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Paolo Pasotto
personale
Comunicato stampa
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E’ originario dell’Emilia-Romagna l’artista che, dopo Davide Feligioni Pantaleoni, CONFARTE (Commissione Culturale di Confartigianato Imprese Prato) ospiterà nei suoi locali a partire da sabato 13 maggio 2006.
Paolo Pasotto è nato nel 1930 a Bologna dove, dopo aver brevemente frequentato il Liceo Scientifico, si iscrive a quello Artistico. Primo allievo di Virgilio Guidi, Pasotto inizia a dipingere a 16 anni. Terminati gli studi, compiute esperienze lavorative diverse occupandosi di fuochi d'artificio e successivamente di pubblicità cinematografica, dal 1957 si dedica esclusivamente alla pittura. Nel 1961 tiene la prima personale alla Galleria Santo Stefano di Venezia, con presentazione di Virgilio Guidi. Da premesse figurative, la sua ricerca evolve in modo parallelo e distinto rispetto alle vicende dell'Informale e, in particolare, dell'Ultimo Naturalismo bolognese, enucleando a poco a poco (sulla base di un suggerimento critico dovuto a Francesco Arcangeli) l'idea di "Metanaturalismo". Si tratta di un atteggiamento di auscultazione della materia, che viene evocata attraverso morbide pieghe ed increspature, facendo galleggiare fantasmi di immagini sospese tra figurazione ed astrazione, sostrati organici e labili pulsioni disegnative. L'intento è quello di riattivare una visione che rasenti l'immedesimazione carnale, il ritorno ad una pienezza indistinta, prelogica. Nell'attività espositiva matura spiccano, tra le altre, personali alle Gallerie Il Cavallino di Venezia (1963), Ferrari di Verona (1966), San Luca di Bologna (1968) e, dopo un diradamento dell'attività negli anni Settanta, al Centro Lavoro Arte di Milano. Già vincitore di un Premio Nazionale Pubblica Istruzione e di un Premio Michetti, nel 1993 l'artista è presente alla I Biennale d'Arte Contemporanea di Bologna. Notevole per vocazione sperimentale, soprattutto in coincidenza con la pausa di riflessione degli anni Settanta, la produzione grafica.
Scrive nel lontano 1963 il critico Umbro Apollonio: “Non sono pochi coloro che sanno trarre profìtto dalle relazioni culturali fino magari a conquistarsi notevole rinomanza sagacemente incorporando la loro condizione di epigoni in forme fascinose. Taluni, al contrario, se ne stanno appartati e lasciano passare davanti a sé le vicende presenti paghi di coltivare un mondo segreto di sogni e di visioni per il quale vanno ricercando forme adeguate. Tra quest'ultimi fa parte Paolo Pasotto, che affronta, come distaccato appunto dai tumulti e dalle incertezze contemporanee, una sicurezza interiore i cui tremori sono sempre contenuti e velati. Si potrebbe dire che il pittore rimane equidistante tanto dalle parvenze visibili e oggettive, quanto dai turbamenti generatisi nel suo animo. Vestigia di ignote muraglie istoriate, dissepolte e ancora ricoperte di sabbia iridescente oppure intraviste nei fondi equorei d'una luce velata; rilievi muschiosi e indecifrabili di favolose archeologie che la storia non registra; e poi labirinti rocciosi sfiorati da luminescenze di crepuscolo. Ne viene un organismo il cui impianto si costruisce grado a grado, con lentezza e dentro un silenzio incombente, ma anche con risoluta padronanza del motivo che lo ispira. Pasotto si crea così un rilievo plastico continuo e flessibile dentro un'atmosfera opaca fino a figurare una struttura appena lievemente inquieta nella sua pur salda architettura. Rispetto alle molteplici riprese della tecnica informale, queste pitture rappresentano una proposta d'ordine più immaginario, quasi una versione razionalizzata delle suggestioni surreali, dove i termini del discorso fluiscono con calma inattaccabile e le trasparenze danno soltanto fremiti repressi. Se poi il tema sia piuttosto univoco ed il processo creativo paia restringersi in iterata formula compositiva, ciò non toglie che tale fedeltà al motivo presenti prove atte a garantire non immeritate fortune.”
Sempre del 1963 sono le parole del critico Paolo Rizzi: “La sua è, anzitutto, una pittura illusionistica: essa crea sulla tela parvenze di misteriose superfici in rilievo, quasi istoriate da mano arcaica, immerse in un silenzio di millenni, velate di luce lattiginosa. La suggestione è abilmente raggiunta seppur permane un certo fastidio ottico per la sfocatura dell'immagine. Non tutto si riduce, in verità, ad un effettismo di superficie, come parrebbe dalla iterata tematica dell'«opera aperta»; ma certo lo spunto può essere suscettibile di svolgimenti meno univoci.”
Scrive infine nel 2000 il critico Giorgio Di Genova: “Ben diverso è il lirismo del bolognese Paolo Pasotto pittore sintetico ed a suo modo visionario ed estatico per interiore empito religioso volto all'Assoluto. Tale condizione mistico-poetica porta ad un'iperscrutazione delle pareti della coscienza di cui Pasotto restituisce le conformazioni tissurali, cogliendone il bassorilievo al di là della nebbiolina determinata dalla luce diffusa della sua spiritualità. Una luce, tutto sommato, costantemente col fiato sospeso. Ne sortiscono degli sbalzi del carnale, sbalzi che ricordano in qualche caso quelli barbarici su lamine, solo che qui alle lamine di rame è appunto sostituito l'epitelio delle cavità interne del corpo. Una mentale luce radente di tali sbalzi ammorbidisce le depressioni, che pertanto perdono in incisività per risolversi in dilatato percorso semitonale e riassorbire le trame del segno nelle ombre delle venature. Dell'Informale permaneva un'eco lontana e tutto sommato semispenta, atta tuttavia a mimare, non senza qualche compiacimento sensuale, quell'immagine della Carne Universale cui tendeva l'artista. Col tempo questi fitti ghirigori si diradano per prosciugamento dovuto ad una sottrazione di percorsi, poiché sopravviene l'esigenza di alludere alla realtà esterna, tuttavia sempre restituita per allusione grafica all'interno del campo di luce coscienziale che si spande sulle superfici delle opere. I percorsi del disegno incidono i pallori di questa luce col fiato sospeso, facendo riemergere impercettibilmente, come in certi disegni e acquarelli di Morandi, le forme di tre cucchiai, di un incompleto profilo di tacchi a spillo e di oggetti con lunghi manici.”
Paolo Pasotto è nato nel 1930 a Bologna dove, dopo aver brevemente frequentato il Liceo Scientifico, si iscrive a quello Artistico. Primo allievo di Virgilio Guidi, Pasotto inizia a dipingere a 16 anni. Terminati gli studi, compiute esperienze lavorative diverse occupandosi di fuochi d'artificio e successivamente di pubblicità cinematografica, dal 1957 si dedica esclusivamente alla pittura. Nel 1961 tiene la prima personale alla Galleria Santo Stefano di Venezia, con presentazione di Virgilio Guidi. Da premesse figurative, la sua ricerca evolve in modo parallelo e distinto rispetto alle vicende dell'Informale e, in particolare, dell'Ultimo Naturalismo bolognese, enucleando a poco a poco (sulla base di un suggerimento critico dovuto a Francesco Arcangeli) l'idea di "Metanaturalismo". Si tratta di un atteggiamento di auscultazione della materia, che viene evocata attraverso morbide pieghe ed increspature, facendo galleggiare fantasmi di immagini sospese tra figurazione ed astrazione, sostrati organici e labili pulsioni disegnative. L'intento è quello di riattivare una visione che rasenti l'immedesimazione carnale, il ritorno ad una pienezza indistinta, prelogica. Nell'attività espositiva matura spiccano, tra le altre, personali alle Gallerie Il Cavallino di Venezia (1963), Ferrari di Verona (1966), San Luca di Bologna (1968) e, dopo un diradamento dell'attività negli anni Settanta, al Centro Lavoro Arte di Milano. Già vincitore di un Premio Nazionale Pubblica Istruzione e di un Premio Michetti, nel 1993 l'artista è presente alla I Biennale d'Arte Contemporanea di Bologna. Notevole per vocazione sperimentale, soprattutto in coincidenza con la pausa di riflessione degli anni Settanta, la produzione grafica.
Scrive nel lontano 1963 il critico Umbro Apollonio: “Non sono pochi coloro che sanno trarre profìtto dalle relazioni culturali fino magari a conquistarsi notevole rinomanza sagacemente incorporando la loro condizione di epigoni in forme fascinose. Taluni, al contrario, se ne stanno appartati e lasciano passare davanti a sé le vicende presenti paghi di coltivare un mondo segreto di sogni e di visioni per il quale vanno ricercando forme adeguate. Tra quest'ultimi fa parte Paolo Pasotto, che affronta, come distaccato appunto dai tumulti e dalle incertezze contemporanee, una sicurezza interiore i cui tremori sono sempre contenuti e velati. Si potrebbe dire che il pittore rimane equidistante tanto dalle parvenze visibili e oggettive, quanto dai turbamenti generatisi nel suo animo. Vestigia di ignote muraglie istoriate, dissepolte e ancora ricoperte di sabbia iridescente oppure intraviste nei fondi equorei d'una luce velata; rilievi muschiosi e indecifrabili di favolose archeologie che la storia non registra; e poi labirinti rocciosi sfiorati da luminescenze di crepuscolo. Ne viene un organismo il cui impianto si costruisce grado a grado, con lentezza e dentro un silenzio incombente, ma anche con risoluta padronanza del motivo che lo ispira. Pasotto si crea così un rilievo plastico continuo e flessibile dentro un'atmosfera opaca fino a figurare una struttura appena lievemente inquieta nella sua pur salda architettura. Rispetto alle molteplici riprese della tecnica informale, queste pitture rappresentano una proposta d'ordine più immaginario, quasi una versione razionalizzata delle suggestioni surreali, dove i termini del discorso fluiscono con calma inattaccabile e le trasparenze danno soltanto fremiti repressi. Se poi il tema sia piuttosto univoco ed il processo creativo paia restringersi in iterata formula compositiva, ciò non toglie che tale fedeltà al motivo presenti prove atte a garantire non immeritate fortune.”
Sempre del 1963 sono le parole del critico Paolo Rizzi: “La sua è, anzitutto, una pittura illusionistica: essa crea sulla tela parvenze di misteriose superfici in rilievo, quasi istoriate da mano arcaica, immerse in un silenzio di millenni, velate di luce lattiginosa. La suggestione è abilmente raggiunta seppur permane un certo fastidio ottico per la sfocatura dell'immagine. Non tutto si riduce, in verità, ad un effettismo di superficie, come parrebbe dalla iterata tematica dell'«opera aperta»; ma certo lo spunto può essere suscettibile di svolgimenti meno univoci.”
Scrive infine nel 2000 il critico Giorgio Di Genova: “Ben diverso è il lirismo del bolognese Paolo Pasotto pittore sintetico ed a suo modo visionario ed estatico per interiore empito religioso volto all'Assoluto. Tale condizione mistico-poetica porta ad un'iperscrutazione delle pareti della coscienza di cui Pasotto restituisce le conformazioni tissurali, cogliendone il bassorilievo al di là della nebbiolina determinata dalla luce diffusa della sua spiritualità. Una luce, tutto sommato, costantemente col fiato sospeso. Ne sortiscono degli sbalzi del carnale, sbalzi che ricordano in qualche caso quelli barbarici su lamine, solo che qui alle lamine di rame è appunto sostituito l'epitelio delle cavità interne del corpo. Una mentale luce radente di tali sbalzi ammorbidisce le depressioni, che pertanto perdono in incisività per risolversi in dilatato percorso semitonale e riassorbire le trame del segno nelle ombre delle venature. Dell'Informale permaneva un'eco lontana e tutto sommato semispenta, atta tuttavia a mimare, non senza qualche compiacimento sensuale, quell'immagine della Carne Universale cui tendeva l'artista. Col tempo questi fitti ghirigori si diradano per prosciugamento dovuto ad una sottrazione di percorsi, poiché sopravviene l'esigenza di alludere alla realtà esterna, tuttavia sempre restituita per allusione grafica all'interno del campo di luce coscienziale che si spande sulle superfici delle opere. I percorsi del disegno incidono i pallori di questa luce col fiato sospeso, facendo riemergere impercettibilmente, come in certi disegni e acquarelli di Morandi, le forme di tre cucchiai, di un incompleto profilo di tacchi a spillo e di oggetti con lunghi manici.”
13
maggio 2006
Paolo Pasotto
Dal 13 maggio al 05 ottobre 2006
arte contemporanea
Location
CONFARTIGIANATO
Prato, Viale Montegrappa, 138, (Prato)
Prato, Viale Montegrappa, 138, (Prato)
Orario di apertura
Dal lunedì al giovedì 8.30-13.00 14.30-18.00
Venerdì 8.30-13.00 (su richiesta apertura nel pomeriggio)
Vernissage
13 Maggio 2006, ore 17.30
Autore


