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Steve Roden
Steve Roden ritorna a Torino con alcune serie di nuovi lavori che confermano la sua versatilità e freschezza, e la ricchezza – qualitativa e quantitativa – del suo repertorio.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
A due anni esatti dalla sua prima mostra per e/static (un periodo di lavoro molto intenso, coronato dalla recente acquisizione, da parte del Museo d'Arte Contemporanea di San Diego, della grande installazione "Moon Field") Steve Roden ritorna a Torino con alcune serie di nuovi lavori che confermano la sua versatilità e freschezza, e la ricchezza - qualitativa e quantitativa - del suo repertorio.
Disegni, dipinti, sculture, un'installazione sonora: parti diverse che si accordano intorno all'idea, fondamentale nella sua opera, di 'traduzione' (nuvole dalle tazze, pioggia dalle canzoni...). Emblematico, fra tutti, il lavoro "Vowels", qui in una nuovissima versione creata appositamente per questa mostra, in cui il suono cantato delle cinque vocali, passando per la sua visualizzazione grafica al computer, si trasforma in altrettante sculture, ognuna colorata secondo gli accostamenti formulati da Rimbaud nella sua celebre poesia "Voyelles".
Quella di Roden è una procedura che raggiunge esiti di grande libertà e leggerezza muovendo sempre da una codificazione preventiva molto precisa e rigorosa, secondo modalità che, oltre ad avere una certa analogia con le regole di crescita biologica, rimandano soprattutto a Cage. Esse, infatti, vengono applicate nell'intento di contenere al massimo l'attività determinativa dell'ego, lasciando così la porta aperta all'imprevedibile e incontrollabile. Una sorta di creazione 'pura' - in senso appunto naturale, cioè indeciso - grazie alla quale l'opera sboccia fra le mani dell'artefice, che si limita quindi, deliberatamente, a funzionare come 'elemento' del processo creativo, offrendo allo stesso fruitore la possibilità di prendervi parte a sua volta.
Condizione necessaria, quest'ultima, perché davvero possa disvelarsi, e ancora sbocciare, la vera natura dell'opera.
Disegni, dipinti, sculture, un'installazione sonora: parti diverse che si accordano intorno all'idea, fondamentale nella sua opera, di 'traduzione' (nuvole dalle tazze, pioggia dalle canzoni...). Emblematico, fra tutti, il lavoro "Vowels", qui in una nuovissima versione creata appositamente per questa mostra, in cui il suono cantato delle cinque vocali, passando per la sua visualizzazione grafica al computer, si trasforma in altrettante sculture, ognuna colorata secondo gli accostamenti formulati da Rimbaud nella sua celebre poesia "Voyelles".
Quella di Roden è una procedura che raggiunge esiti di grande libertà e leggerezza muovendo sempre da una codificazione preventiva molto precisa e rigorosa, secondo modalità che, oltre ad avere una certa analogia con le regole di crescita biologica, rimandano soprattutto a Cage. Esse, infatti, vengono applicate nell'intento di contenere al massimo l'attività determinativa dell'ego, lasciando così la porta aperta all'imprevedibile e incontrollabile. Una sorta di creazione 'pura' - in senso appunto naturale, cioè indeciso - grazie alla quale l'opera sboccia fra le mani dell'artefice, che si limita quindi, deliberatamente, a funzionare come 'elemento' del processo creativo, offrendo allo stesso fruitore la possibilità di prendervi parte a sua volta.
Condizione necessaria, quest'ultima, perché davvero possa disvelarsi, e ancora sbocciare, la vera natura dell'opera.
27
maggio 2004
Steve Roden
Dal 27 maggio al 25 settembre 2004
arte contemporanea
Location
E/STATIC > BLANK
Torino, Via Parma, 31, (Torino)
Torino, Via Parma, 31, (Torino)
Orario di apertura
mar-sab 16.30-19.30 oppure su appuntamento
Vernissage
27 Maggio 2004, ore 18.30




