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Jesus Benavente – Ecce Hombre, Chapter 4 e Chapter 5
Reception Rome è lieta di presentare gli ultimi due capitoli della mostra Ecce Hombre di Jesus Benavente. Si tratta di due eventi performativi simultanei all’interno di uno scenario festivo e immersivo che invitano al coinvolgimento e alla partecipazione diretta del pubblico.
Comunicato stampa
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Reception Rome è lieta di presentare gli ultimi due capitoli della mostra Ecce Hombre di Jesus Benavente articolata in cinque capitoli da settembre a dicembre 2025. Il quinto capitolo di Ecce Hombre è l’ultima evoluzione della serie in corso di performance e installazioni di Jesus Benavente, conosciuta informalmente come la “festa triste”. In quest’opera, Benavente trasforma la galleria in un scenario festivo pienamente allestito ma sottilmente alterato: uno spazio che si completa solo attraverso la partecipazione del pubblico e la cui atmosfera oscilla tra celebrazione, vulnerabilità e inquietudine. Ciò che inizialmente appare come un contesto sociale immersivo rivela gradualmente la sua natura di riflessione attentamente costruita su spettacolo, complicità e sul peso psicologico del potere statale.
Al centro dell’installazione c’è una premessa semplice ma carica di significato: una festa che potrebbe avere luogo oppure no. Benavente abbraccia la possibilità del fallimento, può darsi che gli invitati non si presentino, o che, se lo fanno, non sappiano come prendere parte alla festa. L’opera riconosce questa incertezza di fondo come parte della sua struttura concettuale. Luci, musica, bevande e proiezioni video sono tutti presenti, ma nel contesto istituzionale della galleria assumono un registro più contemplativo. Invece di invitare all’abbandono, l’installazione rallenta lo spettatore, spingendolo a interrogarsi su come il divertimento e il pericolo possano coesistere negli stessi segnali visivi e sonori.
Questa tensione è particolarmente percepibile nella componente video dell’opera. Per anni, Benavente ha collezionato clip da pagine di fan online dedicate agli effetti luminosi delle auto della polizia: una sottocultura poco conosciuta di appassionati che filmano, catalogano e celebrano ossessivamente le sirene e i pattern lampeggianti impiegati dai dipartimenti di polizia negli Stati Uniti. Questi archivi di immagini rivelano che tali effetti di luci e suoni sono spesso personalizzati più che standardizzati, influenzati da preferenze locali, scelte dipartimentali o persino dai capricci di singoli agenti di polizia.
Benavente sincronizza queste sirene e luci lampeggianti con una playlist musicale continua, intrecciandole nella struttura ritmica affinché funzionino come accenti all’interno della colonna sonora. Proiettati su larga scala sulle pareti della galleria, i video sono sovrapposti a un testo pulsante: frasi come “Hands in the Air” e “Get Up, Get Down”, che oscillano tra esortazione motivazionale e comando coercitivo. La loro ambiguità è deliberata. Nel contesto della performance creata da Benavente, questi imperativi appartengono al vocabolario della vita notturna; in quello originario, segnalano la minaccia della violenza di stato. L’installazione di Benavente costringe gli spettatori a muoversi in un territorio linguistico ed emotivo instabile.
La “festa triste” diventa così una metafora per un clima più ampio di sorveglianza, paura e precarietà strutturale, condizioni intensificatesi dopo l’omicidio di George Floyd, le proteste nazionali di Black Lives Matter e la crescente presenza delle retate dell’ICE negli Stati Uniti. Il lavoro di Benavente affronta l’estetica dell’autorità non come simbolismo astratto, ma come realtà vissuta e razzializzata che determina come i corpi si muovono, si radunano, si divertono o si ritirano. La sovrabbondanza sonora e visiva dell’installazione rispecchia la dissonanza psicologica del tentativo di vivere la gioia sotto la pressione di sistemi progettati per intimidire o controllare.
Attraverso le sue molteplici iterazioni, Benavente ha intitolato questo progetto in evoluzione I Am Not Dancing, I’m Struggling to Survive, una riformulazione che annulla la distanza tra celebrazione e disperazione. Per Ecce Hombre, questa iterazione diventa Chapter 5: Why I Am Not Dancing, I’m Struggling to Survive, situandosi nella più ampia narrazione della mostra sulla resilienza, la vulnerabilità e gli spazi fragili in cui umorismo, fede e sopravvivenza si intersecano.
Eppure, nonostante tutta la sua tensione, la “festa triste” è anche a tutti gli effetti una festa pensata per essere piacevole, comunitaria e vivace. In questo capitolo, Benavente interpreta il ruolo di un “sonidero”, attingendo a una tradizione messicana e messicano-americana in cui il DJ non è semplicemente un selezionatore musicale ma un narratore energetico, un amplificatore di entusiasmo e un tramite culturale. Come i “sonideros” del quartiere di Tepito e di San Antonio, Benavente anima lo spazio attraverso musica, dediche e giochi ritmici, trasformando l’installazione in un evento sociale plasmato dalla presenza collettiva.
Ciò che inizia come una festa diventa un luogo di riflessione critica e ciò che nasce dalla critica ritorna alla celebrazione. La “festa triste” di Benavente rivela come gli strumenti della festa e quelli dell’applicazione della legge possano occupare lo stesso campo sensoriale, e come per sopravvivere si debba spesso navigare entrambi contemporaneamente.
Nella stessa serata, come evento unico di una notte, Benavente presenterà Chapter 4: Why I Cannot Be Restored to Former Glory. In esso verrà proposta il suo stand di mercato appena fuori dalla galleria. Abbracciando l’atmosfera e l’etica di un mercato delle pulci, Benavente propone una serie di oggetti realizzati dall’artista stesso: T-shirt stampate a mano, dipinti originali, adesivi economici e coperte e tazze prodotte in fabbrica con immagini originali. Presentando questi oggetti sia come opere d’arte sia come merci, l’artista sovverte giocosamente le gerarchie che solitamente separano gli oggetti d’arte “seri” dai souvenir o da oggetti effimeri di strada. Il gesto si prende gioco dei rituali di consumo legati alle mostre d’arte commerciali, riconoscendo al contempo le economie quotidiane che modellano la vita culturale.
Più che un mercato, l’installazione diventa un incontro sociale. Qui, il momento transazionale stesso diventa parte della performance, un mezzo per coinvolgere il pubblico in un’economia condivisa e immediata della presenza. In coppia con Chapter 5, Chapter 4 conclude Ecce Hombre con un evento fondato sulla partecipazione, la generosità e lo scambio comunitario.
Jesus Benavente ha conseguito un MFA presso la Rutgers University e ha frequentato la Skowhegan School of Painting and Sculpture. Nel 2022 è stato artista in residenza alla Chinati Foundation di Marfa, Texas. Le sue mostre recenti includono il Whitney Museum, New York, NY; il Queens Museum, Queens, NY; LTD Los Angeles, Los Angeles, CA; Performa 13, New York, NY; Acre Projects, Chicago, IL; il Neuberger Museum of Art, NY; lo Shin Museum of Art, Corea del Sud; Vox Populi, Philadelphia, PA; il Socrates Sculpture Park, NY; e l’Austin Museum of Art, TX. Nato a San Antonio, Texas, Jesus Benavente vive e lavora a Brooklyn, NY.
Al centro dell’installazione c’è una premessa semplice ma carica di significato: una festa che potrebbe avere luogo oppure no. Benavente abbraccia la possibilità del fallimento, può darsi che gli invitati non si presentino, o che, se lo fanno, non sappiano come prendere parte alla festa. L’opera riconosce questa incertezza di fondo come parte della sua struttura concettuale. Luci, musica, bevande e proiezioni video sono tutti presenti, ma nel contesto istituzionale della galleria assumono un registro più contemplativo. Invece di invitare all’abbandono, l’installazione rallenta lo spettatore, spingendolo a interrogarsi su come il divertimento e il pericolo possano coesistere negli stessi segnali visivi e sonori.
Questa tensione è particolarmente percepibile nella componente video dell’opera. Per anni, Benavente ha collezionato clip da pagine di fan online dedicate agli effetti luminosi delle auto della polizia: una sottocultura poco conosciuta di appassionati che filmano, catalogano e celebrano ossessivamente le sirene e i pattern lampeggianti impiegati dai dipartimenti di polizia negli Stati Uniti. Questi archivi di immagini rivelano che tali effetti di luci e suoni sono spesso personalizzati più che standardizzati, influenzati da preferenze locali, scelte dipartimentali o persino dai capricci di singoli agenti di polizia.
Benavente sincronizza queste sirene e luci lampeggianti con una playlist musicale continua, intrecciandole nella struttura ritmica affinché funzionino come accenti all’interno della colonna sonora. Proiettati su larga scala sulle pareti della galleria, i video sono sovrapposti a un testo pulsante: frasi come “Hands in the Air” e “Get Up, Get Down”, che oscillano tra esortazione motivazionale e comando coercitivo. La loro ambiguità è deliberata. Nel contesto della performance creata da Benavente, questi imperativi appartengono al vocabolario della vita notturna; in quello originario, segnalano la minaccia della violenza di stato. L’installazione di Benavente costringe gli spettatori a muoversi in un territorio linguistico ed emotivo instabile.
La “festa triste” diventa così una metafora per un clima più ampio di sorveglianza, paura e precarietà strutturale, condizioni intensificatesi dopo l’omicidio di George Floyd, le proteste nazionali di Black Lives Matter e la crescente presenza delle retate dell’ICE negli Stati Uniti. Il lavoro di Benavente affronta l’estetica dell’autorità non come simbolismo astratto, ma come realtà vissuta e razzializzata che determina come i corpi si muovono, si radunano, si divertono o si ritirano. La sovrabbondanza sonora e visiva dell’installazione rispecchia la dissonanza psicologica del tentativo di vivere la gioia sotto la pressione di sistemi progettati per intimidire o controllare.
Attraverso le sue molteplici iterazioni, Benavente ha intitolato questo progetto in evoluzione I Am Not Dancing, I’m Struggling to Survive, una riformulazione che annulla la distanza tra celebrazione e disperazione. Per Ecce Hombre, questa iterazione diventa Chapter 5: Why I Am Not Dancing, I’m Struggling to Survive, situandosi nella più ampia narrazione della mostra sulla resilienza, la vulnerabilità e gli spazi fragili in cui umorismo, fede e sopravvivenza si intersecano.
Eppure, nonostante tutta la sua tensione, la “festa triste” è anche a tutti gli effetti una festa pensata per essere piacevole, comunitaria e vivace. In questo capitolo, Benavente interpreta il ruolo di un “sonidero”, attingendo a una tradizione messicana e messicano-americana in cui il DJ non è semplicemente un selezionatore musicale ma un narratore energetico, un amplificatore di entusiasmo e un tramite culturale. Come i “sonideros” del quartiere di Tepito e di San Antonio, Benavente anima lo spazio attraverso musica, dediche e giochi ritmici, trasformando l’installazione in un evento sociale plasmato dalla presenza collettiva.
Ciò che inizia come una festa diventa un luogo di riflessione critica e ciò che nasce dalla critica ritorna alla celebrazione. La “festa triste” di Benavente rivela come gli strumenti della festa e quelli dell’applicazione della legge possano occupare lo stesso campo sensoriale, e come per sopravvivere si debba spesso navigare entrambi contemporaneamente.
Nella stessa serata, come evento unico di una notte, Benavente presenterà Chapter 4: Why I Cannot Be Restored to Former Glory. In esso verrà proposta il suo stand di mercato appena fuori dalla galleria. Abbracciando l’atmosfera e l’etica di un mercato delle pulci, Benavente propone una serie di oggetti realizzati dall’artista stesso: T-shirt stampate a mano, dipinti originali, adesivi economici e coperte e tazze prodotte in fabbrica con immagini originali. Presentando questi oggetti sia come opere d’arte sia come merci, l’artista sovverte giocosamente le gerarchie che solitamente separano gli oggetti d’arte “seri” dai souvenir o da oggetti effimeri di strada. Il gesto si prende gioco dei rituali di consumo legati alle mostre d’arte commerciali, riconoscendo al contempo le economie quotidiane che modellano la vita culturale.
Più che un mercato, l’installazione diventa un incontro sociale. Qui, il momento transazionale stesso diventa parte della performance, un mezzo per coinvolgere il pubblico in un’economia condivisa e immediata della presenza. In coppia con Chapter 5, Chapter 4 conclude Ecce Hombre con un evento fondato sulla partecipazione, la generosità e lo scambio comunitario.
Jesus Benavente ha conseguito un MFA presso la Rutgers University e ha frequentato la Skowhegan School of Painting and Sculpture. Nel 2022 è stato artista in residenza alla Chinati Foundation di Marfa, Texas. Le sue mostre recenti includono il Whitney Museum, New York, NY; il Queens Museum, Queens, NY; LTD Los Angeles, Los Angeles, CA; Performa 13, New York, NY; Acre Projects, Chicago, IL; il Neuberger Museum of Art, NY; lo Shin Museum of Art, Corea del Sud; Vox Populi, Philadelphia, PA; il Socrates Sculpture Park, NY; e l’Austin Museum of Art, TX. Nato a San Antonio, Texas, Jesus Benavente vive e lavora a Brooklyn, NY.
12
dicembre 2025
Jesus Benavente – Ecce Hombre, Chapter 4 e Chapter 5
Dal 12 al 19 dicembre 2025
arte contemporanea
Location
Reception Rome
Roma, Via Cosseria, 3, (RM)
Roma, Via Cosseria, 3, (RM)
Orario di apertura
da martedì a sabato su appuntamento
Vernissage
12 Dicembre 2025, 18:00-22:00
Sito web
Autore




