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Mirada y memoria
Archivio fotografico Casasola, Mexico 1900-1940
Comunicato stampa
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Sabato 16 luglio alle ore 19, nelle sale del Centro Comunale d’ Arte e Cultura Il Lazzaretto di Cagliari, alla presenza del Sindaco Emilio Floris e dell’ Assessore alla Cultura Giorgio Pellegrini verrà inaugurata la Mostra MIRADA Y MEMORIA – Archivio fotografico Casasola.
La mostra, voluta dall’ Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari, organizzata con il Consorzio Camù, è prodotta da Canopia – Spagna. Il curatore è Pablo Ortiz Monasterio mentre il coordinamento in Italia è di Enrica Viganò della Società Admira di Milano. Il catalogo della mostra è edito da Turner Publicaciones.
L’Archivio Casasola è una delle collezioni che maggiormente hanno alimentato l’immaginario collettivo dei messicani del ventesimo secolo, illustrando la rivoluzione messicana e contemporaneamente scrivendo un capitolo fondamentale della storia della fotografia di questo Paese.
La rivoluzione e la guerra civile in Messico portarono alla nascita della prima autentica fotografia di reportage latinoamericana, e fu proprio Agustín Víctor Casasola il più importante esponente di questo stile, aprendo una nuova strada per la fotografia messicana e facendo da pioniere della fotografia di reportage e documentale in genere.
L’Archivio Casasola è diviso per temi, tra essi la Rivoluzione Messicana, che Casasola documentò con la sua macchina fotografica, fotografando le vittorie di Zapata, eroe rivoluzionario simbolo della forza del carattere messicano, fino al momento della sua morte. Ma fotografò anche i tribunali e le carceri, ritraendo i condannati a morte; e il movimento operaio, l’aviazione, la radio, il teatro, lo sviluppo… in definitiva, la vita quotidiana post-rivoluzionaria.
L’Archivio Casasola è depositato presso la Fototeca Nacional, Istituto Nacional de Antropologia e Historia (INAH) a Pachuca, Hidalgo, Messico.
La mostra, il cui titolo significa “sguardo e memoria”, si articola in varie sezioni: la pace porfiriana, la guerra rivoluzionaria, il lavoro, la modernità, l’aquila e il serpente, la notte, la giustizia, i personaggi famosi.
Agustín Víctor Casasola - Biografia
Agustín Víctor Casasola nasce il 28 luglio del 1874. Rimasto orfano del padre a sei anni, fin da giovanissimo comincia a lavorare in laboratori tipografici, a vent’anni inizia a lavorare come fotogiornalista e verso la fine del secolo è già un fotografo affermato a Città del Messico. Don Agustín Víctor fonda un’agenzia fotografica che come motto ostentava la frase “Ho o faccio la foto di cui avete bisogno”. Vende i suoi servizi a periodici, a riviste e al pubblico in generale, include nell’agenzia suo fratello Miguel e i suoi figli e nipoti.
Per anni scambia i suoi servizi con quelli di altri fotografi e acquista fotografie e negativi che considera importanti. Consapevole del potere dell’immagine fotografica, soprattutto per la sua capacità di registrare fedelmente la realtà, fin da giovane dà avvio ad un progetto che poi non ha mai abbandonato e che fuor di dubbio si è trasformato nell’ossessione della sua vita: creare un archivio fotografico al servizio della storia del Messico.
Già dagli anni Venti la vocazione storica dell’archivio Casasola era evidente. Spesso pubblicavano una pagina completa con una sorta di reportage su un tema del passato; fatti politici di una certa rilevanza, immagini nostalgiche della vita quotidiana, feste, eventi sociali o religiosi. Fin da allora le sue immagini venivano anche utilizzate non come fotografie di cronaca ma come testimonianze del passato.
L’archivio fotografico Casasola
La quantità di immagini fotografiche che i Casasola hanno riunito e conservato per decenni è stata archiviata e catalogata dal 1976 nei locali climatizzati della Fototeca Nacional del Instituto Nacional de Antropología e Historia (INAH). In un antico convento francescano costruito nella città di Pachuca (Hidalgo) ‘riposano’ centinaia di migliaia di negativi e positivi; senza dubbio si tratta dell’archivio fotografico più ricco per comprendere la storia e la società della prima metà del travagliato XX secolo messicano.
Contenuti della mostra
La pace porfiriana
Il generale José de la Cruz Porfirio Diaz, più conosciuto come don Porfirio governò il Messico dal 1876 fino alla rivoluzione del 1911. Da quando salì al potere, con un colpo di stato nel 1876, si propose di ristabilire l’ordine con il “pugno di ferro” in un paese in preda alla violenza e al caos fin dalla sua indipendenza. Intraprese anche il difficile compito di portare il Messico verso la modernità, il che comportò profondi cambiamenti nell’industria, nel paesaggio e soprattutto nella vita quotidiana degli abitanti.
La guerra rivoluzionaria
Nel febbraio del 1911 un gruppo di rivoluzionari liberati da Francesco I. Madero, provenienti dallo stato settentrionale di Chihuahua, prese le armi contro Pofirio Diaz reclamando “suffragio effettivo, no alla rielezione”. Gli scontri si estesero rapidamente in tutto il paese. A sud, Emiliano Zapata, di origine contadina e grande stratega militare, si unì alla causa di Madero al grido di “Terra e Libertà”. A nord del paese prese le armi Pancho Villa, combattente audace e carismatico. Nel giugno del 1911, Porfirio Diaz, ormai vecchio e stanco si vide costretto a prendere la via dell’esilio e Madero venne accolto insieme ai vincitori a Città del Messico. La pace non durò a lungo. Il generale Huerta, appoggiato da una parte dell’esercito, organizzò una rivolta contro il presidente Madero, che venne presto sconfitto e fatto fucilare. Comincia al lora una spirale di violenza che durerà più di dieci anni.
I mestieri
Cessata la violenza e abbattuto il vecchio regime, le infrastrutture e l’economia del paese apparivano completamente devastate; più di un milione erano le persone morte durante la guerra. Inizia allora l’enorme sfida di risollevare il paese: il lavoro e la modernizzazione sono le chiavi per ottenerla. Le fotografie di Casasola di questo periodo sono permeate da un moderato ottimismo e una volontà di colmare il ritardo e la povertà in cui versava il paese, che un secolo prima il barone Von Humboldt aveva chiamato il “corno dell’abbondanza”.
L’aquila e il serpente
Un antico mito racconta che gli aztechi si stabilirono su un promontorio nel mezzo del lago nella valle del Messico, dove si imbatterono in un’aquila che divorava un serpente. Lì fondarono Tenochititlan che con il passare degli anni diventò la capitale dell’impero azteca e con l’arrivo degli spagnoli nel XVI si chiamerà Città del Messico. Durante gli anni Venti e Trenta del XX secolo la città diventò un polo d’attrazione per gli intellettuali e gli artisti del mondo intero, grazie ai suoi fermenti sociali e culturali generati dalla Rivoluzione Messicana.
La modernità
Mentre il nuovo governo andava consolidandosi (1917-1934) si presentò una nuova realtà: l’impetuosa presenza della modernità come formula per lo sviluppo nazionale. I Casasola fotografarono le grandi tematiche: il movimento, la velocità, le macchine, le costruzioni, la moda; e lo fecero applicando alle loro inquadrature accorgimenti di matrice modernista: controcampi, vedute dall’alto, prospettive di fuga per ricreare con le immagini ferme il movimento e il ritmo palpitante della città.
La notte
La macchina fotografica dei Casasola ha investigato anche il mondo della notte urbana. Come in tutte le città l’elettricità aveva cambiato la nozione del tempo, la città si popola di cinema, sale da ballo, teatri di varietà. La notte però è anche il luogo dove si vivono vite segrete, il palcoscenico dei nottambuli e delle donne che la stampa chiama “della vita galante”.
La giustizia
Fin dai tempi più antichi, la mancanza di giustizia nell’amministrazione della legge è stato senza dubbio uno dei soprusi più intollerabili subiti dalla popolazione. Durante il nuovo governo si cercò di modernizzare il sistema giuridico, per cui si riformarono i codici e le leggi, si istituirono metodi professionali di inchiesta sui criminali e giurie popolari con le quali la condanna o l’assoluzione erano gridate dal pubblico. Questa esperienza,di “intrattenimento popolare”, si concluse con un fallimento.
I personaggi famosi
Tra i circa cinquecentomila negativi che compongono l’Archivio Casasola, la maggior parte sono ritratti, individuali o di gruppo, un genere fotografico che i Casasola dominavano e nel quale hanno lasciato un segno personale indiscutibile. Personaggi illustri e anonimi cittadini hanno colpito l’attenzione dei fotografi. Questi volti intensi costituiscono la trama su cui si è basata la rappresentazione della società del Messico post-rivoluzionario.
La mostra, voluta dall’ Assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari, organizzata con il Consorzio Camù, è prodotta da Canopia – Spagna. Il curatore è Pablo Ortiz Monasterio mentre il coordinamento in Italia è di Enrica Viganò della Società Admira di Milano. Il catalogo della mostra è edito da Turner Publicaciones.
L’Archivio Casasola è una delle collezioni che maggiormente hanno alimentato l’immaginario collettivo dei messicani del ventesimo secolo, illustrando la rivoluzione messicana e contemporaneamente scrivendo un capitolo fondamentale della storia della fotografia di questo Paese.
La rivoluzione e la guerra civile in Messico portarono alla nascita della prima autentica fotografia di reportage latinoamericana, e fu proprio Agustín Víctor Casasola il più importante esponente di questo stile, aprendo una nuova strada per la fotografia messicana e facendo da pioniere della fotografia di reportage e documentale in genere.
L’Archivio Casasola è diviso per temi, tra essi la Rivoluzione Messicana, che Casasola documentò con la sua macchina fotografica, fotografando le vittorie di Zapata, eroe rivoluzionario simbolo della forza del carattere messicano, fino al momento della sua morte. Ma fotografò anche i tribunali e le carceri, ritraendo i condannati a morte; e il movimento operaio, l’aviazione, la radio, il teatro, lo sviluppo… in definitiva, la vita quotidiana post-rivoluzionaria.
L’Archivio Casasola è depositato presso la Fototeca Nacional, Istituto Nacional de Antropologia e Historia (INAH) a Pachuca, Hidalgo, Messico.
La mostra, il cui titolo significa “sguardo e memoria”, si articola in varie sezioni: la pace porfiriana, la guerra rivoluzionaria, il lavoro, la modernità, l’aquila e il serpente, la notte, la giustizia, i personaggi famosi.
Agustín Víctor Casasola - Biografia
Agustín Víctor Casasola nasce il 28 luglio del 1874. Rimasto orfano del padre a sei anni, fin da giovanissimo comincia a lavorare in laboratori tipografici, a vent’anni inizia a lavorare come fotogiornalista e verso la fine del secolo è già un fotografo affermato a Città del Messico. Don Agustín Víctor fonda un’agenzia fotografica che come motto ostentava la frase “Ho o faccio la foto di cui avete bisogno”. Vende i suoi servizi a periodici, a riviste e al pubblico in generale, include nell’agenzia suo fratello Miguel e i suoi figli e nipoti.
Per anni scambia i suoi servizi con quelli di altri fotografi e acquista fotografie e negativi che considera importanti. Consapevole del potere dell’immagine fotografica, soprattutto per la sua capacità di registrare fedelmente la realtà, fin da giovane dà avvio ad un progetto che poi non ha mai abbandonato e che fuor di dubbio si è trasformato nell’ossessione della sua vita: creare un archivio fotografico al servizio della storia del Messico.
Già dagli anni Venti la vocazione storica dell’archivio Casasola era evidente. Spesso pubblicavano una pagina completa con una sorta di reportage su un tema del passato; fatti politici di una certa rilevanza, immagini nostalgiche della vita quotidiana, feste, eventi sociali o religiosi. Fin da allora le sue immagini venivano anche utilizzate non come fotografie di cronaca ma come testimonianze del passato.
L’archivio fotografico Casasola
La quantità di immagini fotografiche che i Casasola hanno riunito e conservato per decenni è stata archiviata e catalogata dal 1976 nei locali climatizzati della Fototeca Nacional del Instituto Nacional de Antropología e Historia (INAH). In un antico convento francescano costruito nella città di Pachuca (Hidalgo) ‘riposano’ centinaia di migliaia di negativi e positivi; senza dubbio si tratta dell’archivio fotografico più ricco per comprendere la storia e la società della prima metà del travagliato XX secolo messicano.
Contenuti della mostra
La pace porfiriana
Il generale José de la Cruz Porfirio Diaz, più conosciuto come don Porfirio governò il Messico dal 1876 fino alla rivoluzione del 1911. Da quando salì al potere, con un colpo di stato nel 1876, si propose di ristabilire l’ordine con il “pugno di ferro” in un paese in preda alla violenza e al caos fin dalla sua indipendenza. Intraprese anche il difficile compito di portare il Messico verso la modernità, il che comportò profondi cambiamenti nell’industria, nel paesaggio e soprattutto nella vita quotidiana degli abitanti.
La guerra rivoluzionaria
Nel febbraio del 1911 un gruppo di rivoluzionari liberati da Francesco I. Madero, provenienti dallo stato settentrionale di Chihuahua, prese le armi contro Pofirio Diaz reclamando “suffragio effettivo, no alla rielezione”. Gli scontri si estesero rapidamente in tutto il paese. A sud, Emiliano Zapata, di origine contadina e grande stratega militare, si unì alla causa di Madero al grido di “Terra e Libertà”. A nord del paese prese le armi Pancho Villa, combattente audace e carismatico. Nel giugno del 1911, Porfirio Diaz, ormai vecchio e stanco si vide costretto a prendere la via dell’esilio e Madero venne accolto insieme ai vincitori a Città del Messico. La pace non durò a lungo. Il generale Huerta, appoggiato da una parte dell’esercito, organizzò una rivolta contro il presidente Madero, che venne presto sconfitto e fatto fucilare. Comincia al lora una spirale di violenza che durerà più di dieci anni.
I mestieri
Cessata la violenza e abbattuto il vecchio regime, le infrastrutture e l’economia del paese apparivano completamente devastate; più di un milione erano le persone morte durante la guerra. Inizia allora l’enorme sfida di risollevare il paese: il lavoro e la modernizzazione sono le chiavi per ottenerla. Le fotografie di Casasola di questo periodo sono permeate da un moderato ottimismo e una volontà di colmare il ritardo e la povertà in cui versava il paese, che un secolo prima il barone Von Humboldt aveva chiamato il “corno dell’abbondanza”.
L’aquila e il serpente
Un antico mito racconta che gli aztechi si stabilirono su un promontorio nel mezzo del lago nella valle del Messico, dove si imbatterono in un’aquila che divorava un serpente. Lì fondarono Tenochititlan che con il passare degli anni diventò la capitale dell’impero azteca e con l’arrivo degli spagnoli nel XVI si chiamerà Città del Messico. Durante gli anni Venti e Trenta del XX secolo la città diventò un polo d’attrazione per gli intellettuali e gli artisti del mondo intero, grazie ai suoi fermenti sociali e culturali generati dalla Rivoluzione Messicana.
La modernità
Mentre il nuovo governo andava consolidandosi (1917-1934) si presentò una nuova realtà: l’impetuosa presenza della modernità come formula per lo sviluppo nazionale. I Casasola fotografarono le grandi tematiche: il movimento, la velocità, le macchine, le costruzioni, la moda; e lo fecero applicando alle loro inquadrature accorgimenti di matrice modernista: controcampi, vedute dall’alto, prospettive di fuga per ricreare con le immagini ferme il movimento e il ritmo palpitante della città.
La notte
La macchina fotografica dei Casasola ha investigato anche il mondo della notte urbana. Come in tutte le città l’elettricità aveva cambiato la nozione del tempo, la città si popola di cinema, sale da ballo, teatri di varietà. La notte però è anche il luogo dove si vivono vite segrete, il palcoscenico dei nottambuli e delle donne che la stampa chiama “della vita galante”.
La giustizia
Fin dai tempi più antichi, la mancanza di giustizia nell’amministrazione della legge è stato senza dubbio uno dei soprusi più intollerabili subiti dalla popolazione. Durante il nuovo governo si cercò di modernizzare il sistema giuridico, per cui si riformarono i codici e le leggi, si istituirono metodi professionali di inchiesta sui criminali e giurie popolari con le quali la condanna o l’assoluzione erano gridate dal pubblico. Questa esperienza,di “intrattenimento popolare”, si concluse con un fallimento.
I personaggi famosi
Tra i circa cinquecentomila negativi che compongono l’Archivio Casasola, la maggior parte sono ritratti, individuali o di gruppo, un genere fotografico che i Casasola dominavano e nel quale hanno lasciato un segno personale indiscutibile. Personaggi illustri e anonimi cittadini hanno colpito l’attenzione dei fotografi. Questi volti intensi costituiscono la trama su cui si è basata la rappresentazione della società del Messico post-rivoluzionario.
16
luglio 2005
Mirada y memoria
Dal 16 luglio all'undici settembre 2005
fotografia
Location
CENTRO COMUNALE D’ARTE E CULTURA LAZZARETTO DI SANT’ELIA
Cagliari, Via Dei Navigatori, (Cagliari)
Cagliari, Via Dei Navigatori, (Cagliari)
Biglietti
intero € 3, ridotto € 2, € 1. Visita guidata € 1
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 22; chiuso il lunedì
Vernissage
16 Luglio 2005, ore 19
Curatore




