La Galleria Giulia presenta per la prima volta le opere fotografiche di Elena Somaré, un’artista giovane ma da parecchi anni già conosciuta e apprezzata nel mondo dello spettacolo e della cultura.
La mostra rende conto, con oltre 50 opere, del lavoro che Elena Somaré ha condotto in due territori apparentemente distanti: il ritratto e la fotografia antropologica e di paesaggio. Sono più di 50 le stampe di medio e grande formato in cui la ricerca sul campo, il ritratto, l’immagine fotografica, si fondono con la successiva elaborazione digitale per raggiungere una visione più personale, quasi pittorica.

In casa, fin da piccola, la Somaré respira immagini e cultura: con avi prestigiosi come la dinastia Momigliano per la letteratura da parte di madre, e quella dei Tallone grandi ritrattisti e paesaggisti dell’800 italiano da parte di padre, anch’egli pittore, arriva naturalmente al ritratto, è una passione di famiglia. Che Elena realizza, dai 14 anni in poi, usando Nikon e Hasselblad.
“Perché faccio fotografie? Me lo sono chiesta più volte, dice, volevo creare immagini che avessero un valore estetico. Per me non esiste differenza tra fotografia e pittura, se non che nella fotografia devi comporre usando frammenti di realtà. Per questo uso la tecnologia digitale, che permette di intervenire sulle immagini nel montaggio e in post produzione. Quando faccio un ritratto tendo a manipolare, correggere, esasperare. Alla fine quello non è più un ritratto oggettivo, fotografico in senso stretto: è la mia visione del personaggio, il mio ritratto dipinto”.

A cogliere il tratto comune di questa ricerca è il poeta Valentino Zeichen, che nella presentazione del catalogo scrive. “Osservando le opere della Somaré si ricava la sensazione che l’obbiettivo dell’artista catturi una nostalgia ignota, percepibile solo dai grandi fotografi. Nostalgia fissata per sempre nella pellicola pronta per l’incontro col visitatore di immagini, che proietterà su di essa la propria, in un gioco speculare”.

Un gioco che ci conduce lungo il percorso della mostra, dai panorami della Tasmania alla preghiera nei templi buddisti del Tibet, dai volti noti dello showbuisness (Russel Crowe, Harvey Keithel) ai grandi registi (Nikita Mihalkoff, Monicelli, Spike Lee, Oliver Stone, Steven Frears, Jean Jeacques Annaud) agli eroi civili (Patch Adams) ai grandi della danza (Merce Cunningham, Joaquin Cortés) delle arti figurative (Emanuele Luzzati, George Seagal) della scienza (Rita Levi Montalcini) dell’architettura (Gae Aulenti). Tra le donne che hanno lasciato un segno Moana Pozzi, che nella mostra è presente in quattro immagini rivelatrici di un suo mondo interiore segreto.