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Sergio Scabar
Il paesaggio urbano di una Trieste onirica e disperata ha rappresentato l’ultima speranza per Sergio Scabar di eludere il richiamo del vuoto; altrettanto era già accaduto per le spiagge notturne, per gli alberi persi nella nebbia bruna dell’alba, per le nuvole opalescenti di cieli da catastrofe nucleare.
Comunicato stampa
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IL SILENZIO DELLE COSE 2004
E’ a un passo dalla meta, dalla conclusione del percorso intrapreso tanti anni fa. Sergio Scabar in questo momento è disperatamente solo di fronte alle notte e alla nebbia delle sue immagini e più in là non può andare dopo aver progressivamente frantumato il linguaggio fotografico. Prima ha rinunciato al colore e alle sue facili suggestioni. Poi ha volutamente dimenticato la luce del sole, rifugiandosi nelle penombre e nelle indefinite sfumature del nero; infine ha abbandonato ogni suggestione prospettica, cara ai fotografi. La figura umana era uscita di scena da tempo immemorabile o forse non vi era mai entrata.
Ora con questa mostra dove le poche immagini sono separate da spazi sempre più ampi di silenzio e sospensione, il percorso della progressiva spogliazione è finito e non esistono per l’autore vie alternative. Il paesaggio urbano di una Trieste onirica e disperata ha rappresentato l’ultima speranza per Sergio Scabar di eludere il richiamo del vuoto; altrettanto era già accaduto per le spiagge notturne, per gli alberi persi nella nebbia bruna dell’alba, per le nuvole opalescenti di cieli da catastrofe nucleare.
Il discorso sofferto dell’autore è ritornato così al suo teatro delle cose: antichi volumi polverosi, sudari, lumini, macchine che volevano fermare sulla pellicola il sentimento del tempo, foglie, conchiglie. C’è anche una misteriosa bottiglia nera piantata nel mezzo di una superficie appena appena illuminata. Le dimensioni non sono valutabili, il contenuto nemmeno. Acqua, vino, veleno, profumo, acido, latte, sudore, benzina, sangue, esplosivo, olio santo. Il vetro, se vetro è, e non metallo o plastica, è opaco, serico, vellutato, polveroso. Una bottiglia che scavalca le tecnologie, intreccia la storia, rifiuta la definizione del tempo. Il relitto di un rito interrotto, un grido nel buio che ci circonda.
Sergio Scabar oltre a questo non può andare. Non può più togliere nulla alle sue immagini, pena il silenzio. Ecco perché la bottiglia-monolite rappresenta il passo finale di un percorso intrapreso tanti anni fa. Non ci si può più abbandonare ad accarezzare i detriti polverosi del passato facendo scivolare nostalgicamente tra le dita i resti consunti. Non è possibile nemmeno allargare l’orizzonte, perché il colore, la luce, la prospettiva, la figura umana sono già lontane dalla scena. Ripudiate, frantumate, dimenticate. C’è solo notte e nebbia e qualche immagine bruna e combusta, adeguatamente distanziata dalle altre. Il suono di un processo di dissoluzione e di abbandono, il peso del tempo e delle sue pause. Il commiato della fotografia come l’abbiamo conosciuta da quel giorno del 1839 in cui su una lastra d’argento tirata a specchio, la luce del sole scrisse il primo daguerrotipo.
Claudio Ernè
Sergio Scabar nasce neI 1946 a Ronchi dei Legionari. Comincia ad interessarsi alla fotografia nel 1964 e ad esporre nel 1970. DaI 1996 in poi, il metodo di lavoro artigianale emerge maggiormente rispetto alle opere precedenti: c’è il contatto diretto con i materiali, il riappropriarsi dei metodi, della meticolosità e dei tempi del lavoro artigianale, con l’uso dei rapporti chimici e sensoriali uniti nella ricerca dell’essenza della creatività. La stampa alchemica ai sali d’argento ‘unico esemplare’ determina l’enorme difficoltà tonale della riproduzione del lavoro. Nel 2003 riceve dal C.R.A.F. il premio “Friuli Venezia Giulia Fotografia”.
Recenti mostre:
2000 - Galleria Nuova Artesegno - Udine, Tabularia Staranzano (GO), In File - Ai Colonos - Villa Caccia di Lestizza
(UD), Arte Fiera Padova - Galleria Nuova Artesegno.
2001 - Arte Fiera Bologna, Vicenza, Padova Galleria Nuova Artesegno, Palazzo De Marchi - Poggiobello (UD), Punto a
Nordest Villa di Toppe di Florio - Buttrio (UD).
2002 - Arte Fiera Bologna - Nuova Artesegno, Juliet Parco Foundation - Casier (TV), Galleria Nuova Artesegno –
Udine.
2003 - Palazzo Frisacco - Tolmezzo (UD), Juliet - Trieste, Villa Ciani - Lestans (PN), Sergio&Thao Mandelli - Seregno
(MI);
E’ a un passo dalla meta, dalla conclusione del percorso intrapreso tanti anni fa. Sergio Scabar in questo momento è disperatamente solo di fronte alle notte e alla nebbia delle sue immagini e più in là non può andare dopo aver progressivamente frantumato il linguaggio fotografico. Prima ha rinunciato al colore e alle sue facili suggestioni. Poi ha volutamente dimenticato la luce del sole, rifugiandosi nelle penombre e nelle indefinite sfumature del nero; infine ha abbandonato ogni suggestione prospettica, cara ai fotografi. La figura umana era uscita di scena da tempo immemorabile o forse non vi era mai entrata.
Ora con questa mostra dove le poche immagini sono separate da spazi sempre più ampi di silenzio e sospensione, il percorso della progressiva spogliazione è finito e non esistono per l’autore vie alternative. Il paesaggio urbano di una Trieste onirica e disperata ha rappresentato l’ultima speranza per Sergio Scabar di eludere il richiamo del vuoto; altrettanto era già accaduto per le spiagge notturne, per gli alberi persi nella nebbia bruna dell’alba, per le nuvole opalescenti di cieli da catastrofe nucleare.
Il discorso sofferto dell’autore è ritornato così al suo teatro delle cose: antichi volumi polverosi, sudari, lumini, macchine che volevano fermare sulla pellicola il sentimento del tempo, foglie, conchiglie. C’è anche una misteriosa bottiglia nera piantata nel mezzo di una superficie appena appena illuminata. Le dimensioni non sono valutabili, il contenuto nemmeno. Acqua, vino, veleno, profumo, acido, latte, sudore, benzina, sangue, esplosivo, olio santo. Il vetro, se vetro è, e non metallo o plastica, è opaco, serico, vellutato, polveroso. Una bottiglia che scavalca le tecnologie, intreccia la storia, rifiuta la definizione del tempo. Il relitto di un rito interrotto, un grido nel buio che ci circonda.
Sergio Scabar oltre a questo non può andare. Non può più togliere nulla alle sue immagini, pena il silenzio. Ecco perché la bottiglia-monolite rappresenta il passo finale di un percorso intrapreso tanti anni fa. Non ci si può più abbandonare ad accarezzare i detriti polverosi del passato facendo scivolare nostalgicamente tra le dita i resti consunti. Non è possibile nemmeno allargare l’orizzonte, perché il colore, la luce, la prospettiva, la figura umana sono già lontane dalla scena. Ripudiate, frantumate, dimenticate. C’è solo notte e nebbia e qualche immagine bruna e combusta, adeguatamente distanziata dalle altre. Il suono di un processo di dissoluzione e di abbandono, il peso del tempo e delle sue pause. Il commiato della fotografia come l’abbiamo conosciuta da quel giorno del 1839 in cui su una lastra d’argento tirata a specchio, la luce del sole scrisse il primo daguerrotipo.
Claudio Ernè
Sergio Scabar nasce neI 1946 a Ronchi dei Legionari. Comincia ad interessarsi alla fotografia nel 1964 e ad esporre nel 1970. DaI 1996 in poi, il metodo di lavoro artigianale emerge maggiormente rispetto alle opere precedenti: c’è il contatto diretto con i materiali, il riappropriarsi dei metodi, della meticolosità e dei tempi del lavoro artigianale, con l’uso dei rapporti chimici e sensoriali uniti nella ricerca dell’essenza della creatività. La stampa alchemica ai sali d’argento ‘unico esemplare’ determina l’enorme difficoltà tonale della riproduzione del lavoro. Nel 2003 riceve dal C.R.A.F. il premio “Friuli Venezia Giulia Fotografia”.
Recenti mostre:
2000 - Galleria Nuova Artesegno - Udine, Tabularia Staranzano (GO), In File - Ai Colonos - Villa Caccia di Lestizza
(UD), Arte Fiera Padova - Galleria Nuova Artesegno.
2001 - Arte Fiera Bologna, Vicenza, Padova Galleria Nuova Artesegno, Palazzo De Marchi - Poggiobello (UD), Punto a
Nordest Villa di Toppe di Florio - Buttrio (UD).
2002 - Arte Fiera Bologna - Nuova Artesegno, Juliet Parco Foundation - Casier (TV), Galleria Nuova Artesegno –
Udine.
2003 - Palazzo Frisacco - Tolmezzo (UD), Juliet - Trieste, Villa Ciani - Lestans (PN), Sergio&Thao Mandelli - Seregno
(MI);
27
marzo 2004
Sergio Scabar
Dal 27 marzo al 15 aprile 2004
arte contemporanea
Location
LA ROGGIA
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Pordenone, Viale Trieste, 19, (Pordenone)
Orario di apertura
dal martedì al sabato h 16 -19.30
Vernissage
27 Marzo 2004, ore 18