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Francesco Piccinelli Casagrande – La realtà è un numero, un numero non è realtà
Questa mostra esce dagli schemi tradizionali dell’arte e vuole percorrere un sentiero molto innovativo: come i numeri, attraverso la tecnologia, possono diventare espressioni artistiche, fruibili anche sul piano visivo, quasi fossero un’opera essi stessi?
Comunicato stampa
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Francesco Piccinelli Casagrande, come molti altri ragazzi italiani di talento, da anni vive e lavora a Bruxelles ma è nato a Massa Marittima: qui ora torna con una proposta artistica e culturale sperimentale, nella quale trasferisce molte sue esperienze lavorative nel campo del giornalismo, della comunicazione e dei 'big data’.
L'autore presenta il suo percorso, altamente sperimentale, che ha per tema il punto di vista scelto nell’osservare la realtà, la selezione delle informazioni rispetto alla storia da raccontare, la necessità di un soggetto che racconti qualcosa.
Questo è un tema che riguarda tutta la nostra esperienza e vale anche quando si tratta di numeri: i dati non parlano da soli, bisogna che la storia venga estratta e rappresentata, come in questo caso, dove le opere nascono da processi computerizzati. Ma, in fondo, la visione non è forse, sempre, interpretazione?
Lo stesso Piccinelli Casagrande vuole approfondirne il significato:
"Qualcuno ha mai visto un “due” camminare per strada? No. Al massimo, avete visto due gatti, due mele, due “qualcosa”, ma mai la cifra “due” in quanto tale. I numeri, quindi, sono un’invenzione umana che serve a rappresentare e approssimare la realtà, non la realtà stessa. Eppure, finora, sono il modo più efficace di raccontarla che la nostra specie abbia trovato.
Questo paradosso è l’oggetto della mostra dove, in un gioco di specchi tra mondi diversi, esperimenti che cercano di costruire un terreno comune tra mondo quantitativo e linguaggi visivi, cerco di riflettere su quello che sono i numeri, i dati.
La tensione qui si sviluppa tra divertissement come una Primavera di Botticelli formato-Mondrian e grafici sperimentali che usano solo la longitudine e il tempo come dimensioni per raccontare le migrazioni.
Cronaca e arte: cos’hanno in comune? L’intervento di una macchina per trasformare i dati in informazione e la distanza siderale tra l’oggetto e la sua rappresentazione. L’obiettivo della mostra è disidratare il reale e scegliere (non esistono regole fisse) le informazioni da mostrare: l’intensità di alcune note in Bach, la quantità di colori che ci sono nella Primavera di Botticelli.
Si perdono, nel processo, molte informazioni e ci si focalizza su quelle che io ho deciso siano solo quelle che contano – che arroganza.
Eppure, il tema è proprio quello del punto di vista, della selezione delle informazioni rispetto alla storia da raccontare, della necessità di un soggetto che racconti qualcosa, ed è un tema che vale anche quando si parla di numeri, anche se le informazioni che tratto passano attraverso una macchina neutra, un computer.
In questa mostra, i grafici sono stati realizzati scrivendo il software per crearli. Il linguaggio di programmazione R (molto utilizzato in ambito bioinformatico) ha un pacchetto dedicato alla grafica che permette una libertà quasi assoluta all’operatore, permettendo di arrivare anche a licenze come la felce frattale che è, nelle mie intenzioni, il climax di questo percorso altamente sperimentale.
L’origine di questa mostra nasce dalla frustrazione che ho maturato lavorando in aziende e redazioni di respiro internazionale dove la riflessione sui numeri non indaga mai oltre il “quanto?” come se il “quanto” fosse la risposta definitiva e l’unica che conta. I dati non parlano da soli, purtroppo, ma bisogna che la storia venga estratta.
Il punto è che un individuo racconta la “sua” storia e il massimo che può fare è assicurarsi che, a parità di condizioni, gli altri trovino le stesse cose che ha trovato lui e iniziare una dialettica che è esattamente la negazione del periodo in cui viviamo: “Lo dice Trump”, “lo dice la scienza”, “lo dico io”.
Se proprio, questa mostra cerca di spostare il problema: se anche i numeri sono solo rappresentazioni, perché ci arrabbiamo tanto?"
La mostra si può visitare fino al 19 luglio.
L'autore presenta il suo percorso, altamente sperimentale, che ha per tema il punto di vista scelto nell’osservare la realtà, la selezione delle informazioni rispetto alla storia da raccontare, la necessità di un soggetto che racconti qualcosa.
Questo è un tema che riguarda tutta la nostra esperienza e vale anche quando si tratta di numeri: i dati non parlano da soli, bisogna che la storia venga estratta e rappresentata, come in questo caso, dove le opere nascono da processi computerizzati. Ma, in fondo, la visione non è forse, sempre, interpretazione?
Lo stesso Piccinelli Casagrande vuole approfondirne il significato:
"Qualcuno ha mai visto un “due” camminare per strada? No. Al massimo, avete visto due gatti, due mele, due “qualcosa”, ma mai la cifra “due” in quanto tale. I numeri, quindi, sono un’invenzione umana che serve a rappresentare e approssimare la realtà, non la realtà stessa. Eppure, finora, sono il modo più efficace di raccontarla che la nostra specie abbia trovato.
Questo paradosso è l’oggetto della mostra dove, in un gioco di specchi tra mondi diversi, esperimenti che cercano di costruire un terreno comune tra mondo quantitativo e linguaggi visivi, cerco di riflettere su quello che sono i numeri, i dati.
La tensione qui si sviluppa tra divertissement come una Primavera di Botticelli formato-Mondrian e grafici sperimentali che usano solo la longitudine e il tempo come dimensioni per raccontare le migrazioni.
Cronaca e arte: cos’hanno in comune? L’intervento di una macchina per trasformare i dati in informazione e la distanza siderale tra l’oggetto e la sua rappresentazione. L’obiettivo della mostra è disidratare il reale e scegliere (non esistono regole fisse) le informazioni da mostrare: l’intensità di alcune note in Bach, la quantità di colori che ci sono nella Primavera di Botticelli.
Si perdono, nel processo, molte informazioni e ci si focalizza su quelle che io ho deciso siano solo quelle che contano – che arroganza.
Eppure, il tema è proprio quello del punto di vista, della selezione delle informazioni rispetto alla storia da raccontare, della necessità di un soggetto che racconti qualcosa, ed è un tema che vale anche quando si parla di numeri, anche se le informazioni che tratto passano attraverso una macchina neutra, un computer.
In questa mostra, i grafici sono stati realizzati scrivendo il software per crearli. Il linguaggio di programmazione R (molto utilizzato in ambito bioinformatico) ha un pacchetto dedicato alla grafica che permette una libertà quasi assoluta all’operatore, permettendo di arrivare anche a licenze come la felce frattale che è, nelle mie intenzioni, il climax di questo percorso altamente sperimentale.
L’origine di questa mostra nasce dalla frustrazione che ho maturato lavorando in aziende e redazioni di respiro internazionale dove la riflessione sui numeri non indaga mai oltre il “quanto?” come se il “quanto” fosse la risposta definitiva e l’unica che conta. I dati non parlano da soli, purtroppo, ma bisogna che la storia venga estratta.
Il punto è che un individuo racconta la “sua” storia e il massimo che può fare è assicurarsi che, a parità di condizioni, gli altri trovino le stesse cose che ha trovato lui e iniziare una dialettica che è esattamente la negazione del periodo in cui viviamo: “Lo dice Trump”, “lo dice la scienza”, “lo dico io”.
Se proprio, questa mostra cerca di spostare il problema: se anche i numeri sono solo rappresentazioni, perché ci arrabbiamo tanto?"
La mostra si può visitare fino al 19 luglio.
12
luglio 2025
Francesco Piccinelli Casagrande – La realtà è un numero, un numero non è realtà
Dal 12 al 19 luglio 2025
arte contemporanea
Location
Galleria Spaziografico
Massa Marittima, Vicolo Ciambellano, 7, (GR)
Massa Marittima, Vicolo Ciambellano, 7, (GR)
Orario di apertura
Tutti i giorni ore 16.30 - 19.00
Sito web
Autore
Curatore
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