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Odilia – Eidos, oltre il visibile
Sono immagini atemporali di un’essenza che ha la capacità dirompente di oltrepassare la soglia della percezione sensoriale per collocarsi nei territori impalpabili della spiritualità e dell’anima.
Comunicato stampa
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ODILIA: EIDOS, Oltre il visibile
Gabriele Morrione
Odilia ha un particolare rapporto con la luce.
La luce viene utilizzata come un pennello che accarezza volti, corpi, li seleziona
e li riplasma liberamente, trovando forme nuove, che si ricompongono
in immagini uniche dove spesso il punctum – citando Roland Barthes –
si identifica con l’assenza del punctum stesso. Le parti del corpo che vengono privilegiate non sono facilmente o immediatamente identificabili, ma rientrano
in un tessuto d’insieme che ricorda il magma indifferenziato del brodo primordiale. O l’eruzione di lava di un vulcano esuberante che si adatta agevolmente al territorio attraversato.
E ritornano gli elementi naturali, comprimari nell’immagine: la pelle, l’acqua, capelli, luci e ombre. Tutto immerso in un buio esistenziale, un buio che rischia di ingoiare il soggetto, il fotografo, noi tutti spettatori attoniti.
Odilia non si lascia soggiogare dalle mode passeggere del nostro tempo e neppure accetta la sottomissione ai canoni scontati della fotografia tradizionale
che hanno frequentemente prodotto, nel corso dei decenni, immagini belle ma banali o semplicemente descrittive.
Odilia persegue esclusivamente il proprio rapporto preferenziale con i volti
e i corpi che sottopone all’attenzione dell’obiettivo. spesso mettendoli in relazione in modo insolito e sorprendente. La distanza preferita dal soggetto è piuttosto ravvicinata, in modo tale che soltanto una parte dell’immagine viene racchiusa nella magica inquadratura dell’apparecchio fotografico. Né troppo vicino
per subire la supremazia del dettaglio, né troppo lontano per lasciarsi suggestionare dall’insieme dell’immagine.
Valga come esempio il bellissimo ritratto femminile dove si susseguono tre diversi piani nell’immagine: a destra i capelli, lunghi e scompigliati; a seguire il volto di tre quarti, intensamente proteso in avanti; infine la spalla nuda, a formare il profilo dinamico di una collina bianca, eterea e solitaria.
Oppure un altro originale ritratto, in cui il volto si piega drammaticamente e con notevole forzatura, mentre le mani, a dita distese, si articolano a partire dai polsi ai limiti del possibile. E l’occhio della modella, cupo e fisso, suggerisce metaforicamente la difficoltà della vita e della nostra posizione in essa.
E ancora la magnifica schiena che invade interamente il fotogramma con le sue multidirezionalità appena accennate. L’inizio di un braccio, in alto a destra, l’attacco di una spalla, in alto a sinistra e la congiunzione della spina dorsale, unitamente all’accenno delle anche, in basso al centro. L’insieme, ben delineato dalle ombre, costituisce un sorprendente sistema di ossa e di muscoli, di pelle liquida e di morbida umanità. Non possiamo che ammirare.
Un percorso arduo, quello di Odilia, continuamente minacciato dal rischio implicito della perdita di riferimenti; un rischio, tuttavia, che le consente
di produrre immagini diverse, perché la diversità, in fotografia come in ogni altra forma artistica, costituisce ricchezza, stimolo visivo e psicologico
e, semplicemente, bellezza.
Gabriele Morrione
Odilia ha un particolare rapporto con la luce.
La luce viene utilizzata come un pennello che accarezza volti, corpi, li seleziona
e li riplasma liberamente, trovando forme nuove, che si ricompongono
in immagini uniche dove spesso il punctum – citando Roland Barthes –
si identifica con l’assenza del punctum stesso. Le parti del corpo che vengono privilegiate non sono facilmente o immediatamente identificabili, ma rientrano
in un tessuto d’insieme che ricorda il magma indifferenziato del brodo primordiale. O l’eruzione di lava di un vulcano esuberante che si adatta agevolmente al territorio attraversato.
E ritornano gli elementi naturali, comprimari nell’immagine: la pelle, l’acqua, capelli, luci e ombre. Tutto immerso in un buio esistenziale, un buio che rischia di ingoiare il soggetto, il fotografo, noi tutti spettatori attoniti.
Odilia non si lascia soggiogare dalle mode passeggere del nostro tempo e neppure accetta la sottomissione ai canoni scontati della fotografia tradizionale
che hanno frequentemente prodotto, nel corso dei decenni, immagini belle ma banali o semplicemente descrittive.
Odilia persegue esclusivamente il proprio rapporto preferenziale con i volti
e i corpi che sottopone all’attenzione dell’obiettivo. spesso mettendoli in relazione in modo insolito e sorprendente. La distanza preferita dal soggetto è piuttosto ravvicinata, in modo tale che soltanto una parte dell’immagine viene racchiusa nella magica inquadratura dell’apparecchio fotografico. Né troppo vicino
per subire la supremazia del dettaglio, né troppo lontano per lasciarsi suggestionare dall’insieme dell’immagine.
Valga come esempio il bellissimo ritratto femminile dove si susseguono tre diversi piani nell’immagine: a destra i capelli, lunghi e scompigliati; a seguire il volto di tre quarti, intensamente proteso in avanti; infine la spalla nuda, a formare il profilo dinamico di una collina bianca, eterea e solitaria.
Oppure un altro originale ritratto, in cui il volto si piega drammaticamente e con notevole forzatura, mentre le mani, a dita distese, si articolano a partire dai polsi ai limiti del possibile. E l’occhio della modella, cupo e fisso, suggerisce metaforicamente la difficoltà della vita e della nostra posizione in essa.
E ancora la magnifica schiena che invade interamente il fotogramma con le sue multidirezionalità appena accennate. L’inizio di un braccio, in alto a destra, l’attacco di una spalla, in alto a sinistra e la congiunzione della spina dorsale, unitamente all’accenno delle anche, in basso al centro. L’insieme, ben delineato dalle ombre, costituisce un sorprendente sistema di ossa e di muscoli, di pelle liquida e di morbida umanità. Non possiamo che ammirare.
Un percorso arduo, quello di Odilia, continuamente minacciato dal rischio implicito della perdita di riferimenti; un rischio, tuttavia, che le consente
di produrre immagini diverse, perché la diversità, in fotografia come in ogni altra forma artistica, costituisce ricchezza, stimolo visivo e psicologico
e, semplicemente, bellezza.
28
marzo 2009
Odilia – Eidos, oltre il visibile
Dal 28 marzo al 05 aprile 2009
fotografia
Location
PALAZZO VESTRI
Prato, Piazza Duomo, 8, (Prato)
Prato, Piazza Duomo, 8, (Prato)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 10-13/15,30/18,30, sabato e domenica 10-13/15-18
Vernissage
28 Marzo 2009, ore 16
Autore