Cinque grandi opere, pensate espressamente per un ciclo esposto alla Galleria di John Weber a New York nel 1988, costituiscono l’occasione per considerare il lavoro dell’artista torinese anche alla luce dei suoi rapporti internazionali, e principalmente con quella cultura newyorkese che negli anni Ottanta – e forse anche adesso – rappresentava il cuore del sistema economico, artistico, linguistico dell’arte contemporanea.
Nel 1988, il rapporto con John Weber era ormai consolidato, essendo questa la quinta personale dal 1977 (ne farà altre cinque oltre a questa, sino al 1998, mentre la galleria chiude nel 2000), ma ciò che è storicamente interessante è il fatto che queste opere si confrontavano col trionfo del versante figurativo internazionale, con le Transavanguardie europee, coi Graffitisti e coi pittori americani. Gastini è nel pieno della maturità (era nato nel 1938), e ha consolidato il senso espressivo e ideale della sua pittura dopo gli anni 70, caratterizzati da un minimalismo analitico: propone queste grandi opere su supporti di plastica industriale, conscio di non appartenere a quel versante in fondo narrativo, ma anche consapevole della forza e della “sapienza” acquista in anni di pittura materica e di “poetica del frammento”.
Oggi, il risultato è sotto gli occhi di tutti, riproposto in questa mostra, che ha da un lato il valore di un documento storico importante per la storia dell’arte italiana, oltre che naturalmente per l’artista, dall’altro il senso di una sfida alla contemporaneità più stretta, da parte di lavori lontani nel tempo, va vicinissimi nella freschezza espressiva.