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Incroci
giovani fotografi a Scandicci
Comunicato stampa
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Cammini per strada e ti guardi intorno. Alzi e abbassi lo sguardo, e davanti ai tuoi occhi scorrono migliaia di immagini possibili. La realtà è difficile da cogliere. Tutto, anche le cose ferme, è in continua mutazione. La Fondazione Studio Marangoni propone agli studenti che frequentano il secondo anno del corso triennale un workshop sulla città: una ricerca su un territorio – una città, un comune, un quartiere – è stato esplorato e descritto fotograficamente.
Scelta la zona, è stata effettuata la perlustrazione. La fotografia è un altro, la mediazione scelta per un esperimento di descrizione. L’obiettivo è qui un esercizio di traduzione: dalla realtà all’immagine di essa. Il risultato è uno specchio dell’immagine pubblica del luogo.
Il workshop dello Studio Marangoni infatti, non è soltanto uno dei compiti tematici che si affrontano nel corso di studio, ma è da qualche anno anche un’esperienza di cooperazione fra lo Studio e i referenti pubblici, come gli Assessorati alla Cultura o all’Urbanistica dei comuni interessati alla mappatura fotografica.
Il lavoro elaborato dagli studenti non rimane fine a se stesso. Viene realizzata una mostra e in alcuni casi le istituzioni acquisiscono delle immagini che entrano a fare parte degli archivi della città, e diventano così a tutti gli effetti memoria visiva custodita.
Agli studenti è chiesto di costruire un’immagine che colga aspetti significativi della città, come le trasformazioni urbanistiche che interessano oramai larga parte del tessuto organico delle città odierne, la vita dei quartieri e la loro brulicante attività.
Il territorio non esiste in natura, è una costruzione culturale, una stratificazione di pratiche, di abitudini che lo plasmano.
La fotografia è il medium più adatto al tentativo di compiere questo tipo di descrizione e di traduzione.
Per suo statuto di impronta e verosimiglianza, la fotografia è in grado di testimoniare lo spazio in crescita, le aree abbandonate, i lavori in corso, i luoghi vissuti, le persone che lo popolano. La città (qui, le istituzioni, la committenza) cerca nella fotografia (degli studenti, in questa occasione) la traccia dell’appartenenza a se stessa, cioè quella capacità di fare risuonare la propria ‘forma interiore’, l’idea del suo carattere nella forma dell’immagine. Quando questo accade, lo stretto accordo fra i diversi elementi fa registrare l’esperienza riuscita della trascrizione, cioè lo spostamento dai luoghi reali all’immagine di essi.
In questa occasione lo sguardo degli autori concentrato nella rappresentazione di Scandicci privilegia la testimonianza architettonica e il ritratto, entrambi prevalentemente in bianco e nero.
Giuseppe De Grazia segue tralicci e linee elettriche, apre un varco nelle recinzioni delle aree industriali; Antonella Piga inquadra spazi luminosi e abbandonati, colti nel momento di assenza umana e come in attesa del suo ritorno; Silvia Noferi è testimone di moderne piazze metafisiche e di resti nei campi; Shi Yun Lee costruisce classiche proporzioni fatte di muri grigi, di sole e di nere ombre geometriche e naturali; Alessio Bellagamba si incammina appena fuori del paesaggio urbano, che vede filtrato attraverso gli steli verdi e secchi di un campo; Margherita Stacchi rende la luce e la geometria di luoghi di cultura; Simone Brunetti inquadra dal fiume marrone e da campi verdi la città vecchia un po’ autunnale; Cosimo Delli Carri cerca dettagli industriali sotto un ponte in cemento; Chiara Fossati trova sedie e case su due ruote abbandonate nei campi intorno alla città; Paolo Cagnacci visita le bancarelle di un frequentato mercato del sabato e le fabbriche, luoghi di scambio e di produzione; Eleonora Accorsi partecipa al dialogo senile sulle panchine del parco dove gli anziani trascorrono pomeriggi assolati; Veronica Siciliati riesce a far sorridere gli utenti del centro giovani, realizzando ritratti omogenei per forma, ma diversi per sembianza e identità.
Daria Filardo
Scelta la zona, è stata effettuata la perlustrazione. La fotografia è un altro, la mediazione scelta per un esperimento di descrizione. L’obiettivo è qui un esercizio di traduzione: dalla realtà all’immagine di essa. Il risultato è uno specchio dell’immagine pubblica del luogo.
Il workshop dello Studio Marangoni infatti, non è soltanto uno dei compiti tematici che si affrontano nel corso di studio, ma è da qualche anno anche un’esperienza di cooperazione fra lo Studio e i referenti pubblici, come gli Assessorati alla Cultura o all’Urbanistica dei comuni interessati alla mappatura fotografica.
Il lavoro elaborato dagli studenti non rimane fine a se stesso. Viene realizzata una mostra e in alcuni casi le istituzioni acquisiscono delle immagini che entrano a fare parte degli archivi della città, e diventano così a tutti gli effetti memoria visiva custodita.
Agli studenti è chiesto di costruire un’immagine che colga aspetti significativi della città, come le trasformazioni urbanistiche che interessano oramai larga parte del tessuto organico delle città odierne, la vita dei quartieri e la loro brulicante attività.
Il territorio non esiste in natura, è una costruzione culturale, una stratificazione di pratiche, di abitudini che lo plasmano.
La fotografia è il medium più adatto al tentativo di compiere questo tipo di descrizione e di traduzione.
Per suo statuto di impronta e verosimiglianza, la fotografia è in grado di testimoniare lo spazio in crescita, le aree abbandonate, i lavori in corso, i luoghi vissuti, le persone che lo popolano. La città (qui, le istituzioni, la committenza) cerca nella fotografia (degli studenti, in questa occasione) la traccia dell’appartenenza a se stessa, cioè quella capacità di fare risuonare la propria ‘forma interiore’, l’idea del suo carattere nella forma dell’immagine. Quando questo accade, lo stretto accordo fra i diversi elementi fa registrare l’esperienza riuscita della trascrizione, cioè lo spostamento dai luoghi reali all’immagine di essi.
In questa occasione lo sguardo degli autori concentrato nella rappresentazione di Scandicci privilegia la testimonianza architettonica e il ritratto, entrambi prevalentemente in bianco e nero.
Giuseppe De Grazia segue tralicci e linee elettriche, apre un varco nelle recinzioni delle aree industriali; Antonella Piga inquadra spazi luminosi e abbandonati, colti nel momento di assenza umana e come in attesa del suo ritorno; Silvia Noferi è testimone di moderne piazze metafisiche e di resti nei campi; Shi Yun Lee costruisce classiche proporzioni fatte di muri grigi, di sole e di nere ombre geometriche e naturali; Alessio Bellagamba si incammina appena fuori del paesaggio urbano, che vede filtrato attraverso gli steli verdi e secchi di un campo; Margherita Stacchi rende la luce e la geometria di luoghi di cultura; Simone Brunetti inquadra dal fiume marrone e da campi verdi la città vecchia un po’ autunnale; Cosimo Delli Carri cerca dettagli industriali sotto un ponte in cemento; Chiara Fossati trova sedie e case su due ruote abbandonate nei campi intorno alla città; Paolo Cagnacci visita le bancarelle di un frequentato mercato del sabato e le fabbriche, luoghi di scambio e di produzione; Eleonora Accorsi partecipa al dialogo senile sulle panchine del parco dove gli anziani trascorrono pomeriggi assolati; Veronica Siciliati riesce a far sorridere gli utenti del centro giovani, realizzando ritratti omogenei per forma, ma diversi per sembianza e identità.
Daria Filardo
22
ottobre 2005
Incroci
Dal 22 ottobre al 22 novembre 2005
fotografia
Location
GINGERZONE FREE
Scandicci, Piazza Palmiro Togliatti, 1, (Firenze)
Scandicci, Piazza Palmiro Togliatti, 1, (Firenze)
Vernissage
22 Ottobre 2005, ore 17




