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Elisabetta Di Maggio
Elisabetta Di Maggio, usando dei pattern tratti da antichi merletti, intaglia col bisturi la carta velina o l’intonaco delle pareti
Comunicato stampa
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Il 15 settembre alle ore 18 Viafarini inaugura una mostra personale di Elisabetta Di Maggio.
Elisabetta Di Maggio, usando dei pattern tratti da antichi merletti, intaglia col bisturi la carta velina o l’intonaco delle pareti.
Nella carta ottiene un traforo che ricorda gli ornamenti architettonici medievali e orientali; nei muri affiora un “velo” trasparente che, tra i ricami, fa riemergere i colori sovrapposti dagli intonaci, evocando la densità che si accumula nelle case.
Ricordano l’esclusione storica delle donne rispetto alla scena dell’arte e indicano una visionarietà che trascende l’idea stessa del ricamo per assumere i connotati di impreviste strutture portanti.
Il progetto che Elisabetta Di Maggio ha realizzato per Viafarini è costituito da due grandi pareti di carta traforata che, una di fronte all’altra, chiudono il varco di ingresso alla stanza espositiva principale. Lo spessore del muro viene sostituito da due impalpabili pareti, dove il riflesso dei reciproci “ricami” trattiene il vuoto e la luce. Lo spazio retrostante diventa così un grande polmone inaccessibile: per entrarvi si passa dalla strada che dà sul retro, mentre, se si usa l’ingresso principale, si viene bloccati davanti a questo leggerissimo muro.
Il movimento / sbarramento ricorda il rapporto tra sé e sé che accompagna il lavoro di incidere e ricamare, quindi un rapporto intimo, in qualche modo segreto, sottolineato dal sistema di conservazione di queste opere, contenute in algide scatole d’acciaio, dove l’asetticità del materiale si intreccia a quella del bisturi.
Il carattere diaframmatico di questa anomala architettura, accentua l’idea di spazio incluso, dove il vuoto mantiene un proprio respiro. E’ immediato pensare ai chiostri, agli orti chiusi dei conventi e al tempo vuoto della merlettaia, ma anche a quel vuoto simbolico che l’artista intercetta dentro di sé quando inventa un’immagine.
Così Elisabetta Di Maggio interpreta l’eredità segnica e formale di milioni di anonime artiste che, in tutte le culture, hanno dato vita alla mobile architettura degli oggetti e degli indumenti che accompagnava le ritualità delle case, delle chiese, delle regge.
Elisabetta Di Maggio, usando dei pattern tratti da antichi merletti, intaglia col bisturi la carta velina o l’intonaco delle pareti.
Nella carta ottiene un traforo che ricorda gli ornamenti architettonici medievali e orientali; nei muri affiora un “velo” trasparente che, tra i ricami, fa riemergere i colori sovrapposti dagli intonaci, evocando la densità che si accumula nelle case.
Ricordano l’esclusione storica delle donne rispetto alla scena dell’arte e indicano una visionarietà che trascende l’idea stessa del ricamo per assumere i connotati di impreviste strutture portanti.
Il progetto che Elisabetta Di Maggio ha realizzato per Viafarini è costituito da due grandi pareti di carta traforata che, una di fronte all’altra, chiudono il varco di ingresso alla stanza espositiva principale. Lo spessore del muro viene sostituito da due impalpabili pareti, dove il riflesso dei reciproci “ricami” trattiene il vuoto e la luce. Lo spazio retrostante diventa così un grande polmone inaccessibile: per entrarvi si passa dalla strada che dà sul retro, mentre, se si usa l’ingresso principale, si viene bloccati davanti a questo leggerissimo muro.
Il movimento / sbarramento ricorda il rapporto tra sé e sé che accompagna il lavoro di incidere e ricamare, quindi un rapporto intimo, in qualche modo segreto, sottolineato dal sistema di conservazione di queste opere, contenute in algide scatole d’acciaio, dove l’asetticità del materiale si intreccia a quella del bisturi.
Il carattere diaframmatico di questa anomala architettura, accentua l’idea di spazio incluso, dove il vuoto mantiene un proprio respiro. E’ immediato pensare ai chiostri, agli orti chiusi dei conventi e al tempo vuoto della merlettaia, ma anche a quel vuoto simbolico che l’artista intercetta dentro di sé quando inventa un’immagine.
Così Elisabetta Di Maggio interpreta l’eredità segnica e formale di milioni di anonime artiste che, in tutte le culture, hanno dato vita alla mobile architettura degli oggetti e degli indumenti che accompagnava le ritualità delle case, delle chiese, delle regge.
15
settembre 2005
Elisabetta Di Maggio
Dal 15 settembre al 02 ottobre 2005
arte contemporanea
Location
VIR – VIAFARINI IN RESIDENCE
Milano, Via Carlo Farini, 35, (Milano)
Milano, Via Carlo Farini, 35, (Milano)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 15-19
Vernissage
15 Settembre 2005, ore 18
Autore
Curatore




