Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- Servizi
- Sezioni
- container colonna1
Sergio Romiti – L’Odissea dell’Oggetto
A sei anni esatti dalla sua scomparsa, la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna dedica una ampia retrospettiva a Sergio Romiti (Bologna 1928)
Comunicato stampa
Segnala l'evento
A sei anni esatti dalla sua scomparsa, la Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna dedica una ampia retrospettiva a Sergio Romiti (Bologna 1928).
Nato a Bologna nel 1928, Romiti cominciò a dipingere alla fine degli anni Quaranta quando espose, ventunenne, in compagnia di Sergio Vacchi e Duilio Barnabè in una collettiva alla Galleria del Secolo di Roma. Sono questi gli anni delle Macellerie, a olio e su carta, certa eredità picassiana, diffusissima allora, nelle forme e nei colori.
Ben presto la sua arte si evolve seguendo il sottile filo conduttore di una progressiva scarnificazione dell'oggetto, in un processo continuo e quasi ossessivo di interiorizzazione. Nel 1952 Francesco Arcangeli riconobbe come Romiti si rivelasse uno dei pochi ad aver “inteso non indegnamente, come intimo esempio di moralità”, la meditazione di Morandi. Emerge sempre di più il rapporto conflittuale con il colore, cercato e poi negato, riportato sulla superficie con tratti svelti e graffiati, alternati da vaste campiture di pasta pittorica che donano spessore fisico ai dipinti.
Particolare importanza riveste, nell’ambito del suo lavoro, la produzione grafica dell'artista: disegni a matita su carta realizzati durante le periodiche fasi di abbandono della pittura, lavori gelosamente custoditi e sinora mai esposti per volontà dell'artista stesso.
Pittore concentrato, solitario, travolto da un intento d’arte e da un’idealità troppo alte e irraggiungibili, si rivela una delle voci della pittura italiana del Novecento tra le più sapienti e sottili, silenziosa e schiva, e per questo più ardua da collocare nella storia dell’arte ufficiale.
L’esposizione di Palazzo Saraceni consta delle opere recentemente donate da Giovanna Romiti alla Fondazione Carisbo e da opere acquistate dalla Fondazione stessa dal 1995 ad oggi.
E’ un segno importante che la Fondazione abbia conquistato la fiducia dei suoi concittadini, ponendosi come un’istituzione ormai consolidata a cui la città intera può guardare come a un possibile luogo di futuro e di conservazione.
Tra gli appunti che Romiti fissa in un piccolo taccuino degli anni Sessanta, velocemente, quasi per caso, ce n’è uno che dice: «Odissea dell’oggetto. L’oggetto e la sua esperienza». Segue poi una seconda riflessione, che chiama in causa una delle sue letture preferite (a quanto mi dice Giovanna Romiti), il Robinson di Defoe: «Robinson Crusoe è per me: gli oggetti. Vedi V. Woolf». Vorrei far notare che, con apparente distrazione, Romiti iscrive la storia della sua pittura nel destino di due grandi naufraghi, due naufraghi del mito antico e moderno: Ulisse in primo luogo, l’eroe che a fatica ritrova la sua casa, e Robinson, il marinaio moderno che si ricostruisce una casa lontano da casa. L’uno, il naufrago che lotta per ritornare, l’altro il naufrago che lotta per sopravvivere. Tutti e due grandi modelli della condizione moderna dell’uomo spossessato di un’identità stabile e sicura. E non è da trascurare il richiamo alla grande scrittrice inglese Virginia Woolf. Se non sbaglio, Romiti allude al saggio intorno a Robinson dove la Woolf identifica la caratteristica principale del romanzo nella dimensione assolutamente oggettuale che lo percorre. Ogni aspetto del mondo, per Robinson, si riduce agli oggetti che deve costruire, che deve inventare, che deve maneggiare. La Natura non importa più, esistono gli alberi da utilizzare, l’acqua da bere, gli animali da uccidere o ammaestrare: «La Morte non esiste» scrive la Woolf. «Non esiste altro al di fuori di una pignatta di terracotta». Robinson non può permettersi il lusso di estasiarsi di fronte alle bellezze del creato, quando ogni minimo incidente potrebbe mandare in crisi l’ordine che si conquista giorno per giorno. In primo piano c’è sempre quell’umile pignatta di terracotta, è lì che va a concentrarsi ogni sforzo del sopravvissuto. Ecco, credo che per Romiti Ulisse e Robinson siano in effetti i due poli in cui si è proiettata spesso la sua ricerca, se la concepiamo come una lunga, strenua, dolorosa attraversata per riconquistare in un certo senso una dimensione domestica, per sentirsi “a casa”, per ricostruire cioè un luogo in cui sopravvivere salvando i pochi oggetti indispensabili alla propria condizione di naufrago. In quanto naufrago, in quanto sopravvissuto, Romiti ha visto nell’“esperienza dell’oggetto” l’unico strumento possibile per resistere. Da qui, dalla salvezza dell’oggetto, o dalla salvezza attraverso l’oggetto, nasce la sua pittura.
Marco A. Bazzocchi, curatore del catalogo
BREVE PROFILO BIOGRAFICO DI SERGIO ROMITI
1928 Sergio Romiti nasce a Bologna il 14 aprile 1928 da Zosimo Romiti, medico chirurgo di origine marchigiana, e da Norma Maranesi, bolognese.
1935 All’età di sette anni subisce un grave incidente automobilistico, che lo terrà inchiodato al letto per molti mesi, a causa del quale dovrà sottoporsi a numerosi interventi chirurgici.
1947 Prima uscita pubblica come pittore. Partecipa infatti con due tempere alla Prima Rassegna Sindacale bolognese di pittura del dopoguerra.
1948 Partecipa alla I Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea, organizzata dall’Alleanza della Cultura di Bologna. Da questo momento è presente in varie mostre nazionali e internazionali, e vince alcuni prestigiosi premi. Alcune sue opere figurano nei Musei d’Arte Moderna di Bologna, Roma, Torino, Milano e alla Tate Gallery di Londra. Dal 1952 al 1960 è invitato a tutte le Biennali d’Arte di Venezia.
1962 Sposa Giovanna Amelia Grassi.
1976 Il Comune di Bologna gli dedica, presso la Galleria d’Arte Moderna, una mostra antologica curata da Maurizio Calvesi (dal 15 marzo al 10 maggio).
2000 Il 12 marzo Sergio Romiti pone fine alla sua vita con un colpo di fucile, nella stessa Bologna dove è sempre vissuto.
2001 Dal 2 ottobre al 15 novembre, il Comune di Bologna e la Galleria d’Arte della città gli dedicano un’ampia mostra (Romiti 1949-1999), a cura di Pier Giovanni Castagnoli.
Nato a Bologna nel 1928, Romiti cominciò a dipingere alla fine degli anni Quaranta quando espose, ventunenne, in compagnia di Sergio Vacchi e Duilio Barnabè in una collettiva alla Galleria del Secolo di Roma. Sono questi gli anni delle Macellerie, a olio e su carta, certa eredità picassiana, diffusissima allora, nelle forme e nei colori.
Ben presto la sua arte si evolve seguendo il sottile filo conduttore di una progressiva scarnificazione dell'oggetto, in un processo continuo e quasi ossessivo di interiorizzazione. Nel 1952 Francesco Arcangeli riconobbe come Romiti si rivelasse uno dei pochi ad aver “inteso non indegnamente, come intimo esempio di moralità”, la meditazione di Morandi. Emerge sempre di più il rapporto conflittuale con il colore, cercato e poi negato, riportato sulla superficie con tratti svelti e graffiati, alternati da vaste campiture di pasta pittorica che donano spessore fisico ai dipinti.
Particolare importanza riveste, nell’ambito del suo lavoro, la produzione grafica dell'artista: disegni a matita su carta realizzati durante le periodiche fasi di abbandono della pittura, lavori gelosamente custoditi e sinora mai esposti per volontà dell'artista stesso.
Pittore concentrato, solitario, travolto da un intento d’arte e da un’idealità troppo alte e irraggiungibili, si rivela una delle voci della pittura italiana del Novecento tra le più sapienti e sottili, silenziosa e schiva, e per questo più ardua da collocare nella storia dell’arte ufficiale.
L’esposizione di Palazzo Saraceni consta delle opere recentemente donate da Giovanna Romiti alla Fondazione Carisbo e da opere acquistate dalla Fondazione stessa dal 1995 ad oggi.
E’ un segno importante che la Fondazione abbia conquistato la fiducia dei suoi concittadini, ponendosi come un’istituzione ormai consolidata a cui la città intera può guardare come a un possibile luogo di futuro e di conservazione.
Tra gli appunti che Romiti fissa in un piccolo taccuino degli anni Sessanta, velocemente, quasi per caso, ce n’è uno che dice: «Odissea dell’oggetto. L’oggetto e la sua esperienza». Segue poi una seconda riflessione, che chiama in causa una delle sue letture preferite (a quanto mi dice Giovanna Romiti), il Robinson di Defoe: «Robinson Crusoe è per me: gli oggetti. Vedi V. Woolf». Vorrei far notare che, con apparente distrazione, Romiti iscrive la storia della sua pittura nel destino di due grandi naufraghi, due naufraghi del mito antico e moderno: Ulisse in primo luogo, l’eroe che a fatica ritrova la sua casa, e Robinson, il marinaio moderno che si ricostruisce una casa lontano da casa. L’uno, il naufrago che lotta per ritornare, l’altro il naufrago che lotta per sopravvivere. Tutti e due grandi modelli della condizione moderna dell’uomo spossessato di un’identità stabile e sicura. E non è da trascurare il richiamo alla grande scrittrice inglese Virginia Woolf. Se non sbaglio, Romiti allude al saggio intorno a Robinson dove la Woolf identifica la caratteristica principale del romanzo nella dimensione assolutamente oggettuale che lo percorre. Ogni aspetto del mondo, per Robinson, si riduce agli oggetti che deve costruire, che deve inventare, che deve maneggiare. La Natura non importa più, esistono gli alberi da utilizzare, l’acqua da bere, gli animali da uccidere o ammaestrare: «La Morte non esiste» scrive la Woolf. «Non esiste altro al di fuori di una pignatta di terracotta». Robinson non può permettersi il lusso di estasiarsi di fronte alle bellezze del creato, quando ogni minimo incidente potrebbe mandare in crisi l’ordine che si conquista giorno per giorno. In primo piano c’è sempre quell’umile pignatta di terracotta, è lì che va a concentrarsi ogni sforzo del sopravvissuto. Ecco, credo che per Romiti Ulisse e Robinson siano in effetti i due poli in cui si è proiettata spesso la sua ricerca, se la concepiamo come una lunga, strenua, dolorosa attraversata per riconquistare in un certo senso una dimensione domestica, per sentirsi “a casa”, per ricostruire cioè un luogo in cui sopravvivere salvando i pochi oggetti indispensabili alla propria condizione di naufrago. In quanto naufrago, in quanto sopravvissuto, Romiti ha visto nell’“esperienza dell’oggetto” l’unico strumento possibile per resistere. Da qui, dalla salvezza dell’oggetto, o dalla salvezza attraverso l’oggetto, nasce la sua pittura.
Marco A. Bazzocchi, curatore del catalogo
BREVE PROFILO BIOGRAFICO DI SERGIO ROMITI
1928 Sergio Romiti nasce a Bologna il 14 aprile 1928 da Zosimo Romiti, medico chirurgo di origine marchigiana, e da Norma Maranesi, bolognese.
1935 All’età di sette anni subisce un grave incidente automobilistico, che lo terrà inchiodato al letto per molti mesi, a causa del quale dovrà sottoporsi a numerosi interventi chirurgici.
1947 Prima uscita pubblica come pittore. Partecipa infatti con due tempere alla Prima Rassegna Sindacale bolognese di pittura del dopoguerra.
1948 Partecipa alla I Mostra Nazionale d’Arte Contemporanea, organizzata dall’Alleanza della Cultura di Bologna. Da questo momento è presente in varie mostre nazionali e internazionali, e vince alcuni prestigiosi premi. Alcune sue opere figurano nei Musei d’Arte Moderna di Bologna, Roma, Torino, Milano e alla Tate Gallery di Londra. Dal 1952 al 1960 è invitato a tutte le Biennali d’Arte di Venezia.
1962 Sposa Giovanna Amelia Grassi.
1976 Il Comune di Bologna gli dedica, presso la Galleria d’Arte Moderna, una mostra antologica curata da Maurizio Calvesi (dal 15 marzo al 10 maggio).
2000 Il 12 marzo Sergio Romiti pone fine alla sua vita con un colpo di fucile, nella stessa Bologna dove è sempre vissuto.
2001 Dal 2 ottobre al 15 novembre, il Comune di Bologna e la Galleria d’Arte della città gli dedicano un’ampia mostra (Romiti 1949-1999), a cura di Pier Giovanni Castagnoli.
24
marzo 2006
Sergio Romiti – L’Odissea dell’Oggetto
Dal 24 marzo al 07 maggio 2006
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE CARISBO – PALAZZO SARACENI
Bologna, Via Farini, 15, (Bologna)
Bologna, Via Farini, 15, (Bologna)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10.00 alle 18.00
Vernissage
24 Marzo 2006, ore 17.30
Autore




