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Manuela Sedmach – Destinazione provvisoria
‘Destinazione provvisoria’, la nuova mostra personale di Manuela Sedmach a Galleria Continua, raccoglie una serie di opere che ripercorrono parte della ricerca artistica della pittrice triestina fino alla produzione più recente.
Comunicato stampa
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‘Destinazione provvisoria’, la nuova mostra personale di Manuela Sedmach a Galleria Continua, raccoglie una serie di opere che ripercorrono parte della ricerca artistica della pittrice triestina fino alla produzione più recente.
Il titolo della mostra, se da un lato fa riferimento alla caducità della vita umana e ad una indiscutibile situazione di passaggio del nostro vivere su questa terra, dall’altro vuole portarci ad una riflessione più ampia. Destinazione provvisoria definisce infatti anche uno stato di cambiamento, di continuo, incessante mutare. Questo ci riporta ad alcuni soggetti di queste opere, in particolare i deserti. I deserti, che l’artista ripete come soggetto unico, apparentemente simili gli uni agli altri ma in realtà mai uguali. Impercettibili variazioni nel taglio della luce, nella materia che si addensa e si dissolve regalano all’occhio che osserva paesaggi sempre nuovi. Le forme, i movimenti della tela appaiono solo se lo sguardo è attento e prolungato, è il tempo di osservazione che fa affiorare le immagini, è la luce creata dalle infinite velature di colore che modella i confini di questo orizzonti incerti. ‘Tutti quelli che mettono piede per la prima volta nel deserto del Sahara o in qualsiasi altro luogo desertico hanno l’impressione di un vuoto, dove non succede nulla. Mentre è un pieno dove succede tutto, ma noi non ce ne rendiamo conto perché rispetto ai nomadi siamo quasi ciechi. La differenza sta nell’intensità, ma soprattutto nella durata dello sguardo. Noi guardiamo un paesaggio consecutivamente per cinque minuti al massimo, loro lo guardano per ore e uno si domanda cosa renda così interessante il deserto che a noi sembra un luogo assolutamente immoto. (..) Solo più tardi ho capito che si tratta di un’esperienza simile alla ripetizione all’infinito di una parola o di un segno, in modo da indurre una ipnosi. L’effetto è sempre lo stesso: la perdita del significato acquisito e la nascita di uno nuovo.” (da Manuela Sedmach, ‘Occhi Bianchi, ed. Comunicarte, 2004).
Tornando dunque al termine ‘provvisorio’ si capisce l’intensità e la ricchezza di sfaccettature che l’artista riesce a dare a questa espressione. Provvisorio è il paesaggio che ci circonda in quanto cambia per sua natura e cambia in corrispondenza del nostro sentire e del nostro pensare. E’ una questione di sfumature, come di sfumature si compone la trama pittorica dei lavori dell’artista. Il processo è lento, a volte anche alcuni mesi, dal nero cupo del fondo attraverso una pittura di velature e stratificazioni di colore – due oltre il nero, il bianco e il terra di Siena– l’artista riesce ad ottenere una gamma vastissima di grigi, di riflessi, di fonti di luce. E’ la luce che appare dietro queste trasparenze unita all’illuminazione ambientale e al suo mutare durante la giornata che rende i ‘paesaggi’ della Sedmach luoghi inconoscibili e sempre diversi. Ad una domanda di Riccardo Caldura sulla rappresentazione-irrapresentabile dell’infinto nell’opera dell’artista, la Sedmach risponde: ‘Irrapresentabilità è un concetto troppo forte, preferisco la parola niente, mi sembra più generica, più semplice. Il mio ideale sarebbe arrivare a questo niente, intendendo quel niente che non condiziona il pensiero. Che ti acceca anche, ma che ti acceca proprio perché il niente contiene, secondo me, la possibilità stessa di vedere. Sottrarre soggetto al quadro per darti fame di visione. Credo vi sia anche un momento di scoraggiamento, perché si è portati a cercare nei quadri qualcosa come un’ancora alla quale e con la quale rassicurarsi. Ma dall’altra parte, intendo dall’altra parte del quadro, non viene offerto alcunché di rassicurante, non vi sono spiegazioni da aspettarsi. Viviamo immersi in un mondo diventato intelligente, generoso di spiegazioni, di rassicurazioni, fin troppo. Un mondo troppo saturo’.
Difficilmente collocabile e altrettanto difficilmente accostabile ad altre esperienze artistiche il lavoro di Manuela Sedmach si è sviluppato nel corso di un trentennio attraverso un esercizio quotidiano e costante. Da una prima pittura densa, materica e impetuosa che contraddistingue le opere degli anni ottanta (i ‘Vulcani’, le ‘Strade’) la Sedmach passa ad una pittura più fluida e sottile. In ‘Folle’, ‘Dirottatori’, ‘Tenere le distanze’ la superficie della tela si copre di trasparenze e striature di colore. Figure e oggetti scompaiono lentamente rendendo i quadri della metà degli anni novanta decisamente poco narrativi anche se mai astratti. Con ‘Meridiano Zero’ e ‘Sopra il mare’ la tela diventa così liscia, compatta e priva di qualsiasi traccia di pennello da sembrare fotografica. I soggetti sono luoghi distanti, indefiniti, senza tempo. Il vuoto invade la tela. Così prosegue la ricerca dell’artista tra spazi inscrutabili, orizzonti infiniti, nebbie vapori, tempi dilatati fino alle atmosfere marine del più recente ciclo di lavori ‘Occhi bianchi’.
Manuela Sedmach (Trieste 1953, città dove vive e lavora) ha realizzato numerose mostre in Italia in gallerie e spazi museali. Ha preso parte a mostre collettive e realizzato personali in Belgio, Austria, Germania e Ungheria. I suoi lavori sono in importanti collezioni private europee, americane, giapponesi e al Museo Smak di Gent.
Il titolo della mostra, se da un lato fa riferimento alla caducità della vita umana e ad una indiscutibile situazione di passaggio del nostro vivere su questa terra, dall’altro vuole portarci ad una riflessione più ampia. Destinazione provvisoria definisce infatti anche uno stato di cambiamento, di continuo, incessante mutare. Questo ci riporta ad alcuni soggetti di queste opere, in particolare i deserti. I deserti, che l’artista ripete come soggetto unico, apparentemente simili gli uni agli altri ma in realtà mai uguali. Impercettibili variazioni nel taglio della luce, nella materia che si addensa e si dissolve regalano all’occhio che osserva paesaggi sempre nuovi. Le forme, i movimenti della tela appaiono solo se lo sguardo è attento e prolungato, è il tempo di osservazione che fa affiorare le immagini, è la luce creata dalle infinite velature di colore che modella i confini di questo orizzonti incerti. ‘Tutti quelli che mettono piede per la prima volta nel deserto del Sahara o in qualsiasi altro luogo desertico hanno l’impressione di un vuoto, dove non succede nulla. Mentre è un pieno dove succede tutto, ma noi non ce ne rendiamo conto perché rispetto ai nomadi siamo quasi ciechi. La differenza sta nell’intensità, ma soprattutto nella durata dello sguardo. Noi guardiamo un paesaggio consecutivamente per cinque minuti al massimo, loro lo guardano per ore e uno si domanda cosa renda così interessante il deserto che a noi sembra un luogo assolutamente immoto. (..) Solo più tardi ho capito che si tratta di un’esperienza simile alla ripetizione all’infinito di una parola o di un segno, in modo da indurre una ipnosi. L’effetto è sempre lo stesso: la perdita del significato acquisito e la nascita di uno nuovo.” (da Manuela Sedmach, ‘Occhi Bianchi, ed. Comunicarte, 2004).
Tornando dunque al termine ‘provvisorio’ si capisce l’intensità e la ricchezza di sfaccettature che l’artista riesce a dare a questa espressione. Provvisorio è il paesaggio che ci circonda in quanto cambia per sua natura e cambia in corrispondenza del nostro sentire e del nostro pensare. E’ una questione di sfumature, come di sfumature si compone la trama pittorica dei lavori dell’artista. Il processo è lento, a volte anche alcuni mesi, dal nero cupo del fondo attraverso una pittura di velature e stratificazioni di colore – due oltre il nero, il bianco e il terra di Siena– l’artista riesce ad ottenere una gamma vastissima di grigi, di riflessi, di fonti di luce. E’ la luce che appare dietro queste trasparenze unita all’illuminazione ambientale e al suo mutare durante la giornata che rende i ‘paesaggi’ della Sedmach luoghi inconoscibili e sempre diversi. Ad una domanda di Riccardo Caldura sulla rappresentazione-irrapresentabile dell’infinto nell’opera dell’artista, la Sedmach risponde: ‘Irrapresentabilità è un concetto troppo forte, preferisco la parola niente, mi sembra più generica, più semplice. Il mio ideale sarebbe arrivare a questo niente, intendendo quel niente che non condiziona il pensiero. Che ti acceca anche, ma che ti acceca proprio perché il niente contiene, secondo me, la possibilità stessa di vedere. Sottrarre soggetto al quadro per darti fame di visione. Credo vi sia anche un momento di scoraggiamento, perché si è portati a cercare nei quadri qualcosa come un’ancora alla quale e con la quale rassicurarsi. Ma dall’altra parte, intendo dall’altra parte del quadro, non viene offerto alcunché di rassicurante, non vi sono spiegazioni da aspettarsi. Viviamo immersi in un mondo diventato intelligente, generoso di spiegazioni, di rassicurazioni, fin troppo. Un mondo troppo saturo’.
Difficilmente collocabile e altrettanto difficilmente accostabile ad altre esperienze artistiche il lavoro di Manuela Sedmach si è sviluppato nel corso di un trentennio attraverso un esercizio quotidiano e costante. Da una prima pittura densa, materica e impetuosa che contraddistingue le opere degli anni ottanta (i ‘Vulcani’, le ‘Strade’) la Sedmach passa ad una pittura più fluida e sottile. In ‘Folle’, ‘Dirottatori’, ‘Tenere le distanze’ la superficie della tela si copre di trasparenze e striature di colore. Figure e oggetti scompaiono lentamente rendendo i quadri della metà degli anni novanta decisamente poco narrativi anche se mai astratti. Con ‘Meridiano Zero’ e ‘Sopra il mare’ la tela diventa così liscia, compatta e priva di qualsiasi traccia di pennello da sembrare fotografica. I soggetti sono luoghi distanti, indefiniti, senza tempo. Il vuoto invade la tela. Così prosegue la ricerca dell’artista tra spazi inscrutabili, orizzonti infiniti, nebbie vapori, tempi dilatati fino alle atmosfere marine del più recente ciclo di lavori ‘Occhi bianchi’.
Manuela Sedmach (Trieste 1953, città dove vive e lavora) ha realizzato numerose mostre in Italia in gallerie e spazi museali. Ha preso parte a mostre collettive e realizzato personali in Belgio, Austria, Germania e Ungheria. I suoi lavori sono in importanti collezioni private europee, americane, giapponesi e al Museo Smak di Gent.
04
febbraio 2006
Manuela Sedmach – Destinazione provvisoria
Dal 04 febbraio al 18 marzo 2006
arte contemporanea
Location
GALLERIA CONTINUA
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
San Gimignano, Via Del Castello, 11, (Siena)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 14-19
Vernissage
4 Febbraio 2006, ore 16
Ufficio stampa
SILVIA PICHINI
Autore




