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Stefano Ricci – Come guidare la macchina cieca
La mostra di Stefano Ricci si presenta divisa in 2 parti distinte quanto a tecnica espressiva e modalità espositva: si confrontano infatti 12 grandi disegni ed una raccolta di 101 video (proiettati in una camera oscura).
Comunicato stampa
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Legna da ardere è il nome che Ricci ha scelto per la sua impressionante collezione di fotografie, cartoline postali e ritagli di giornale. Queste immagini contengono una scintilla che ha
il compito di iniziare il processo alchemico del disegnare.
La legna da ardere prolifera. Si impilano in fragili torri sui tavoli, contaminate da polvere nera di carbone e tracce di olio come da una massa fungosa. Coinvolti in relazioni nigmatiche e compattati da grosse graffette, questi artefatti già di per sè varrebbero la pena di essere guardati
da occhi estranei.
Alcuni artisti espongono cose del genere.
La piccola fotocamera con funzione video aveva inizialmente nessun altro compito che alimentare le collezioni di materiale fresco.
Di materiale quasi dematerializzato. Facilmente immagazzinabile. Digitale.
Che si possa portare nella tasca dei pantaloni e sia così in grado di testimoniare un sentire in tutte le situazioni della vita.
Con ogni disegno Ricci si butta a denti stretti in un caos inestricabile e cadendo si genera una direzione verso un luogo. Esattamente nella stessa maniera lui segue con la fotocamera un movimento
che rivela il suo senso e la sua compiutezza solo a chi riesce a guardare con coraggio e pazienza fino alla fine.
Niente è troppo piccolo o troppo poco. La domanda se un’alga tonda priva di arti e dunque mossa solo dalla forza dell'acqua riesca a passare una canna che sembra un’ostacolo insuperabile,
assume nei Filmini di Ricci un’importanza esistenziale.
Davanti all’occhio vigile della fotocamera passano cavalli uno dietro l’altro.
Ma sono loro quelli che guardano! Si alternano in un ritmo che ricorda una danza di guerra rigidamente coreografica che serve ad ipnotizzare il nemico.
Il treno si mette in moto.
Lentamente il paesaggio comincia a passare. Aumentando la velocità il bosco si strappa, diventando una struttura grafica, un disegno cellulare.
Solo il sole continua a splendere con la sua luce accecante.
Qualche volta le cose diventano molto concrete. Quando Berlusconi parla e, seguendo una logica assurda e contorta, si autotrasforma in vittima mentre il treno passa attraverso zone industriali abbandonate.
Quando un fotomodello maschile nella pubblicità della Deutsche Bank, sotto l’occhio fisso della fotocamera, subisce la metamorfosi in uomo ombra.
Quando il cane da caccia trova i resti lasciati da un lungo inverno gelido nella sua battaglia contro tutto quello che c’è di vivo nel bosco.
Nelle mani di Ricci l’occhio tecnico della fotocamera genera un mondo di immagini enigmatico, ingannevole, che nello stesso tempo rivela cose e fatti altrimenti invisibili. Già indugiando
in questo sguardo impietoso un mondo intero si racconta.
Anke Feuchtenberger
il compito di iniziare il processo alchemico del disegnare.
La legna da ardere prolifera. Si impilano in fragili torri sui tavoli, contaminate da polvere nera di carbone e tracce di olio come da una massa fungosa. Coinvolti in relazioni nigmatiche e compattati da grosse graffette, questi artefatti già di per sè varrebbero la pena di essere guardati
da occhi estranei.
Alcuni artisti espongono cose del genere.
La piccola fotocamera con funzione video aveva inizialmente nessun altro compito che alimentare le collezioni di materiale fresco.
Di materiale quasi dematerializzato. Facilmente immagazzinabile. Digitale.
Che si possa portare nella tasca dei pantaloni e sia così in grado di testimoniare un sentire in tutte le situazioni della vita.
Con ogni disegno Ricci si butta a denti stretti in un caos inestricabile e cadendo si genera una direzione verso un luogo. Esattamente nella stessa maniera lui segue con la fotocamera un movimento
che rivela il suo senso e la sua compiutezza solo a chi riesce a guardare con coraggio e pazienza fino alla fine.
Niente è troppo piccolo o troppo poco. La domanda se un’alga tonda priva di arti e dunque mossa solo dalla forza dell'acqua riesca a passare una canna che sembra un’ostacolo insuperabile,
assume nei Filmini di Ricci un’importanza esistenziale.
Davanti all’occhio vigile della fotocamera passano cavalli uno dietro l’altro.
Ma sono loro quelli che guardano! Si alternano in un ritmo che ricorda una danza di guerra rigidamente coreografica che serve ad ipnotizzare il nemico.
Il treno si mette in moto.
Lentamente il paesaggio comincia a passare. Aumentando la velocità il bosco si strappa, diventando una struttura grafica, un disegno cellulare.
Solo il sole continua a splendere con la sua luce accecante.
Qualche volta le cose diventano molto concrete. Quando Berlusconi parla e, seguendo una logica assurda e contorta, si autotrasforma in vittima mentre il treno passa attraverso zone industriali abbandonate.
Quando un fotomodello maschile nella pubblicità della Deutsche Bank, sotto l’occhio fisso della fotocamera, subisce la metamorfosi in uomo ombra.
Quando il cane da caccia trova i resti lasciati da un lungo inverno gelido nella sua battaglia contro tutto quello che c’è di vivo nel bosco.
Nelle mani di Ricci l’occhio tecnico della fotocamera genera un mondo di immagini enigmatico, ingannevole, che nello stesso tempo rivela cose e fatti altrimenti invisibili. Già indugiando
in questo sguardo impietoso un mondo intero si racconta.
Anke Feuchtenberger
17
settembre 2010
Stefano Ricci – Come guidare la macchina cieca
Dal 17 settembre al 26 ottobre 2010
arte contemporanea
Location
D406 ARTE CONTEMPORANEA
Modena, Via Cardinale Giovanni Morone, 31/3, (Modena)
Modena, Via Cardinale Giovanni Morone, 31/3, (Modena)
Orario di apertura
martedì 10.30-13.00
mercoledì 16.00-20.00
venerdì 16.30-20.00 21.00-23.00
sabato 10.30-13.00 16.30-20.00
domenica16.30-20.00
Vernissage
17 Settembre 2010, ore 18.00
Autore




