diventa nostra sola se la richiamiamo ossessivamente, Cosi come rivendica i suoi diritti il “corpo” che la produce.
Bruno Bandini
Insomma, che cosa dipinge mai Dario Rossi ? Se si vuole, la sua è una pittura dove domina la figura, una figura che sta per dissolversi, che si scarnifica, che si lascia pienamente contaminare da una densa materia-colore (ma che, non di rado, assimila la stessa materia oggettuale. .legni, carte, fibre, specchio, fili di ferro). Una pittura iconica condotta alle soglie della dissoluzione delle forme, in virtù di un uso spregiudicato del colore e di una rara intensità del gesto; capace di avventurarsi in quelle zone rischiose in cui il geroglifico dell’anima prende corpo
Ecco, forse lo sforzo maggiore che la pittura di Rossi persegue è proprio il ”prendere corpo” dell’immagine, il conferire uno statuto carnale all’immagine, affinché questa possa “dire”, comunicare senso, anche quando questo appaia come pura dissonanza.
Il rinvio ad un certo surrealismo, e penso alle macchine erotiche di Victor Brauner, credo sarebbe fuorviante: il disgusto e la disperazione sono troppo vere. Altrettanto fuorviante potrebbe essere un accostamento alla stagione storica dell’informale: Rossi spesso si esprime per simboli, la sua “natura” non è mai benigna, appagante, capace di consolazione. Le associazioni visive- ma forse proprio per questo estrinseche- vanno di più a Chaim Soutine, all’ultima stagione di Mattia Moreni , ai Fauves ed a Maurice Vlamick in particolare, agli esponenti del gruppo Cobra.
Dario Rossi è uno strano espressionista che “ritrae” il corpo con tutti i suoi enigmi, che ne sonda -scortato da un disincanto radicale- la tragica nudità, fino a quei luoghi profondi dell’Eros che accolgono in sé l’ebbrezza del cominciamento al pari di quella della distruzione. E’ il corpo la “forma simbolica” che porta i misteri, le contraddizioni, le opacità, caricò com’è di eredità ancestrali inesplicabili, di valori magico-totemici, di egoismi e di passioni.
Detto altrimenti: il corpo è un “tema” che, nella pittura di Rossi, assume il valore di simbolo, di luogo in cui la sfera dell’affettività manifesta una moltiplicazione, un’eccedenza di senso. E’ espressione di molteplici valori antropologici- che spesso non riescono ad essere pronunciati, ma no per questo sono meno autentici- che Rossi cerca di decifrare e di restituirci con il massimo di immediatezza, disgregando i parametri tonali, armonici, compositivi Se è vero che il corpo altro no è che il fantasma quotidiano che si aggira tra le cose, allora Rossi quel fantasma lo insegue, lo vuole concretare nell’immagine, nello spessore di un colore che ormai si è disumanizzato, nella dinamica di un gesto che sfalda i contorni, i confini della leggibilità della figura. Nella pittura di Rossi la relazione tra “parole” e “cose”, tra immagine e realtà, tra lingua dell’espressività e dato concreto, ha perduto ogni solidarietà : il travaglio del disumano lascia posto ad immagine che, con urgenza pervasiva, non vogliano essere mimetiche proprio perché ambiscono a disvelare l’artista a se stesso, che si configurano a tutti gli effetti come lavoro teso a produrre con violenza una nascita continua nella quale l’artista riconosce se stesso ed il proprio operare. Proprio cosi, perché Rossi ha capito che è il quadro ad essere egoista, chiamando il pittore sul proprio” fattura”: la pittura, infatti non è né un sudario sul quale disporre le proprie esercitazione diaristiche, né uno spazio terapeutico dove scaricare le proprie insoddisfazioni, ma piuttosto una pratica che diventa nostra sola se la richiamiamo ossessivamente, Cosi come rivendica i suoi diritti il “corpo” che la produce.
Bruno Bandini
09
ottobre 2004
Dario Rossi
Dal 09 ottobre al 06 novembre 2004
arte contemporanea
Location
PALAZZO CALCAGNI
Reggio Nell'emilia, Via Guido Da Castello, 19/A, (Reggio Nell'emilia)
Reggio Nell'emilia, Via Guido Da Castello, 19/A, (Reggio Nell'emilia)
Orario di apertura
da lunedi a venerdi ore 15:00 sino 19:00, sabato e domenica ore 16:00 sino 19:00
Vernissage
9 Ottobre 2004, ORE 18:00
Autore