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Giancarlo Galeotti – Il volto non è del corpo
L’artista torna con una ricerca potente e raffinata (un viaggio tra grafica e scultura, tra neri profondi e bagliori di luce) che indaga il mistero del volto: non più parte del corpo, ma specchio autonomo dell’anima in cui fondere architettura, letteratura e una sapienza tecnica fuori dal comune
Comunicato stampa
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Quello di Giancarlo Galeotti è un ritorno, un ritorno che compie dopo nove anni di assenza dalla scena artistica per mostrare quali meraviglie sa fare.
Se con l'ultima mostra "Erbario per i giorni di pioggia" nel Museo MAGMA proponeva una ricerca incentrata sul corpo, ora assistiamo a una focalizzazione specifica sul volto, essenza di un'anima che vuole esprimersi nella sua complessità mentre si dipana in vortici infiniti.
Le opere parlano da sole, con la loro bellezza e sapienza tecnica; tuttavia, una frase in particolare fa luce sull'intera mostra e sul suo enigmatico titolo:
"I volti, sono del corpo? A volte ne dubito. Sembrano avere vita indipendente, incontrarsi senza il peso del resto. Vengono direttamente dal demoniaco e dall'angelico, dal profondo e dall'alto; il resto è solo terrestre" (Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo, Adelphi,1979, pag.51).
La vita indipendente dei volti si manifesta e trae compimento perfetto in ciascuna opera grafica. Qui nessuno è davvero riconoscibile eppure, nello stesso tempo, i volti ci appaiono nella loro completezza, come se il segno, vagando sulla superficie, trovasse la strada perfetta guidato da un'anima che sprofonda nei meandri dell'inconscio, della tragedia, del dramma dell'esistenza, a cui vuole dare significato con l'effimera ed enigmatica tragicità del bianco e nero: segno su segno, dentro nel segno, per ottenere neri profondi e bagliori di luce.
Galeotti è alla ricerca di qualcosa che illumini il suo tormentato percorso interiore, un lunghissimo percorso che parte con la realizzazione di oltre duecento disegni a china nel tentativo di copiare (o, meglio, di interpretare)
i dipinti di Michelangelo: sono essi il punto di partenza da cui prende forma questa mostra; un punto di partenza che lo ha portato a raffinare le tecniche e a delineare, infine, il linguaggio perfetto con cui esprimere il significato profondo delle opere. Oltre a Michelangelo, dialogando con Galeotti emerge il suo amore per l'artista Hans Bellmer: lo studia, lo legge, ma non lo imita, troppo intelligente per scadere nel conformismo!
Nel progettare meticolosamente (perfezionista com'è) l'insieme espositivo, alla fine è emersa un'esigenza espressiva ed estetica profonda. Galeotti è anche scultore, e qui si presenta pure sotto questa veste, in un certo senso sfidante e meravigliosa.
Sono due sculture in terracotta che si propongono come un richiamo ammirato alla Pietà Rondanini e a Medardo Rosso, con modellature e fratture provocate nella materia che le fanno sembrare incompiute. Entrambe le figure hanno il viso reclinato, sfuggente, intenzionalmente senza tratti significativi: una rivincita del corpo che, dandosi forma, riacquista la dimensione principale, occupando lo spazio in modo plastico.
Animula Vagula Blandula, ben visibile all'ingresso, è la sua scultura preferita e con questo nome delicato richiama la 'piccola anima vagabonda e soave' dell'Imperatore Adriano, composta al termine della vita: forse per questo l'opera fa pensare a un ritrovamento archeologico, legando il suo significato a un passato classico e al senso della caducità dell'esistenza.
Questi i temi principali che Galeotti propone attraverso disegni, chine su pellicola, incisioni, rami e sculture.
Una mostra complessa e densa di significati, frutto di una profonda cultura artistica e letteraria e, dopo la laurea in Architettura, di una formazione artistica costruita con la frequenza ai corsi della Fondazione internazionale di Grafica "Il Bisonte" di Firenze.
Una mostra che rende manifesti il suo talento e la sua preparazione, con una visione che preannuncia sviluppi futuri. Grazie a Giancarlo Galeotti per aver lasciato nella Galleria Spaziografico traccia del suoi occhi e del suo pensiero.
Salvo proroghe, la mostra rimane aperta fino al 6 gennaio 2026
Se con l'ultima mostra "Erbario per i giorni di pioggia" nel Museo MAGMA proponeva una ricerca incentrata sul corpo, ora assistiamo a una focalizzazione specifica sul volto, essenza di un'anima che vuole esprimersi nella sua complessità mentre si dipana in vortici infiniti.
Le opere parlano da sole, con la loro bellezza e sapienza tecnica; tuttavia, una frase in particolare fa luce sull'intera mostra e sul suo enigmatico titolo:
"I volti, sono del corpo? A volte ne dubito. Sembrano avere vita indipendente, incontrarsi senza il peso del resto. Vengono direttamente dal demoniaco e dall'angelico, dal profondo e dall'alto; il resto è solo terrestre" (Guido Ceronetti, Il silenzio del corpo, Adelphi,1979, pag.51).
La vita indipendente dei volti si manifesta e trae compimento perfetto in ciascuna opera grafica. Qui nessuno è davvero riconoscibile eppure, nello stesso tempo, i volti ci appaiono nella loro completezza, come se il segno, vagando sulla superficie, trovasse la strada perfetta guidato da un'anima che sprofonda nei meandri dell'inconscio, della tragedia, del dramma dell'esistenza, a cui vuole dare significato con l'effimera ed enigmatica tragicità del bianco e nero: segno su segno, dentro nel segno, per ottenere neri profondi e bagliori di luce.
Galeotti è alla ricerca di qualcosa che illumini il suo tormentato percorso interiore, un lunghissimo percorso che parte con la realizzazione di oltre duecento disegni a china nel tentativo di copiare (o, meglio, di interpretare)
i dipinti di Michelangelo: sono essi il punto di partenza da cui prende forma questa mostra; un punto di partenza che lo ha portato a raffinare le tecniche e a delineare, infine, il linguaggio perfetto con cui esprimere il significato profondo delle opere. Oltre a Michelangelo, dialogando con Galeotti emerge il suo amore per l'artista Hans Bellmer: lo studia, lo legge, ma non lo imita, troppo intelligente per scadere nel conformismo!
Nel progettare meticolosamente (perfezionista com'è) l'insieme espositivo, alla fine è emersa un'esigenza espressiva ed estetica profonda. Galeotti è anche scultore, e qui si presenta pure sotto questa veste, in un certo senso sfidante e meravigliosa.
Sono due sculture in terracotta che si propongono come un richiamo ammirato alla Pietà Rondanini e a Medardo Rosso, con modellature e fratture provocate nella materia che le fanno sembrare incompiute. Entrambe le figure hanno il viso reclinato, sfuggente, intenzionalmente senza tratti significativi: una rivincita del corpo che, dandosi forma, riacquista la dimensione principale, occupando lo spazio in modo plastico.
Animula Vagula Blandula, ben visibile all'ingresso, è la sua scultura preferita e con questo nome delicato richiama la 'piccola anima vagabonda e soave' dell'Imperatore Adriano, composta al termine della vita: forse per questo l'opera fa pensare a un ritrovamento archeologico, legando il suo significato a un passato classico e al senso della caducità dell'esistenza.
Questi i temi principali che Galeotti propone attraverso disegni, chine su pellicola, incisioni, rami e sculture.
Una mostra complessa e densa di significati, frutto di una profonda cultura artistica e letteraria e, dopo la laurea in Architettura, di una formazione artistica costruita con la frequenza ai corsi della Fondazione internazionale di Grafica "Il Bisonte" di Firenze.
Una mostra che rende manifesti il suo talento e la sua preparazione, con una visione che preannuncia sviluppi futuri. Grazie a Giancarlo Galeotti per aver lasciato nella Galleria Spaziografico traccia del suoi occhi e del suo pensiero.
Salvo proroghe, la mostra rimane aperta fino al 6 gennaio 2026
20
dicembre 2025
Giancarlo Galeotti – Il volto non è del corpo
Dal 20 dicembre 2025 al 06 gennaio 2026
arte contemporanea
Location
Galleria Spaziografico
Massa Marittima, Vicolo Ciambellano, 7, (GR)
Massa Marittima, Vicolo Ciambellano, 7, (GR)
Orario di apertura
Tutti i giorni ore 16.30 - 19.00
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico
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