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Giovanni Carta – Stanze
Protagoniste di questo incontro con il pubblico sono tele bianche e nere, tele che nella assolutezza del loro offrirsi innestano procedimenti di pensiero orientati in più direzioni.
Comunicato stampa
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STANZE
personale di Giovanni Carta a cura di Mariolina Cosseddu
in collaborazione con Sentieri Contemporanei
dal 18 ottobre al 2 novembre 2025
opening sabato 18 ottobre ore 18.00
orari mostra: dal venerdì alla domenica dalle 18.00 alle 21.00 gli altri giorni su appuntamento
galleria Bonaire Contemporanea
via Principe Umberto, 39 - Alghero
info.+39 3478953813 e-mail bonaire39@gmail.com
Nella raffinata grafica di Roberta Filippelli c’è la prima chiave di lettura della mostra di Giovanni Carta. Nel ritmo cadenzato delle sillabe articolate in tre nuclei apparentemente disgiunti si legge la scansione di altrettanti momenti su cui si costruisce l’allestimento delle ultime opere dell’artista. Tre stanze evocate da una T rovesciata che allude agli ambienti della Galleria Bonaire Contemporanea, spazio ideale per una messa in opera che ha il sapore di una profonda riflessione sugli esiti di una ricerca condotta da anni e approdata ora ad una soluzione radicale.
Protagoniste di questo incontro con il pubblico sono tele bianche e nere, tele che nella assolutezza del loro offrirsi innestano procedimenti di pensiero orientati in più direzioni. Da una parte agiscono le opere degli anni passati, i monocromi dove Giovanni Carta aveva sondato la dimensione materica e lirica del colore, ne aveva cercato la vertigine al di là dell’apparenza, lo aveva impegnato in un dialogo serrato con la luce, aveva offerto tutte le profondità delle sostanze naturali utilizzate e dello loro pienezza. Ma anche le infinite emozionalità dei toni e delle sue illusioni. Comprese le terre nere, preludio ai bianchi. Dall’altra le nuove tele manifestano un approfondimento senza remore delle superfici scure e candide di poco precedenti. Azzerate le evocazioni referenziali, annullati i confini tra piani diversi, negati i segni e le forme (se ne intravvedono occasionalmente flebili tracce), le ultime opere di Carta appaiono come il limite invalicabile oltre il quale non è più possibile procedere.
Quando dai neri approda, nel 2019, ai bianchi, la scelta è spiazzante: se con i neri aveva rinunciato alla evocazione poetica del colore, con le sovrapposizioni di bianchi stratificati annulla le tinte cromatiche sotterranee (da cui la composizione prende le mosse) giungendo a trasparenze ineffabili, a varietà di timbri rosati o cinerei, un processo che dalla terra conduce al cielo. Dal mondo della materia a quello dello spirito.
Ora, se il colore ha rappresentato, per Carta come per tutti i pittori, un’esperienza estetica che è anche esperienza esistenziale (i colori, da sempre, sono manifestazioni, simboliche o fenomenologiche, della vita) l’affermazione dei neri (oggi sempre più rafforzati) e dei bianchi (privati di risonanze e trasparenze liriche) non concede più nulla all’utopia dell’interpretazione artistica. L’unica certezza è nella contemplazione.
Ora che il suo registro cromatico si orienta in maniera esclusiva sui percorsi binari di nero e di bianco si capisce che non c’è possibilità di ritorno, che la strada intrapresa esclude ogni riposizionamento rispetto al passato, che nel duplice e inscindibile tragitto c’è una sottesa drammatica verità pittorica: solo nella sintesi estrema si può conoscere un reale oscuro e una condizione della coscienza. Bianco e nero diventano le modalità pittoriche con cui sondare gli abissi del colore nell’assolutezza della loro essenza. La sua opera appare l’equivalente del pensiero che scava nelle viscere delle cose: in ballo c’è ovviamente la riflessione sugli archetipi del pensiero che evocano dicotomie inscindibili di bene/male, vero/falso, essere/non essere. Eterne categorie dello stare al mondo.
La sfida è ancora la tecnica. Concepiti solitamente come dittici, questi lavori si presentano in due differenti modalità: ossidi di ferro e acrilici per i neri, gessi e acrilici per i bianchi. Un rapporto per indagare contrasti e affinità tra resa opaca del mondo e sue luminose apparenze. Non è un caso che un’opera mostri, ravvicinati eppure lontani, i termini di tutta la questione: un sole che cala e una luna che sorge. Interpretabili come ognuno crede queste due forme semicircolari indicano, oltre ogni evidenza, quell’eterno ciclo dell’esistenza che il silenzio oscuro dei neri e la luce intensa dei bianchi insistentemente mette in gioco.
Non c’è allora sequenza ordinata nel succedersi delle opere esposte, così come non c’è un ordine certo per prendere atto di un' ulteriore stanza, quella dove ci aspetta una grande tela grezza, appena inchiodata al suo telaio, ancora sfrangiata nei bordi, vuota e in attesa di interventi. Le fa pendant un camice da pittore appeso al muro, sospeso nella pausa della sua funzione, intriso di memoria di tanti momenti pittorici della storia dell’arte. Protagonista di innumerevoli studi d’artista, il camice è, con la tela, installazione artistica che materializza quegli atelier e dà concretezza visiva e tattile al rapporto vitale e conflittuale tra artefice e opera, tra il nulla della tela e la creatività del fare. Giovanni Carta ricrea così un momento di storia personale e collettiva e ci costringe a riflettere sulla sua attività che implica un’ossessione costante della pittura di ogni tempo.
Mariolina Cosseddu
personale di Giovanni Carta a cura di Mariolina Cosseddu
in collaborazione con Sentieri Contemporanei
dal 18 ottobre al 2 novembre 2025
opening sabato 18 ottobre ore 18.00
orari mostra: dal venerdì alla domenica dalle 18.00 alle 21.00 gli altri giorni su appuntamento
galleria Bonaire Contemporanea
via Principe Umberto, 39 - Alghero
info.+39 3478953813 e-mail bonaire39@gmail.com
Nella raffinata grafica di Roberta Filippelli c’è la prima chiave di lettura della mostra di Giovanni Carta. Nel ritmo cadenzato delle sillabe articolate in tre nuclei apparentemente disgiunti si legge la scansione di altrettanti momenti su cui si costruisce l’allestimento delle ultime opere dell’artista. Tre stanze evocate da una T rovesciata che allude agli ambienti della Galleria Bonaire Contemporanea, spazio ideale per una messa in opera che ha il sapore di una profonda riflessione sugli esiti di una ricerca condotta da anni e approdata ora ad una soluzione radicale.
Protagoniste di questo incontro con il pubblico sono tele bianche e nere, tele che nella assolutezza del loro offrirsi innestano procedimenti di pensiero orientati in più direzioni. Da una parte agiscono le opere degli anni passati, i monocromi dove Giovanni Carta aveva sondato la dimensione materica e lirica del colore, ne aveva cercato la vertigine al di là dell’apparenza, lo aveva impegnato in un dialogo serrato con la luce, aveva offerto tutte le profondità delle sostanze naturali utilizzate e dello loro pienezza. Ma anche le infinite emozionalità dei toni e delle sue illusioni. Comprese le terre nere, preludio ai bianchi. Dall’altra le nuove tele manifestano un approfondimento senza remore delle superfici scure e candide di poco precedenti. Azzerate le evocazioni referenziali, annullati i confini tra piani diversi, negati i segni e le forme (se ne intravvedono occasionalmente flebili tracce), le ultime opere di Carta appaiono come il limite invalicabile oltre il quale non è più possibile procedere.
Quando dai neri approda, nel 2019, ai bianchi, la scelta è spiazzante: se con i neri aveva rinunciato alla evocazione poetica del colore, con le sovrapposizioni di bianchi stratificati annulla le tinte cromatiche sotterranee (da cui la composizione prende le mosse) giungendo a trasparenze ineffabili, a varietà di timbri rosati o cinerei, un processo che dalla terra conduce al cielo. Dal mondo della materia a quello dello spirito.
Ora, se il colore ha rappresentato, per Carta come per tutti i pittori, un’esperienza estetica che è anche esperienza esistenziale (i colori, da sempre, sono manifestazioni, simboliche o fenomenologiche, della vita) l’affermazione dei neri (oggi sempre più rafforzati) e dei bianchi (privati di risonanze e trasparenze liriche) non concede più nulla all’utopia dell’interpretazione artistica. L’unica certezza è nella contemplazione.
Ora che il suo registro cromatico si orienta in maniera esclusiva sui percorsi binari di nero e di bianco si capisce che non c’è possibilità di ritorno, che la strada intrapresa esclude ogni riposizionamento rispetto al passato, che nel duplice e inscindibile tragitto c’è una sottesa drammatica verità pittorica: solo nella sintesi estrema si può conoscere un reale oscuro e una condizione della coscienza. Bianco e nero diventano le modalità pittoriche con cui sondare gli abissi del colore nell’assolutezza della loro essenza. La sua opera appare l’equivalente del pensiero che scava nelle viscere delle cose: in ballo c’è ovviamente la riflessione sugli archetipi del pensiero che evocano dicotomie inscindibili di bene/male, vero/falso, essere/non essere. Eterne categorie dello stare al mondo.
La sfida è ancora la tecnica. Concepiti solitamente come dittici, questi lavori si presentano in due differenti modalità: ossidi di ferro e acrilici per i neri, gessi e acrilici per i bianchi. Un rapporto per indagare contrasti e affinità tra resa opaca del mondo e sue luminose apparenze. Non è un caso che un’opera mostri, ravvicinati eppure lontani, i termini di tutta la questione: un sole che cala e una luna che sorge. Interpretabili come ognuno crede queste due forme semicircolari indicano, oltre ogni evidenza, quell’eterno ciclo dell’esistenza che il silenzio oscuro dei neri e la luce intensa dei bianchi insistentemente mette in gioco.
Non c’è allora sequenza ordinata nel succedersi delle opere esposte, così come non c’è un ordine certo per prendere atto di un' ulteriore stanza, quella dove ci aspetta una grande tela grezza, appena inchiodata al suo telaio, ancora sfrangiata nei bordi, vuota e in attesa di interventi. Le fa pendant un camice da pittore appeso al muro, sospeso nella pausa della sua funzione, intriso di memoria di tanti momenti pittorici della storia dell’arte. Protagonista di innumerevoli studi d’artista, il camice è, con la tela, installazione artistica che materializza quegli atelier e dà concretezza visiva e tattile al rapporto vitale e conflittuale tra artefice e opera, tra il nulla della tela e la creatività del fare. Giovanni Carta ricrea così un momento di storia personale e collettiva e ci costringe a riflettere sulla sua attività che implica un’ossessione costante della pittura di ogni tempo.
Mariolina Cosseddu
18
ottobre 2025
Giovanni Carta – Stanze
Dal 18 ottobre al 02 novembre 2025
arte contemporanea
Location
BONAIRE CONTEMPORANEA
Alghero, Via Principe Umberto, 39, (Sassari)
Alghero, Via Principe Umberto, 39, (Sassari)
Orario di apertura
da venerdì a domenica ore 18 - 21
Vernissage
18 Ottobre 2025, ore 18
Autore
Curatore
Autore testo critico
Allestimento
PatriciaEckert




