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La Madonna nell’arte. Dipinti e sculture, secoli XIII – XVIII
La mostra propone alcune opere rappresentative di questi secoli. La più antica è una scultura lignea di Scuola francese del XIII secolo raffigurante una Madonna con Bambino che ancora conserva l’originaria policromia.
Comunicato stampa
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A partire dal III secolo d.c. sino ai giorni nostri, quello della Vergine Maria è uno dei temi iconografici più ricorrenti nell’arte cristiana.
Nelle catacombe, nei mosaici bizantini, nelle statue lignee medievali, nei timpani delle chiese, nelle icone russe, sono frequentissime le rappresentazioni della Madonna in diverse varianti: in piedi, seduta, con il Bambino Gesù, orante, in Maestà sul trono.
Fino ai secoli XIII e XIV la figura è ieratica, idonea ad esprimere l’assolutezza trascendente del sacro. La fissità dello sguardo nasconde l’espressione dei sentimenti.
Gli artisti toscani del Duecento e del Trecento apportano profonde innovazioni nell’iconografia sacra, creando una Madonna più “umana”. Il volto diventa meno duro e più espressivo, i panneggi delle vesti più morbidi, più reali.
La mostra propone alcune opere rappresentative di questi secoli. La più antica è una scultura lignea di Scuola francese del XIII secolo raffigurante una Madonna con Bambino che ancora conserva l’originaria policromia. Altre opere significative sono: una tavola romana del Trecento rifacentesi a modelli arcaici, con lo stesso soggetto; una tavola di autore veneto-cretese del Quattrocento, impreziosita dal fondo oro e una Madonna Advocata di artista dell’ambito di Antoniazzo Romano.
Dal Rinascimento in avanti la Madonna è soprattutto una madre con il suo bambino. L’immagine della maternità rende più umano il mistero dell’incarnazione di Dio e lo avvicina alla sensibilità collettiva. La Vergine è spesso dedita ad attività quotidiane, quali, ad esempio, l’allattamento, il gioco e le tenerezze con il figlio, ma resta comunque un modello idealizzato di figura femminile.
Si veda ad esempio la monumentale pala con la Madonna con bambino tra San Giovanni Battista e Santo Stefano di Scuola fiorentina del Cinquecento, dove la Vergine trattiene il piccolo Gesù con gesto affettuoso e tenero sguardo materno, oppure la grande tavola toscana della stessa epoca raffigurante la Madonna con il Bambino e angeli.
Nell’età della Controriforma gli artisti devono adeguarsi alle norme del Concilio di Trento, conclusosi nel 1563. La Chiesa pone una sorta di controllo sulla creazione artistica e diventa intollerante verso alcune libertà in vigore nelle precedenti epoche. Le immagini inneggianti alla gioia e alla felicità vengono gradualmente sostituite da rappresentazioni del pentimento; la visione religiosa dominante è basata sul dolore e sul sacrificio, i colori tendono a scurirsi e l’atmosfera s’incupisce.
Queste sono ovviamente indicazioni di massima, se l’Italia centrale è la zona più condizionata dalle imposizioni della Chiesa romana, altre regioni sono solo sfiorate da questi precetti.
In mostra si possono ammirare diverse opere di fine Cinquecento, inizio Seicento; alcune rispecchiano un clima piuttosto rigoroso, altre invece rivelano maggior libertà.
Il Seicento è forse il secolo più complesso perché vede l’intrecciarsi di tre diversi percorsi: Classicismo, Realismo e Barocco.
I primi due si contrappongono nettamente; l’artista classicista tende ad “aggiustare” la realtà secondo le regole di compostezza, misura, decoro, equilibrio, ordine, armonia, mentre l’artista seguace del realismo (di derivazione caravaggesca) riporta il vero tale e quale lo vede. Di conseguenza, anche la rappresentazione della sacra figura della Vergine assume, di volta in volta, caratteristiche differenti, più controllata e idealizzata, o più naturale.
Il bel dipinto di Scuola Veneta raffigurante la Madonna con il Bambino dormiente ricorda, nel paesaggio sullo sfondo, le straordinarie aperture di vasto respiro introdotte da Giovanni Bellini. La Vergine, devotamente in preghiera, sorveglia il figlio e un religioso silenzio sembra avvolgere l’intera composizione di matrice classica.
Anche il bergamasco Carlo Ceresa nella sua Natività segue un’impostazione classica, ma alcuni particolari rendono il dipinto più vicino ai canoni del realismo e più libero nella composizione. La Vergine Maria, in preghiera, ha le guance arrossate, il volto di San Felice presenta le rughe della vecchiaia ed il pastore è anticonvenzionalmente ritratto di schiena.
Libertà compositiva ed ariosità caratterizzano l’Adorazione dei pastori di Jacopo Palma Il Giovane, dove una Madonna dai lineamenti delicatissimi adagia dolcemente il Bambin Gesù nel giaciglio preparato da San Giuseppe.
Di esuberanza tipicamente barocca è invece il dipinto di autore fiammingo, su tavola, raffigurante la Madonna con il Bambino, San Giuseppe e San Giovannino. Il virtuosismo dell’arte manierista è qui smorzato dal realismo dell’arte nordica.
Nel Settecento, la Chiesa e la religione cominciano ad non avere più quel peso sulla vita e sul pensiero che ebbero nell’epoca precedente. Il secolo “dei lumi” è infatti molto più laico e questa nuova visione del mondo e della spiritualità si riflette anche in campo artistico. La Madonna è ora più “mondana”, più aristocratica, i colori si schiariscono e si vivacizzano. Nelle vesti, i toni pastello quali il rosa e il celeste si sostituiscono ai rossi e ai blu.
I due dipinti raffiguranti Madonna con Bambino attribuiti a due artisti veneti nell’ambito di Giambettino Cignaroli ben rappresentano queste novità settecentesche. La Vergine perde l’aureola, le vesti si arricchiscono di morbidi panneggi, le acconciature sono più complesse e particolari.
Nelle catacombe, nei mosaici bizantini, nelle statue lignee medievali, nei timpani delle chiese, nelle icone russe, sono frequentissime le rappresentazioni della Madonna in diverse varianti: in piedi, seduta, con il Bambino Gesù, orante, in Maestà sul trono.
Fino ai secoli XIII e XIV la figura è ieratica, idonea ad esprimere l’assolutezza trascendente del sacro. La fissità dello sguardo nasconde l’espressione dei sentimenti.
Gli artisti toscani del Duecento e del Trecento apportano profonde innovazioni nell’iconografia sacra, creando una Madonna più “umana”. Il volto diventa meno duro e più espressivo, i panneggi delle vesti più morbidi, più reali.
La mostra propone alcune opere rappresentative di questi secoli. La più antica è una scultura lignea di Scuola francese del XIII secolo raffigurante una Madonna con Bambino che ancora conserva l’originaria policromia. Altre opere significative sono: una tavola romana del Trecento rifacentesi a modelli arcaici, con lo stesso soggetto; una tavola di autore veneto-cretese del Quattrocento, impreziosita dal fondo oro e una Madonna Advocata di artista dell’ambito di Antoniazzo Romano.
Dal Rinascimento in avanti la Madonna è soprattutto una madre con il suo bambino. L’immagine della maternità rende più umano il mistero dell’incarnazione di Dio e lo avvicina alla sensibilità collettiva. La Vergine è spesso dedita ad attività quotidiane, quali, ad esempio, l’allattamento, il gioco e le tenerezze con il figlio, ma resta comunque un modello idealizzato di figura femminile.
Si veda ad esempio la monumentale pala con la Madonna con bambino tra San Giovanni Battista e Santo Stefano di Scuola fiorentina del Cinquecento, dove la Vergine trattiene il piccolo Gesù con gesto affettuoso e tenero sguardo materno, oppure la grande tavola toscana della stessa epoca raffigurante la Madonna con il Bambino e angeli.
Nell’età della Controriforma gli artisti devono adeguarsi alle norme del Concilio di Trento, conclusosi nel 1563. La Chiesa pone una sorta di controllo sulla creazione artistica e diventa intollerante verso alcune libertà in vigore nelle precedenti epoche. Le immagini inneggianti alla gioia e alla felicità vengono gradualmente sostituite da rappresentazioni del pentimento; la visione religiosa dominante è basata sul dolore e sul sacrificio, i colori tendono a scurirsi e l’atmosfera s’incupisce.
Queste sono ovviamente indicazioni di massima, se l’Italia centrale è la zona più condizionata dalle imposizioni della Chiesa romana, altre regioni sono solo sfiorate da questi precetti.
In mostra si possono ammirare diverse opere di fine Cinquecento, inizio Seicento; alcune rispecchiano un clima piuttosto rigoroso, altre invece rivelano maggior libertà.
Il Seicento è forse il secolo più complesso perché vede l’intrecciarsi di tre diversi percorsi: Classicismo, Realismo e Barocco.
I primi due si contrappongono nettamente; l’artista classicista tende ad “aggiustare” la realtà secondo le regole di compostezza, misura, decoro, equilibrio, ordine, armonia, mentre l’artista seguace del realismo (di derivazione caravaggesca) riporta il vero tale e quale lo vede. Di conseguenza, anche la rappresentazione della sacra figura della Vergine assume, di volta in volta, caratteristiche differenti, più controllata e idealizzata, o più naturale.
Il bel dipinto di Scuola Veneta raffigurante la Madonna con il Bambino dormiente ricorda, nel paesaggio sullo sfondo, le straordinarie aperture di vasto respiro introdotte da Giovanni Bellini. La Vergine, devotamente in preghiera, sorveglia il figlio e un religioso silenzio sembra avvolgere l’intera composizione di matrice classica.
Anche il bergamasco Carlo Ceresa nella sua Natività segue un’impostazione classica, ma alcuni particolari rendono il dipinto più vicino ai canoni del realismo e più libero nella composizione. La Vergine Maria, in preghiera, ha le guance arrossate, il volto di San Felice presenta le rughe della vecchiaia ed il pastore è anticonvenzionalmente ritratto di schiena.
Libertà compositiva ed ariosità caratterizzano l’Adorazione dei pastori di Jacopo Palma Il Giovane, dove una Madonna dai lineamenti delicatissimi adagia dolcemente il Bambin Gesù nel giaciglio preparato da San Giuseppe.
Di esuberanza tipicamente barocca è invece il dipinto di autore fiammingo, su tavola, raffigurante la Madonna con il Bambino, San Giuseppe e San Giovannino. Il virtuosismo dell’arte manierista è qui smorzato dal realismo dell’arte nordica.
Nel Settecento, la Chiesa e la religione cominciano ad non avere più quel peso sulla vita e sul pensiero che ebbero nell’epoca precedente. Il secolo “dei lumi” è infatti molto più laico e questa nuova visione del mondo e della spiritualità si riflette anche in campo artistico. La Madonna è ora più “mondana”, più aristocratica, i colori si schiariscono e si vivacizzano. Nelle vesti, i toni pastello quali il rosa e il celeste si sostituiscono ai rossi e ai blu.
I due dipinti raffiguranti Madonna con Bambino attribuiti a due artisti veneti nell’ambito di Giambettino Cignaroli ben rappresentano queste novità settecentesche. La Vergine perde l’aureola, le vesti si arricchiscono di morbidi panneggi, le acconciature sono più complesse e particolari.
01
ottobre 2004
La Madonna nell’arte. Dipinti e sculture, secoli XIII – XVIII
Dal primo al 30 ottobre 2004
arte antica
Location
GALLERIA MICHELANGELO
Bergamo, Via Broseta, 15, (Bergamo)
Bergamo, Via Broseta, 15, (Bergamo)
Orario di apertura
da lunedì a sabato
9.30-13 e 15-19.30



