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Gallery A: Torbjörn Vejvi – Matter Matter Physically Dead / Gallery B: David Robbins – The Lift Trilogy
Torbjörn Vejvi (Vätjö, Svezia, 1972 – vive e lavora a Los Angeles) presenta un video accompagnato dall’allestimento di due sculture e di alcuni collages. L’artista e scrittore David Robbins presenta The Lift Trilogy (2006-2011) la sua seconda mostra a Napoli dal 1995.
Comunicato stampa
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Gallery A: “Matter Matter Physically Dead” – Torbjörn Vejvi
“Matter Matter Pshically Dead” è la quarta personale dell’artista Torbjörn Vejvi (Vätjö, Svezia, 1972 - vive e lavora a Los Angeles) nella Galleria Raucci/Santamaria di Napoli. Vejvi realizza le sue sculture avvalendosi di materiali semplici e leggeri come legno, cartone, stoffe, creando strutture che svelano sottili rapporti esistenziali tra forma e memoria, tra introspezione e quotidianità.
La mostra consiste nella presentazione di un video accompagnata dall’allestimento di due sculture e di alcuni collages. La preparazione del video, pratica nuova nel percorso artistico di Vejvi, ha richiesto quasi sette anni ed è stato girato all’interno dell’ormai dismesso Zoo di Los Angeles, attualmente parte di un parco pubblico che ospita la famosa insegna di Hollywood. Pur senza alcun permesso, nelle prime ore dell’alba, l’artista si è introdotto clandestinamente nelle gabbie ormai vuote, appendendo all’interno con dei fili trasparenti alcune sculture di legno dalle forme geometriche astratte, smaltate con tinte brillanti. L’idea di utilizzare oggetti colorati sospesi trae ispirazione da una frase di Jean Luc Goddard, che, nel commentare il suo film “Contemp”, parlava del colore come un’armatura che sostiene e supporta la messa in scena di un lungometraggio. Nel video si susseguono infatti le immagini delle gabbie, riprese in una luce fioca, in cui spiccano colori brillanti ed acidi, trasformando le sequenze in una sorta di scultura narrativa, in cui l’assenza di vita e l’immobilità di un luogo semi-abbandonato stride con la lucentezza dei colori, riflettendo sull’ambiguità dei rapporti tra uomo e animale, tra natura e cultura. L’elemento teatrale, uno dei cardini del linguaggio di Vejvi, pare ambientare atmosfere sganciate dalla vita reale, ricalcando il titolo della mostra “la morte fisica della materia”. Anche la colonna sonora, organo e chitarra del musicista Mark Lightcap, accompagna il fluttuare degli elementi scolpiti da Vejvi per colmare la sensazione del vuoto.
Anche la scultura composta da un uomo ed un leone, che osservano un oggetto amorfo chiuso in una cella, si presenta come una trasposizione scenica e tridimensionale del video e ne spiega anche il significato potenziale di un’arte in gabbia, dietro le sbarre. Metafora di un’opera che altro non è che il pensiero dell’artista tradotta in forme ed offerta allo sguardo dello spettatore. Una descrizione della condizione di reciproca interazione tra un lavoro ed il suo osservatore, un palcoscenico in cui un'opera d'arte contempla la sua stessa esistenza.
La seconda scultura ricalca, in modo meno diretto, il concetto precedente della dicotomia tra interno ed esterno, tra libertà e costrizione, tra fisico ed immateriale: in una sorta di cella in legno sono infatti allestite una sedia, una lampadina, una sigaretta ed una fotografia circolare di una serie di cancelli. Una ironica gabbia a misura d’uomo, una sorta di pensatoio in cui albergano i simboli di vizi e di nevrosi.
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Gallery B: “The Lift Trilogy” – David Robbins
“A volte serve un artista per conoscere un artista…”
Dal 25 novembre al 27 gennaio l'artista e scrittore David Robbins presenta The Lift Trilogy (2006-2011), la sua seconda mostra a Napoli dal 1995. La mostra esplora, attraverso la presentazione di tre video, l'evoluzione delle complesse interazioni tra Robbins e il suo personal trainer Joshua Van Schaick. Ciascuno dei tre video è presentato in un'installazione singola, tre diverse composizioni di pittura, video e scultura che insieme, formano una catena di rivelazioni che stabiliscono un unico arco narrativo.
Utilizzando come soggetto la figura del personal trainer, fenomeno sociale ed emblema della nostra determinata e forsennata ricerca della salute e della bellezza, “The Lift Trilogy“ prova a porre una serie di quesiti sull'arte e sugli artisti. Nel ruolo sociale del personal trainer possiamo individuare il nostro desiderio di perfezione, le tensioni che mirano alla rappresentazione della propria immagine, il costante desiderio di auto-trasformazione, la natura fugace della bellezza fisica. Così come il personal trainer indirizza le meccaniche del corpo, giocando tuttavia anche un ruolo simbolico nella mente, così David Robbins ha potuto trasporre un contesto di fisicità enfatica (ginnastica, pesi, esercizio, aspetto fisico) in una chiave concettuale che scorre attraverso la Trilogia. L’artista evidenzia l'approccio decisamente professionale di Van Schaick all'allenamento, che sfida Robbins ad andare oltre i limiti. Van Schaick è un personal trainer per corpo e cervello, sembra trattare l’allenamento come un mezzo, esplorando e sviluppando il suo approccio in maniera simile a quello di un artista che esplora e inventa la sua arte. Al posto della pittura o dell'argilla, il materiale di Van Schaick è il corpo umano. Adottando un approccio olistico all'allenamento, nella sua abilità professionale, il personal trainer lavora per modellare il benessere fisico, mentale e spirituale dei suoi clienti.
La mostra “The Lift Trilogy” ha inizio da un video inizialmente intrapreso da Robbins per trasmettere le sensazioni provate allenandosi con Van Schaick. Il risultato del video, “Lift” (2006/2011) è il ritratto di un giovane che si è trasformato da adolescente irascibile e violento in una persona compassionevole e filosofica. Il video è stato elogiato come un “nuovo genere di monumento” ed è ora incluso in svariate collezioni museali. Nel corso del progetto, i ruoli multisfaccettati della coppia – artista e modello, regista e protagonista, cliente e trainer – vengono approfonditi e sovrapposti, con Van Schaick musa dell'artista Robbins che gradualmente inizia a percepire Van Schaick come una sorta di artista concettuale istintivo.
“The Lift Trilogy” presenta, seguendo l’ironia ed il gioco del ribaltamento dei ruoli che contraddistingue il lavoro di Robbins, “un artista che utilizza l’esposizione per sostenere che qualcun altro è un artista”. Un approccio in netto contrasto con la concezione prevalente, portata in auge dal modernismo, che una mostra è indice diretto dell'espressione di un artista. Quella offerta è invece arte che celebra e promuove il successo di un altro. La Trilogia traccia la linea di un ambizioso progetto e offre al pubblico le relative scoperte, rendendo, se possibile, ancora meno definito la definizione di “artista”. Chi è un artista? Come definiamo l'arte? L'arte è ristretta al contesto di “arte”? Una brochure che si sviluppa su queste domande, con un testo in lingua inglese scritto da Robbins, sarà disponibile per i visitatori della galleria.
David Robbins
“Matter Matter Pshically Dead” è la quarta personale dell’artista Torbjörn Vejvi (Vätjö, Svezia, 1972 - vive e lavora a Los Angeles) nella Galleria Raucci/Santamaria di Napoli. Vejvi realizza le sue sculture avvalendosi di materiali semplici e leggeri come legno, cartone, stoffe, creando strutture che svelano sottili rapporti esistenziali tra forma e memoria, tra introspezione e quotidianità.
La mostra consiste nella presentazione di un video accompagnata dall’allestimento di due sculture e di alcuni collages. La preparazione del video, pratica nuova nel percorso artistico di Vejvi, ha richiesto quasi sette anni ed è stato girato all’interno dell’ormai dismesso Zoo di Los Angeles, attualmente parte di un parco pubblico che ospita la famosa insegna di Hollywood. Pur senza alcun permesso, nelle prime ore dell’alba, l’artista si è introdotto clandestinamente nelle gabbie ormai vuote, appendendo all’interno con dei fili trasparenti alcune sculture di legno dalle forme geometriche astratte, smaltate con tinte brillanti. L’idea di utilizzare oggetti colorati sospesi trae ispirazione da una frase di Jean Luc Goddard, che, nel commentare il suo film “Contemp”, parlava del colore come un’armatura che sostiene e supporta la messa in scena di un lungometraggio. Nel video si susseguono infatti le immagini delle gabbie, riprese in una luce fioca, in cui spiccano colori brillanti ed acidi, trasformando le sequenze in una sorta di scultura narrativa, in cui l’assenza di vita e l’immobilità di un luogo semi-abbandonato stride con la lucentezza dei colori, riflettendo sull’ambiguità dei rapporti tra uomo e animale, tra natura e cultura. L’elemento teatrale, uno dei cardini del linguaggio di Vejvi, pare ambientare atmosfere sganciate dalla vita reale, ricalcando il titolo della mostra “la morte fisica della materia”. Anche la colonna sonora, organo e chitarra del musicista Mark Lightcap, accompagna il fluttuare degli elementi scolpiti da Vejvi per colmare la sensazione del vuoto.
Anche la scultura composta da un uomo ed un leone, che osservano un oggetto amorfo chiuso in una cella, si presenta come una trasposizione scenica e tridimensionale del video e ne spiega anche il significato potenziale di un’arte in gabbia, dietro le sbarre. Metafora di un’opera che altro non è che il pensiero dell’artista tradotta in forme ed offerta allo sguardo dello spettatore. Una descrizione della condizione di reciproca interazione tra un lavoro ed il suo osservatore, un palcoscenico in cui un'opera d'arte contempla la sua stessa esistenza.
La seconda scultura ricalca, in modo meno diretto, il concetto precedente della dicotomia tra interno ed esterno, tra libertà e costrizione, tra fisico ed immateriale: in una sorta di cella in legno sono infatti allestite una sedia, una lampadina, una sigaretta ed una fotografia circolare di una serie di cancelli. Una ironica gabbia a misura d’uomo, una sorta di pensatoio in cui albergano i simboli di vizi e di nevrosi.
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Gallery B: “The Lift Trilogy” – David Robbins
“A volte serve un artista per conoscere un artista…”
Dal 25 novembre al 27 gennaio l'artista e scrittore David Robbins presenta The Lift Trilogy (2006-2011), la sua seconda mostra a Napoli dal 1995. La mostra esplora, attraverso la presentazione di tre video, l'evoluzione delle complesse interazioni tra Robbins e il suo personal trainer Joshua Van Schaick. Ciascuno dei tre video è presentato in un'installazione singola, tre diverse composizioni di pittura, video e scultura che insieme, formano una catena di rivelazioni che stabiliscono un unico arco narrativo.
Utilizzando come soggetto la figura del personal trainer, fenomeno sociale ed emblema della nostra determinata e forsennata ricerca della salute e della bellezza, “The Lift Trilogy“ prova a porre una serie di quesiti sull'arte e sugli artisti. Nel ruolo sociale del personal trainer possiamo individuare il nostro desiderio di perfezione, le tensioni che mirano alla rappresentazione della propria immagine, il costante desiderio di auto-trasformazione, la natura fugace della bellezza fisica. Così come il personal trainer indirizza le meccaniche del corpo, giocando tuttavia anche un ruolo simbolico nella mente, così David Robbins ha potuto trasporre un contesto di fisicità enfatica (ginnastica, pesi, esercizio, aspetto fisico) in una chiave concettuale che scorre attraverso la Trilogia. L’artista evidenzia l'approccio decisamente professionale di Van Schaick all'allenamento, che sfida Robbins ad andare oltre i limiti. Van Schaick è un personal trainer per corpo e cervello, sembra trattare l’allenamento come un mezzo, esplorando e sviluppando il suo approccio in maniera simile a quello di un artista che esplora e inventa la sua arte. Al posto della pittura o dell'argilla, il materiale di Van Schaick è il corpo umano. Adottando un approccio olistico all'allenamento, nella sua abilità professionale, il personal trainer lavora per modellare il benessere fisico, mentale e spirituale dei suoi clienti.
La mostra “The Lift Trilogy” ha inizio da un video inizialmente intrapreso da Robbins per trasmettere le sensazioni provate allenandosi con Van Schaick. Il risultato del video, “Lift” (2006/2011) è il ritratto di un giovane che si è trasformato da adolescente irascibile e violento in una persona compassionevole e filosofica. Il video è stato elogiato come un “nuovo genere di monumento” ed è ora incluso in svariate collezioni museali. Nel corso del progetto, i ruoli multisfaccettati della coppia – artista e modello, regista e protagonista, cliente e trainer – vengono approfonditi e sovrapposti, con Van Schaick musa dell'artista Robbins che gradualmente inizia a percepire Van Schaick come una sorta di artista concettuale istintivo.
“The Lift Trilogy” presenta, seguendo l’ironia ed il gioco del ribaltamento dei ruoli che contraddistingue il lavoro di Robbins, “un artista che utilizza l’esposizione per sostenere che qualcun altro è un artista”. Un approccio in netto contrasto con la concezione prevalente, portata in auge dal modernismo, che una mostra è indice diretto dell'espressione di un artista. Quella offerta è invece arte che celebra e promuove il successo di un altro. La Trilogia traccia la linea di un ambizioso progetto e offre al pubblico le relative scoperte, rendendo, se possibile, ancora meno definito la definizione di “artista”. Chi è un artista? Come definiamo l'arte? L'arte è ristretta al contesto di “arte”? Una brochure che si sviluppa su queste domande, con un testo in lingua inglese scritto da Robbins, sarà disponibile per i visitatori della galleria.
David Robbins
25
novembre 2011
Gallery A: Torbjörn Vejvi – Matter Matter Physically Dead / Gallery B: David Robbins – The Lift Trilogy
Dal 25 novembre 2011 al 27 gennaio 2012
arte contemporanea
Location
GALLERIA RAUCCI/SANTAMARIA
Napoli, Corso Amedeo Di Savoia Duca D'aosta, 190, (Napoli)
Napoli, Corso Amedeo Di Savoia Duca D'aosta, 190, (Napoli)
Orario di apertura
Dal martedi al venerdi 11/13,30 e 15/18,30
Vernissage
25 Novembre 2011, dalle 19 alle 21,30
Autore