Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- Servizi
- Sezioni
- container colonna1
Ecce Hombre – Capitolo 3: Why I Get Knocked Down But Get Up Again
Reception Rome è lieta di presentare Capitolo 3: Why I Get Knocked Down But Get Up Again, il terzo capitolo di Ecce Hombre, la mostra in evoluzione di Jesus Benavente articolata in cinque capitoli da settembre a dicembre 2025.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Reception Rome è lieta di presentare Capitolo 3: Why I Get Knocked Down But Get Up Again, il terzo capitolo di Ecce Hombre, la mostra in evoluzione di Jesus Benavente articolata in cinque capitoli da settembre a dicembre 2025. Come nei capitoli precedenti, anche questa nuova iterazione prosegue l’indagine dell’artista su resistenza, humour e fede, impiegando materiali umili e forme vernacolari per costruire un’installazione scultorea su larga scala.
Realizzata quasi interamente con carta di giornali, cartone e carta crespa, l’installazione assume la forma di una zattera estesa o di un frammento di mare aperto. La superficie ondeggia in profondi blu saturi che evocano sia un mare in movimento sia un fiume in piena, collocando il lavoro in un luogo insieme mitico e pienamente contemporaneo. Pur senza ricorrere a illustrazioni o didascalie, l’opera richiama inevitabilmente alla mente le precarie traversate dei migranti nel Mediterraneo — l’immensa distesa blu che offre al tempo stesso passaggio e pericolo, speranza e scomparsa.
Montate su questa superficie agitata, apparentemente sospese nel vortice, compaiono figure familiari tratte dal lessico ricorrente di Benavente: un’aquila, un’auto della polizia di New York, Superman, El Chapulín Colorado, tra le altre — tutte realizzate come elementi tradizionali di piñata da artigiani della sua città natale, San Antonio, Texas. Questi personaggi hanno attraversato nel tempo le mostre dell’artista in configurazioni diverse, diventando emblemi di satira, aspirazione e vulnerabilità. La loro ricomparsa qui, raccolti insieme su un’unica e instabile imbarcazione, amplifica l’oscillazione tra gioco e tragedia, celebrazione e sacrificio.
Benavente lavora con la forma della piñata dall’inizio della sua carriera, attratto dalla sua peculiare unione di festa e violenza — l’atto ritualizzato del colpire, rompere ed esporre un nucleo fragile. In questa installazione, tale logica si espande dall’oggetto all’ambiente. La zattera mette in scena non un trionfo né un disastro, ma il momento sospeso tra i due: non La zattera della Medusa come viene solitamente evocata — eroica, allegorica, monumentale — ma una sorta di intervallo post-naufragio o pre-salvataggio, in cui il corpo è intrappolato tra disfatta e redenzione. Le figure stremate di Géricault sono sostituite da personaggi luminosi, assurdi, fatti a mano, la cui vulnerabilità non è meno reale per il fatto di essere fatti di carta e colla.
Questo capitolo prosegue inoltre le tensioni materiali ed emotive messe in scena nei Capitoli 1 e 2. In Why I Find Miraculous Beauty from Being Cut Down (Capitolo 1), Benavente aveva introdotto il dialogo tra devozione e lavoro artigianale attraverso un murale realizzato con un decespugliatore, fiori recisi e un’installazione di blocchi di cemento timbrati con rose — opere che legavano la bellezza alla politica del lavoro e alla poeticità del manufatto. Il Capitolo 2, Why I Cry Now and Cry Later, ha esteso questa dialettica con due sculture al neon-video recanti le frasi “Cry Now” e “Cry Later”. I testi luminosi, montati direttamente sugli schermi, illuminavano e allo stesso tempo oscuravano le immagini sottostanti, trasformando il linguaggio in una barriera tanto quanto in una guida. Il loro humour schietto e stanco trasformava la risposta emotiva in un ciclo più che in una scelta — un sentimento che continua a gravare sulle figure alla deriva del Capitolo 3.
Come in ogni capitolo di Ecce Hombre, resta visibile anche il film omonimo generato tramite intelligenza artificiale: un ritratto in loop di un uomo che invecchia sotto gli occhi dello spettatore, mentre subisce una serie infinita di pugni. Questo autoritratto digitale funziona insieme da ritornello e specchio: una meditazione su violenza, ripetizione e sull’eroismo assurdo del rialzarsi dopo ogni colpo.
Benavente ha conseguito un MFA presso la Rutgers University e ha frequentato la Skowhegan School of Painting and Sculpture. Nel 2022 è stato artista in residenza alla Chinati Foundation di Marfa, Texas. Le sue mostre recenti includono il Whitney Museum, New York, NY; il Queens Museum, Queens, NY; LTD Los Angeles, Los Angeles, CA; Performa 13, New York, NY; Acre Projects, Chicago, IL; il Neuberger Museum of Art, NY; lo Shin Museum of Art, Corea del Sud; Vox Populi, Philadelphia, PA; il Socrates Sculpture Park, NY; e l’Austin Museum of Art, TX. Nato a San Antonio, Texas, Jesus Benavente vive e lavora a Brooklyn, NY.
Realizzata quasi interamente con carta di giornali, cartone e carta crespa, l’installazione assume la forma di una zattera estesa o di un frammento di mare aperto. La superficie ondeggia in profondi blu saturi che evocano sia un mare in movimento sia un fiume in piena, collocando il lavoro in un luogo insieme mitico e pienamente contemporaneo. Pur senza ricorrere a illustrazioni o didascalie, l’opera richiama inevitabilmente alla mente le precarie traversate dei migranti nel Mediterraneo — l’immensa distesa blu che offre al tempo stesso passaggio e pericolo, speranza e scomparsa.
Montate su questa superficie agitata, apparentemente sospese nel vortice, compaiono figure familiari tratte dal lessico ricorrente di Benavente: un’aquila, un’auto della polizia di New York, Superman, El Chapulín Colorado, tra le altre — tutte realizzate come elementi tradizionali di piñata da artigiani della sua città natale, San Antonio, Texas. Questi personaggi hanno attraversato nel tempo le mostre dell’artista in configurazioni diverse, diventando emblemi di satira, aspirazione e vulnerabilità. La loro ricomparsa qui, raccolti insieme su un’unica e instabile imbarcazione, amplifica l’oscillazione tra gioco e tragedia, celebrazione e sacrificio.
Benavente lavora con la forma della piñata dall’inizio della sua carriera, attratto dalla sua peculiare unione di festa e violenza — l’atto ritualizzato del colpire, rompere ed esporre un nucleo fragile. In questa installazione, tale logica si espande dall’oggetto all’ambiente. La zattera mette in scena non un trionfo né un disastro, ma il momento sospeso tra i due: non La zattera della Medusa come viene solitamente evocata — eroica, allegorica, monumentale — ma una sorta di intervallo post-naufragio o pre-salvataggio, in cui il corpo è intrappolato tra disfatta e redenzione. Le figure stremate di Géricault sono sostituite da personaggi luminosi, assurdi, fatti a mano, la cui vulnerabilità non è meno reale per il fatto di essere fatti di carta e colla.
Questo capitolo prosegue inoltre le tensioni materiali ed emotive messe in scena nei Capitoli 1 e 2. In Why I Find Miraculous Beauty from Being Cut Down (Capitolo 1), Benavente aveva introdotto il dialogo tra devozione e lavoro artigianale attraverso un murale realizzato con un decespugliatore, fiori recisi e un’installazione di blocchi di cemento timbrati con rose — opere che legavano la bellezza alla politica del lavoro e alla poeticità del manufatto. Il Capitolo 2, Why I Cry Now and Cry Later, ha esteso questa dialettica con due sculture al neon-video recanti le frasi “Cry Now” e “Cry Later”. I testi luminosi, montati direttamente sugli schermi, illuminavano e allo stesso tempo oscuravano le immagini sottostanti, trasformando il linguaggio in una barriera tanto quanto in una guida. Il loro humour schietto e stanco trasformava la risposta emotiva in un ciclo più che in una scelta — un sentimento che continua a gravare sulle figure alla deriva del Capitolo 3.
Come in ogni capitolo di Ecce Hombre, resta visibile anche il film omonimo generato tramite intelligenza artificiale: un ritratto in loop di un uomo che invecchia sotto gli occhi dello spettatore, mentre subisce una serie infinita di pugni. Questo autoritratto digitale funziona insieme da ritornello e specchio: una meditazione su violenza, ripetizione e sull’eroismo assurdo del rialzarsi dopo ogni colpo.
Benavente ha conseguito un MFA presso la Rutgers University e ha frequentato la Skowhegan School of Painting and Sculpture. Nel 2022 è stato artista in residenza alla Chinati Foundation di Marfa, Texas. Le sue mostre recenti includono il Whitney Museum, New York, NY; il Queens Museum, Queens, NY; LTD Los Angeles, Los Angeles, CA; Performa 13, New York, NY; Acre Projects, Chicago, IL; il Neuberger Museum of Art, NY; lo Shin Museum of Art, Corea del Sud; Vox Populi, Philadelphia, PA; il Socrates Sculpture Park, NY; e l’Austin Museum of Art, TX. Nato a San Antonio, Texas, Jesus Benavente vive e lavora a Brooklyn, NY.
21
novembre 2025
Ecce Hombre – Capitolo 3: Why I Get Knocked Down But Get Up Again
Dal 21 novembre al 10 dicembre 2025
arte contemporanea
Location
Reception Rome
Roma, Via Cosseria, 3, (RM)
Roma, Via Cosseria, 3, (RM)
Orario di apertura
Martedì - Sabato solo su appuntamento
Vernissage
21 Novembre 2025, 18:00 - 20:00
Sito web
Autore




