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Sabato Angiero – Altroltre
Presentazione volume Altroltre. Intervento di Toti Carpentieri e Annibale Rainone
Comunicato stampa
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Ex libris
di Annibale Rainone*
L’opera di Sabato Angiero investe un dominio teoretico ed una prassi artistica orientati ad una ricerca di natura polare: da un lato, attraverso i contenuti e le forme della comunicazione su carta stampata (quotidiano, rivista, libro, poster) è messo in atto un campo di perturbazioni e di interferenze con i dispositivi e le tecnologie proprî dell’arte; dall’altro, i contenuti così artisticamente ri-presentati permettono di realizzare forme inedite di comunicazione all’interno di un quadro di senso articolato su più piani o livelli.
Si tratta di operazioni che guardano retrospettivamente al ready-made duchampiano, giacché il manufatto ‘carta stampata’ è ripresentato con un intervento nella scrittura sollecitante un’esperienza ed un tipo di lettura altro: Angiero cioè ne risemantizza il dispositivo culturale (medium) a vantaggio di una sua riproposizione in termini di icona-immagine del nostro tempo. Non senza una certa intenzione eversiva nei rispetti di ogni tipo di tassonomia: ‘artistico’ vs. ‘mediatico’, in primis.
Per fare ciò, si avvale di un semplice bruciatore, uno strumento che produce la combustione della materia “scelta” con modalità e punti di vista di volta in volta obbedienti a strategie di comunicazione diverse. Il fuoco diventa così una scrittura; e il bruciatore (l’atto del bruciare), il suo significato. La pittura-a-bruciatore, poi, condiziona il tipo di effetto estetico che quella scrittura, ed essa soltanto, è in grado di attivare.
È il caso, ad esempio, di «Quello che so è quello che vedo», un’opera che misura lo standard di una possibile biblioteca interamente foderata di carte combuste, da cui emergono libri in brossura rigida come scampati da chissà quale oblio o distruzione (il riferimento è ad Alessandria d’Egitto): contestualmente, lacerti del codice lingua («ero») reiterano disseminati sulla superficie stratificata la cifra di quell’oblio venata di nostalgia (uso del tempo imperfetto) e, forse, di denuncia per un’analfabetizzazione culturale in preoccupante ritorno.
Del resto, la vis polemica e di allarme sociale caratterizza buona quota parte delle sessanta opere che Angiero consegna in questi giorni agli spazî di Castel dell’Ovo in Napoli. Si prenda una istallazione realizzata con figure umane intente a leggere un quotidiano, La Repubblica, giornale “scelto” dal maestro alla stregua di “oggetto d’affezione” e, assieme, di parametro identitario per il messaggio celato nell’etimo: Res-publica, appunto; e la si decifri nell’uso che propone della medesima tecnologia contrassegnante tanto la carta di giornale, lasciata intonsa e dispiegata, che la figura umana rivestita da cima a fondo con carte combuste, anzi, essa stessa carta combusta stratificata e, per così dire, animata. L’esito cui la mise-en-scène perviene è fortemente simbolico. L’uomo contemporaneo è «homo legens», materiato della stessa materia di cui è alimentato il suo costituirsi relazionale di specie evoluta (è pur sempre, con Aristotele, l’unica scimmia che dà del tu a se stesso); ma è anche, soprattutto, contrassegno di potere, il medesimo che la carta stampata evoca a sé come principio di individuazione della propria sopravvivenza (di medium politico, si intende).
Tale circolarità è, dunque, ermeneutica: un indizio richiama l’altro in un sistema di moltiplicazione di sensi e di rimandi tra codici compresenti (l’iconico-figurativo e l’iconico-alfanumerico): «XX secolo» è , in questo senso, illuminate. Si tratta di una serie di pannelli su cui sono stati riprodotti i volti degli uomini più rappresentativi del secolo scorso, raggruppati e variamente assemblati in calce ad una scritta che campeggia ossimorica: “Leggere è uguale per tutti”, laddove invece ciascuno dei personaggi-icona afferma nelle campiture di testo sottratte all’abrasione del fuoco la propria privata, irriducibile verità. Anche qui, cioè, siamo in presenza di una materia, materiata con commutazione di codice: i volti recano infatti brani tratti dalle opere che li hanno resi celebri (“Il Capitale”, per Marx, “Introduzione alla Psicoanalisi”, per Freud, “I Diari”, per il Che, ecc.).
Si diceva sopra della circolarità. Nelle opere di Angiero questa assume i connotati di un leit-motiv. Per quanto sensibile alle problematiche linguistiche ed ai precipitati metaforici dei “testi scritti”, Angiero trova nella circolarità soprattutto idee di semplicità, perfezione, applicazione continua e universale delle forme. Cerchi indubbiamente de-scritti more geometrico, ma secondo una geometria del tutto soggettiva, che fa della centralità e dell’infinitezza il pre-testo per la realizzazione di opere composte di gusci concentrici e sfere infinite, l’una dentro l’altra; i cui gradienti cromatici (strisce / bende di carta colorata ritagliata da riviste e giornali) creano profondità e frontalità: dalla periferia al centro e viceversa, in un equilibrio vivo, carico di tensione. Talvolta, l’immagine restituita dalla girandola è la figura di un bambino, come in « Rashid» e in «Alì», che urla o riflette una condizione di vita disagiata e sofferente. Testimonianze eloquenti di volti bruciati dai fuochi di tante guerre ancora oggi sparse sul pianeta. Tondo, anch’esso, ma non ancora perfetto.
* saggista e critico letterario
di Annibale Rainone*
L’opera di Sabato Angiero investe un dominio teoretico ed una prassi artistica orientati ad una ricerca di natura polare: da un lato, attraverso i contenuti e le forme della comunicazione su carta stampata (quotidiano, rivista, libro, poster) è messo in atto un campo di perturbazioni e di interferenze con i dispositivi e le tecnologie proprî dell’arte; dall’altro, i contenuti così artisticamente ri-presentati permettono di realizzare forme inedite di comunicazione all’interno di un quadro di senso articolato su più piani o livelli.
Si tratta di operazioni che guardano retrospettivamente al ready-made duchampiano, giacché il manufatto ‘carta stampata’ è ripresentato con un intervento nella scrittura sollecitante un’esperienza ed un tipo di lettura altro: Angiero cioè ne risemantizza il dispositivo culturale (medium) a vantaggio di una sua riproposizione in termini di icona-immagine del nostro tempo. Non senza una certa intenzione eversiva nei rispetti di ogni tipo di tassonomia: ‘artistico’ vs. ‘mediatico’, in primis.
Per fare ciò, si avvale di un semplice bruciatore, uno strumento che produce la combustione della materia “scelta” con modalità e punti di vista di volta in volta obbedienti a strategie di comunicazione diverse. Il fuoco diventa così una scrittura; e il bruciatore (l’atto del bruciare), il suo significato. La pittura-a-bruciatore, poi, condiziona il tipo di effetto estetico che quella scrittura, ed essa soltanto, è in grado di attivare.
È il caso, ad esempio, di «Quello che so è quello che vedo», un’opera che misura lo standard di una possibile biblioteca interamente foderata di carte combuste, da cui emergono libri in brossura rigida come scampati da chissà quale oblio o distruzione (il riferimento è ad Alessandria d’Egitto): contestualmente, lacerti del codice lingua («ero») reiterano disseminati sulla superficie stratificata la cifra di quell’oblio venata di nostalgia (uso del tempo imperfetto) e, forse, di denuncia per un’analfabetizzazione culturale in preoccupante ritorno.
Del resto, la vis polemica e di allarme sociale caratterizza buona quota parte delle sessanta opere che Angiero consegna in questi giorni agli spazî di Castel dell’Ovo in Napoli. Si prenda una istallazione realizzata con figure umane intente a leggere un quotidiano, La Repubblica, giornale “scelto” dal maestro alla stregua di “oggetto d’affezione” e, assieme, di parametro identitario per il messaggio celato nell’etimo: Res-publica, appunto; e la si decifri nell’uso che propone della medesima tecnologia contrassegnante tanto la carta di giornale, lasciata intonsa e dispiegata, che la figura umana rivestita da cima a fondo con carte combuste, anzi, essa stessa carta combusta stratificata e, per così dire, animata. L’esito cui la mise-en-scène perviene è fortemente simbolico. L’uomo contemporaneo è «homo legens», materiato della stessa materia di cui è alimentato il suo costituirsi relazionale di specie evoluta (è pur sempre, con Aristotele, l’unica scimmia che dà del tu a se stesso); ma è anche, soprattutto, contrassegno di potere, il medesimo che la carta stampata evoca a sé come principio di individuazione della propria sopravvivenza (di medium politico, si intende).
Tale circolarità è, dunque, ermeneutica: un indizio richiama l’altro in un sistema di moltiplicazione di sensi e di rimandi tra codici compresenti (l’iconico-figurativo e l’iconico-alfanumerico): «XX secolo» è , in questo senso, illuminate. Si tratta di una serie di pannelli su cui sono stati riprodotti i volti degli uomini più rappresentativi del secolo scorso, raggruppati e variamente assemblati in calce ad una scritta che campeggia ossimorica: “Leggere è uguale per tutti”, laddove invece ciascuno dei personaggi-icona afferma nelle campiture di testo sottratte all’abrasione del fuoco la propria privata, irriducibile verità. Anche qui, cioè, siamo in presenza di una materia, materiata con commutazione di codice: i volti recano infatti brani tratti dalle opere che li hanno resi celebri (“Il Capitale”, per Marx, “Introduzione alla Psicoanalisi”, per Freud, “I Diari”, per il Che, ecc.).
Si diceva sopra della circolarità. Nelle opere di Angiero questa assume i connotati di un leit-motiv. Per quanto sensibile alle problematiche linguistiche ed ai precipitati metaforici dei “testi scritti”, Angiero trova nella circolarità soprattutto idee di semplicità, perfezione, applicazione continua e universale delle forme. Cerchi indubbiamente de-scritti more geometrico, ma secondo una geometria del tutto soggettiva, che fa della centralità e dell’infinitezza il pre-testo per la realizzazione di opere composte di gusci concentrici e sfere infinite, l’una dentro l’altra; i cui gradienti cromatici (strisce / bende di carta colorata ritagliata da riviste e giornali) creano profondità e frontalità: dalla periferia al centro e viceversa, in un equilibrio vivo, carico di tensione. Talvolta, l’immagine restituita dalla girandola è la figura di un bambino, come in « Rashid» e in «Alì», che urla o riflette una condizione di vita disagiata e sofferente. Testimonianze eloquenti di volti bruciati dai fuochi di tante guerre ancora oggi sparse sul pianeta. Tondo, anch’esso, ma non ancora perfetto.
* saggista e critico letterario
11
ottobre 2008
Sabato Angiero – Altroltre
11 ottobre 2008
presentazione
Location
CASTEL DELL’OVO
Napoli, Via Luculliana, (Napoli)
Napoli, Via Luculliana, (Napoli)
Vernissage
11 Ottobre 2008, ore 17,30
Autore
Curatore




