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Gianni Testa – Una vita nel colore
All’interno di questa esposizione verranno presentate le opere dell’ultima produzione dell’artista e in anteprima alcune tele ispirate alla Divina Commedia
Comunicato stampa
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Si inaugura il 15 aprile 2005 a “Palazzo margutta” di Roma, la mostra dell’artista romano Gianni Testa “Una vita nel colore”.
All’interno di questa esposizione verranno presentate le opere dell’ultima produzione dell’artista e in anteprima alcune tele ispirate alla Divina Commedia.
L’artista nato a Roma, cresciuto a fontana di Trevi, nel cuore della “Città eterna”, da bambino giocava cavalcando i cavalli marmorei del Bernini e, forse, furono proprio quelli che lo hanno ispirato per molti anni, rendendolo famoso per la forza e il vigore dei suoi cavalli.
Una mostra all’insegna dei ricordi: le piazze di Roma, i cavalli e quegli anni del liceo dove la Divina Commedia s’ imparava a memoria.
“Gianni Testa ha attraversato correnti, anni e esperienze varie e molteplici. Roma permette tutto questo, così gli ha elargito la fortuna di accompagnarsi a Ennio Calabria e di vedere Carlo Levi al lavoro, Fazzini che modella e De Chirico nella sua fissità metafisica, ma da tutti questi autori ha sempre provato ad allontanarsi per rappresentare una intuizione dell’esistenza fatta di sangue, di violenza, di temperamento, di potenza e di disperazione.
L’artista si è formato pittoricamente sui classici e lavorando da restauratore, un naturale approdo avrebbe potuto trovarlo nella nuova maniera italiana, invece il punto d’arrivo è tutt’altro, è un espressionismo furioso venato di simbolismo. E’ l’antirealismo.
C’è nella pittura di Testa una profonda inquietudine e la sensazione che il mondo sia sempre sull’orlo di un’apocalisse. Di fronte ad una sua opera pare di essere nel caos, di essere impossibilitati a sfuggire ad un involucro percosso da furie che ci affaticano. L’uomo alla ricerca di un luogo di tranquillità, di pace, di calma di vento.
E a darci una mano in questa interpretazione vengono i cicli pittorici attraversati.
Si comincia con il viaggio di Dante, un viaggio tra i dannati, tra creature spaventate, disperate e infelici. “La tempesta infernale che mai non resta”.
Un secondo ciclo è quello biblico Mosè è il conduttore di un popolo prigioniero e infelice. Come Dante anche lui cerca la luce, la terra promessa. Ma se Dante è un osservatore Mosè è un protagonista, è un condottiero. Mosé sembra incarnare nelle proprie pose la violenza di un Dio fustigatore e irato. Testa è insieme Mosè ma è anche Dante. E soprattutto è il fustigato, più vicino forse al Cristo crocifisso che incontriamo tra le stazioni di questo lungo percorso del pittore romano.
A questo ciclo potremmo aggiungerne un altro, quello della storia. E’ un momento di riflessione sul tempo e sugli eventi, Anita Garibaldi, l’attentato alle Torri gemelle, gli assalti alla maniera turca. Il soggetto anche qui è la tempesta, la furia che domina è il vento e gli individui sono condannati a subire gli elementi, il caos e il destino. Sono soli di fronte alla storia.
A tenere uniti i cicli c’è quello dei cavalli. I cavalli sono dappertutto, a rendere possente ed epica la pittura di Testa, a far si che la visionarietà dei suoi colori, l’inquietudine esistenziale che lo avvicina a De Chirico non sia statica, di attesa, di contemplazione, ma sia furente e appassionata. Il galoppo di cento eserciti, un terremoto, l’esplosione di un vulcano, in una parola l’apocalisse perpetua o quella che Giordano Bruno definisce per l’individuo l’eroico furore.
L’eroico furore è ottenuto da Testa attraverso la deflagrazione dei contorni delle figure così che uomini, animali, nature morte e panorami non sono mai definiti, sono sfuggenti.
Una pittura che non offre nulla all’analisi, che tende a celare, a far immaginare ma non a definire. Un espressionismo furioso e possente”. Raffaele Nigro
L’artista, se pur sempre presente con le sue opere nelle gallerie di Roma, è da molti anni che non si presenta al pubblico della sua città con una personale.
All’interno di questa esposizione verranno presentate le opere dell’ultima produzione dell’artista e in anteprima alcune tele ispirate alla Divina Commedia.
L’artista nato a Roma, cresciuto a fontana di Trevi, nel cuore della “Città eterna”, da bambino giocava cavalcando i cavalli marmorei del Bernini e, forse, furono proprio quelli che lo hanno ispirato per molti anni, rendendolo famoso per la forza e il vigore dei suoi cavalli.
Una mostra all’insegna dei ricordi: le piazze di Roma, i cavalli e quegli anni del liceo dove la Divina Commedia s’ imparava a memoria.
“Gianni Testa ha attraversato correnti, anni e esperienze varie e molteplici. Roma permette tutto questo, così gli ha elargito la fortuna di accompagnarsi a Ennio Calabria e di vedere Carlo Levi al lavoro, Fazzini che modella e De Chirico nella sua fissità metafisica, ma da tutti questi autori ha sempre provato ad allontanarsi per rappresentare una intuizione dell’esistenza fatta di sangue, di violenza, di temperamento, di potenza e di disperazione.
L’artista si è formato pittoricamente sui classici e lavorando da restauratore, un naturale approdo avrebbe potuto trovarlo nella nuova maniera italiana, invece il punto d’arrivo è tutt’altro, è un espressionismo furioso venato di simbolismo. E’ l’antirealismo.
C’è nella pittura di Testa una profonda inquietudine e la sensazione che il mondo sia sempre sull’orlo di un’apocalisse. Di fronte ad una sua opera pare di essere nel caos, di essere impossibilitati a sfuggire ad un involucro percosso da furie che ci affaticano. L’uomo alla ricerca di un luogo di tranquillità, di pace, di calma di vento.
E a darci una mano in questa interpretazione vengono i cicli pittorici attraversati.
Si comincia con il viaggio di Dante, un viaggio tra i dannati, tra creature spaventate, disperate e infelici. “La tempesta infernale che mai non resta”.
Un secondo ciclo è quello biblico Mosè è il conduttore di un popolo prigioniero e infelice. Come Dante anche lui cerca la luce, la terra promessa. Ma se Dante è un osservatore Mosè è un protagonista, è un condottiero. Mosé sembra incarnare nelle proprie pose la violenza di un Dio fustigatore e irato. Testa è insieme Mosè ma è anche Dante. E soprattutto è il fustigato, più vicino forse al Cristo crocifisso che incontriamo tra le stazioni di questo lungo percorso del pittore romano.
A questo ciclo potremmo aggiungerne un altro, quello della storia. E’ un momento di riflessione sul tempo e sugli eventi, Anita Garibaldi, l’attentato alle Torri gemelle, gli assalti alla maniera turca. Il soggetto anche qui è la tempesta, la furia che domina è il vento e gli individui sono condannati a subire gli elementi, il caos e il destino. Sono soli di fronte alla storia.
A tenere uniti i cicli c’è quello dei cavalli. I cavalli sono dappertutto, a rendere possente ed epica la pittura di Testa, a far si che la visionarietà dei suoi colori, l’inquietudine esistenziale che lo avvicina a De Chirico non sia statica, di attesa, di contemplazione, ma sia furente e appassionata. Il galoppo di cento eserciti, un terremoto, l’esplosione di un vulcano, in una parola l’apocalisse perpetua o quella che Giordano Bruno definisce per l’individuo l’eroico furore.
L’eroico furore è ottenuto da Testa attraverso la deflagrazione dei contorni delle figure così che uomini, animali, nature morte e panorami non sono mai definiti, sono sfuggenti.
Una pittura che non offre nulla all’analisi, che tende a celare, a far immaginare ma non a definire. Un espressionismo furioso e possente”. Raffaele Nigro
L’artista, se pur sempre presente con le sue opere nelle gallerie di Roma, è da molti anni che non si presenta al pubblico della sua città con una personale.
15
aprile 2005
Gianni Testa – Una vita nel colore
Dal 15 al 23 aprile 2005
arte contemporanea
Location
IL MONDO DELL’ARTE – PALAZZO MARGUTTA
Roma, Via Margutta, 55, (Roma)
Roma, Via Margutta, 55, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì alla domenica 10,30-13 e 16,30-20
Vernissage
15 Aprile 2005, ore 18-22
Autore




