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Drumbamatic discovernissage – Niccolò Ungaro
Il video Opera grafica presentato al Drumbamatic Discovernissage del 15 gennaio è il punto di arrivo di un doppio processo di sottrazione.
Comunicato stampa
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«Come può uno nascondersi davanti a quello che mai tramonta?»
La sentenza eraclitea inaugura il pensoso dialogare di Heidegger in Aletheia e contrassegna l’ambito in cui il pensiero comincia.
E dove il questionare eracliteo apre alla meraviglia del pensare, il pensiero è originale perché nomina la sua origine che mai tramonta e riposa nel dire autentico del primo frammento.
Ma nel frammento stesso, lo stupore nomina la possibilità di un nascondimento dell’uno, un altro modo di essere davanti a “quello che mai tramonta”. Il pensiero dell’uno si trattiene di fronte alla luminosa inviolabilità delle cose, un venire alla luce che è un “crescente nascondersi” come il pudore pensoso di Odisseo che di nascosto piange.
Il pensare avvolge in un velo l’apparente e diviene il movimento stesso dell’aletheia, il disvelamento di quello che mai tramonta. L’origine di questo tratto permanente del pensare è la stessa origine della meraviglia di ciò che di nascosto appare, ma anche l’inesauribilità dello stupore di fronte a questo mai: ciò che appare senza tramontare è lo stesso che pensare. Perché lo stupore è la possibilità modale di ricordare “quello che mai tramonta”. Eppure ciò che non tramonta è la permanenza del dimenticare stesso. Dimenticare è l’ambito del pensare che diviene un ricordare la dimenticanza originale. L’origine si pensa e si dimentica, s’immerge nel fiume Lete, per riemergere nel movimento aleteico.
L’inesauribilità del pensare è proprio la meraviglia dell’uno di essere altro che mortale e del suo riaffiorare, di volta in volta, alla memoria.
Pensare è così il semplice albergare nel principio di tutte le cose, principio dinamico e Ursprung della presenza discreta. In questo senso è natura perché nel movimento immanente e fondativo dell’artista pensante si fonde la natura del pensiero. La confusione presenta la natura stessa delle cose gettando luce su ciò che esse sono per sé, perché illuminandole le definisce esemplari viventi. (Ilari Valbonesi)
Il video Opera grafica presentato al Drumbamatic Discovernissage del 15 gennaio è il punto di arrivo di un doppio processo di sottrazione. Il primo è quello della materia dell’opera, o meglio quello della materia dall’opera: non scomparsa definitiva e totale concettualizzazione del lavoro, bensì continua sottrazione di peso e presenza. Il secondo è l’assentarsi del motore intenzionale, dell’artista che agisce.
Il girato riporta i movimenti lenti e ipnotici delle sue leggerissime opere-macchina. Forme sospese che si muovono non per una forza cosciente o programmata, ma al minimo, apparentemente casuale, e in ogni caso mai indotto, refolo di aria. La forza che si applica alle strutture è quella esercitata dall’aria stessa nel suo moto convettivo, il fenomeno fisico più semplice cui dà vita qualsiasi fluido a cui si apporta dell’energia termica. Masse d’aria che si scaldano, salgono, si raffreddano, scendono. Creano vortici, il cui andamento è determinato dalle velocità di riscaldamento e raffreddamento, dalla presenza di ostacoli e dalla loro distribuzione nell’ambiente.
I movimenti sono registrati da una camera lasciata fissa. Nessun operatore ne guida l’esplorazione. Non c’è affatto esplorazione. Non c’è nessuno che esplora. Registrazione passiva, di movimenti e suoni. Ora si inizia a sentire una canzone da una radio accesa, ora la canzone finisce. Guardando il video fortissimo è il senso di qualcosa che accade in nostra assenza: le cose avvengono laddove noi non siamo. Se l’artista che inter-viene – e “inter- venire” è inteso nel senso proprio di “venire tra” - si assenta, le cose av-vengono. Le cose av-vengono (ad venire), quindi vengono a quel laddove da cui noi ci siamo assentati come inter-venienti. L’assenza di intervento dell’uomo sulle cose e delle cose sull’uomo, ossia delle cose sulle cose, apre il laddove del loro autentico av-venire, le une alle altre, rischiarandosi. Dove è l’opera? Materia, luce, movimento, registrazione, tutto è disvelato nel tramontare. Tutto concorre all’opera, che non è che l’apertura di un laddove. (Alessio Fransoni)
La sentenza eraclitea inaugura il pensoso dialogare di Heidegger in Aletheia e contrassegna l’ambito in cui il pensiero comincia.
E dove il questionare eracliteo apre alla meraviglia del pensare, il pensiero è originale perché nomina la sua origine che mai tramonta e riposa nel dire autentico del primo frammento.
Ma nel frammento stesso, lo stupore nomina la possibilità di un nascondimento dell’uno, un altro modo di essere davanti a “quello che mai tramonta”. Il pensiero dell’uno si trattiene di fronte alla luminosa inviolabilità delle cose, un venire alla luce che è un “crescente nascondersi” come il pudore pensoso di Odisseo che di nascosto piange.
Il pensare avvolge in un velo l’apparente e diviene il movimento stesso dell’aletheia, il disvelamento di quello che mai tramonta. L’origine di questo tratto permanente del pensare è la stessa origine della meraviglia di ciò che di nascosto appare, ma anche l’inesauribilità dello stupore di fronte a questo mai: ciò che appare senza tramontare è lo stesso che pensare. Perché lo stupore è la possibilità modale di ricordare “quello che mai tramonta”. Eppure ciò che non tramonta è la permanenza del dimenticare stesso. Dimenticare è l’ambito del pensare che diviene un ricordare la dimenticanza originale. L’origine si pensa e si dimentica, s’immerge nel fiume Lete, per riemergere nel movimento aleteico.
L’inesauribilità del pensare è proprio la meraviglia dell’uno di essere altro che mortale e del suo riaffiorare, di volta in volta, alla memoria.
Pensare è così il semplice albergare nel principio di tutte le cose, principio dinamico e Ursprung della presenza discreta. In questo senso è natura perché nel movimento immanente e fondativo dell’artista pensante si fonde la natura del pensiero. La confusione presenta la natura stessa delle cose gettando luce su ciò che esse sono per sé, perché illuminandole le definisce esemplari viventi. (Ilari Valbonesi)
Il video Opera grafica presentato al Drumbamatic Discovernissage del 15 gennaio è il punto di arrivo di un doppio processo di sottrazione. Il primo è quello della materia dell’opera, o meglio quello della materia dall’opera: non scomparsa definitiva e totale concettualizzazione del lavoro, bensì continua sottrazione di peso e presenza. Il secondo è l’assentarsi del motore intenzionale, dell’artista che agisce.
Il girato riporta i movimenti lenti e ipnotici delle sue leggerissime opere-macchina. Forme sospese che si muovono non per una forza cosciente o programmata, ma al minimo, apparentemente casuale, e in ogni caso mai indotto, refolo di aria. La forza che si applica alle strutture è quella esercitata dall’aria stessa nel suo moto convettivo, il fenomeno fisico più semplice cui dà vita qualsiasi fluido a cui si apporta dell’energia termica. Masse d’aria che si scaldano, salgono, si raffreddano, scendono. Creano vortici, il cui andamento è determinato dalle velocità di riscaldamento e raffreddamento, dalla presenza di ostacoli e dalla loro distribuzione nell’ambiente.
I movimenti sono registrati da una camera lasciata fissa. Nessun operatore ne guida l’esplorazione. Non c’è affatto esplorazione. Non c’è nessuno che esplora. Registrazione passiva, di movimenti e suoni. Ora si inizia a sentire una canzone da una radio accesa, ora la canzone finisce. Guardando il video fortissimo è il senso di qualcosa che accade in nostra assenza: le cose avvengono laddove noi non siamo. Se l’artista che inter-viene – e “inter- venire” è inteso nel senso proprio di “venire tra” - si assenta, le cose av-vengono. Le cose av-vengono (ad venire), quindi vengono a quel laddove da cui noi ci siamo assentati come inter-venienti. L’assenza di intervento dell’uomo sulle cose e delle cose sull’uomo, ossia delle cose sulle cose, apre il laddove del loro autentico av-venire, le une alle altre, rischiarandosi. Dove è l’opera? Materia, luce, movimento, registrazione, tutto è disvelato nel tramontare. Tutto concorre all’opera, che non è che l’apertura di un laddove. (Alessio Fransoni)
15
gennaio 2005
Drumbamatic discovernissage – Niccolò Ungaro
15 gennaio 2005
arte contemporanea
Location
LINUX CLUB
Roma, Via Giuseppe Libetta, 15, (Roma)
Roma, Via Giuseppe Libetta, 15, (Roma)
Vernissage
15 Gennaio 2005, dalle 22 all'alba
Sito web
www.drumbamatic.com
Autore
Curatore