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Ulisse Salvador – Antologica di inediti
170 opere tra oli – affreschi – sculture, mai uscite dallo studio del Maestro.
Comunicato stampa
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Nato nel 1910, Ulisse Salvador ha vissuto in modo intenso tutto il secolo scorso ed è arrivato al nuovo millennio dopo aver attraversato i novant'anni più fitti, più veloci e forse più significativi della storia. Nel Novecento è cambiata radicalmente la concezione di qualunque cosa abbia una relazione con l'operato umano, che sia di natura materiale o spirituale, si sono aperti nuovi campi di sviluppo e create nuove prospettive sul modo di intendere la vita. La tecnologia, i diritti umani, le convenzioni sociali, i tabù, le pratiche spirituali, gli stili di vita, il concetto di tempo e spazio e molto altro, quasi tutto, ha attraversato il secolo uscendone stravolto. A questo non fa eccezione l'arte, che ha sviluppato in pochi anni più correnti, idee, stili, tecniche e ruoli che in tutto l'intero resto del millennio. Per questo trovo particolarmente affascinante approfondire il lavoro di un artista che ha vissuto in un periodo così complesso, di continua transizione, dove era necessario essere sempre pronti a mettere in discussione il proprio punto di vista a seconda della nuova scoperta o delle nuove visioni del mondo che in collaborazione con i media inventarono la massificazione delle idee.
In che modo un artista sceglie in questo contesto un linguaggio da far diventare proprio e come riesce a restargli fedele dandosi una costanza che il mondo sembra aver definitivamente perso? In che cosa si rifugia e che tipo di selettività deve adottare per mantenere una ricerca integra e definita? Ovviamente le risposte a queste e ad altre domande variano a seconda di ogni personalità che si prende in considerazione e sono interconnesse alla biografia personale, ai luoghi in cui ha vissuto e agli altri personaggi con cui è venuto in contatto. Convinta di questo e non avendo avuto modo di incontrare Ulisse Salvador di persona prima di scrivere questo testo, ho comunque fatto delle piccole ricerche su altri cataloghi e da altri testi per capire la sua personalità prima di analizzare le opere in sé.
Salvador è nato a San Martino di Lupari, che non ha mai abbandonato, dimostrando una fedeltà e una coerenza particolari in un periodo geograficamente libertino, dove in un certo senso l'idea dell'arte e della cultura trovava man forte in quello dello spostamento, della velocità, della nascita dell'uomo cosmopolita. Dai testi di alcuni miei colleghi ho anche dedotto che la sua è una personalità un pò chiusa, gelosa del proprio mondo artistico, che ama quasi siggillarsi nel proprio lavoro come se fosse uno scrigno dove i vari elementi in cui trova rifugio e conforto vengono riproposti e ristudiati con le varie tecniche che ha affrontato nei suoi tanti anni di attività. Olio, tempera, affresco, strappo, disegno, acquerello e anche scultura sono i mezzi che ha utilizzato nel corso di vari anni, mantenendo sempre e comunque una impostazione classica. Lo conferma il fatto che il principale di questi mezzi divenne l'affresco, tecnica che ha già in sé un richiamo nostalgico e che dà l'idea di un qualcosa di fermo e stabile, un colore consolidato nella materia. Comincia a realizzare affreschi dal 1943, quando incontra Bruno Saetti, con cui ha avuto oltre che una svolta stilistica anche uno scambio umano o per lo meno di idee dovuto alla condivisione del loro studio per un anno e da un'amicizia assidua per altri due. E in questo caso mi viene in mente su Saetti soprattutto l'isolamento che ha sempre cercato dai vari gruppi e movimenti italiani del periodo, mantenendo una curiosità distaccata dagli input esterni. In tutti e due i casi, quindi, mi sembra importante sottolineare questa creazione di un mondo interno e protetto, un proprio regno interiore che vuole emergere tappezzando il mondo esterno delle opere che ne nascono. Per esempio, dall'esperienza della mia collega Sergia Jessi Ferro vengo a sapere che la casa di Salvador è completamente coperta di quadri, come una sovrapposizione che l'arte fa sull'architettura reale e metaforica della vita vissuta. Una vita trascorsa in modo tutto sommato lineare, sereno, con una famiglia che lo ha appoggiato nella sua vocazione artistica, soprattutto grazie alla figura di suo padre, amante dell'arte e della musica oltre ad essere un importante imprenditore edile. Aiutandolo appunto in questo lavoro, Ulisse Salvador trova un impiego creativo che gli permetteva di progettare, preparare disegni e decorazioni, assumendo in definitiva anche il ruolo che oggi avrebbe un ingegnere o un architetto. Si tratta di un altro esempio di questa capacità razionale che gli ha sempre permesso di mantenere un'unica direzione e di non perdersi negli eccessi del secolo, che non erano solo di natura culturale, ma anche sociale. E invece l'artista vive in un modo quasi nostalgico, attaccato agli amici del suo paese e all'amore per un'unica donna, Dina Bizzotto, che l'accompagna dall'adolescenza in poi.
Questa fermezza di carattere, l'essere schivo, il non pensare tanto all'idea di un riconoscimento - che è poi comunque arrivato - quanto a portare avanti un'arte che rappresentasse la sua visione di un'armonia classica, leggera e tenue, lo hanno portato a perpetuare per tutta la vita un gruppo abbastanza ristretto di soggetti che ci riconducono a un immaginario abbastanza territoriale, umanamente rassicurante e selettivo.
Ne è un esempio il tema religioso, sempre meno presente nella storia dell'arte proprio a partire dal secolo scorso, ma che sia Salvador che il suo amico Saetti hanno perpetuato dandogli una passionalità moderna, che univa una forte umanità al concetto di divino, unendovi il senso del riscatto, il bisogno della fiducia in qualcosa, la pietas e soprattutto il discorso su una "maternità" che prende a pretesto anche il richiamo religioso della Vergine per parlare di una femminilità che dà conforto, perdono e appoggio. L'atmosfera che in linea generale l'artista cerca di ricreare è quella di un ambiente calorosamente avvolgente, rassicurante, un punto fermo nella vita umana che contrasta con la velocità e i cambiamenti repentini del suo secolo. Salvador si fa così uomo dell'attesa, del ricordo, aspetta in una specie di campana di vetro che si sciolgano le confusioni esterne e costruisce con le sue opere un'Arca di Noè dove accoglie i soggetti che vuole salvare dall'alluvione di idee e innovazioni che piovono a dirotto in tutto il mondo. Salva ad esempio i soggetti delle marine e dei nudi e crea dei ritratti dai toni scuri e sfocati che sembrano ritrarre fantasmi più che persone, dando all'idea della famiglia e dei proprio cari un valore di nostalgia e ricordo, di cristallizzazione quasi sacrale nella memoria.
Soprattutto dagli anni settanta evolve in toto questo discorso facendo proprio un nuovo tipo di visione pittorica che lo porta a utilizzare una metafora ben precisa del suo modo di intendere l'arte e la costruzione della propria vita. I suoi soggetti principali diventano i muri veneziani, che rappresentano facciate di case antiche di Venezia, ma soprattutto, in maniera allegorica, la maestosità unita alla severità del gotico, l'erosione del tempo, il legame tra l'uomo e il mare in una urbanizzazione riuscita su note romantiche, il senso di disfattismo delle decorazioni di queste stesse facciate che pure restano erette in un rosso scuro che ricorda tanto il colore di cui amava circondarsi la nobiltà quanto il sangue.
Non è un caso che fu proprio da lì a iniziare la vera e propria fortuna critica dell'artista, che dagli anni '80 vede partire le sue prime grandi mostre antologiche che hanno celebrato questa sua grande continuità emotiva e artistica, la sua solidità e costanza in un lavoro che pure è sempre stato affrontato delicatamente, creando figure opache che avano una sorta di invisibilità trascendentale, richiamando a qualcosa lontano non solo nel tempo, ma anche nella materia, una sorta di spiritualità che si intreccia nei vuoti di colore, che sembra sollevare la figura verso l'alto, farla muovere su un binario verticale verso un'elevazione innaturale, una resurrezione di un'idealità passata, di una concezione ripurificata dell'esistenza come percorso.
Carolina Lio
In che modo un artista sceglie in questo contesto un linguaggio da far diventare proprio e come riesce a restargli fedele dandosi una costanza che il mondo sembra aver definitivamente perso? In che cosa si rifugia e che tipo di selettività deve adottare per mantenere una ricerca integra e definita? Ovviamente le risposte a queste e ad altre domande variano a seconda di ogni personalità che si prende in considerazione e sono interconnesse alla biografia personale, ai luoghi in cui ha vissuto e agli altri personaggi con cui è venuto in contatto. Convinta di questo e non avendo avuto modo di incontrare Ulisse Salvador di persona prima di scrivere questo testo, ho comunque fatto delle piccole ricerche su altri cataloghi e da altri testi per capire la sua personalità prima di analizzare le opere in sé.
Salvador è nato a San Martino di Lupari, che non ha mai abbandonato, dimostrando una fedeltà e una coerenza particolari in un periodo geograficamente libertino, dove in un certo senso l'idea dell'arte e della cultura trovava man forte in quello dello spostamento, della velocità, della nascita dell'uomo cosmopolita. Dai testi di alcuni miei colleghi ho anche dedotto che la sua è una personalità un pò chiusa, gelosa del proprio mondo artistico, che ama quasi siggillarsi nel proprio lavoro come se fosse uno scrigno dove i vari elementi in cui trova rifugio e conforto vengono riproposti e ristudiati con le varie tecniche che ha affrontato nei suoi tanti anni di attività. Olio, tempera, affresco, strappo, disegno, acquerello e anche scultura sono i mezzi che ha utilizzato nel corso di vari anni, mantenendo sempre e comunque una impostazione classica. Lo conferma il fatto che il principale di questi mezzi divenne l'affresco, tecnica che ha già in sé un richiamo nostalgico e che dà l'idea di un qualcosa di fermo e stabile, un colore consolidato nella materia. Comincia a realizzare affreschi dal 1943, quando incontra Bruno Saetti, con cui ha avuto oltre che una svolta stilistica anche uno scambio umano o per lo meno di idee dovuto alla condivisione del loro studio per un anno e da un'amicizia assidua per altri due. E in questo caso mi viene in mente su Saetti soprattutto l'isolamento che ha sempre cercato dai vari gruppi e movimenti italiani del periodo, mantenendo una curiosità distaccata dagli input esterni. In tutti e due i casi, quindi, mi sembra importante sottolineare questa creazione di un mondo interno e protetto, un proprio regno interiore che vuole emergere tappezzando il mondo esterno delle opere che ne nascono. Per esempio, dall'esperienza della mia collega Sergia Jessi Ferro vengo a sapere che la casa di Salvador è completamente coperta di quadri, come una sovrapposizione che l'arte fa sull'architettura reale e metaforica della vita vissuta. Una vita trascorsa in modo tutto sommato lineare, sereno, con una famiglia che lo ha appoggiato nella sua vocazione artistica, soprattutto grazie alla figura di suo padre, amante dell'arte e della musica oltre ad essere un importante imprenditore edile. Aiutandolo appunto in questo lavoro, Ulisse Salvador trova un impiego creativo che gli permetteva di progettare, preparare disegni e decorazioni, assumendo in definitiva anche il ruolo che oggi avrebbe un ingegnere o un architetto. Si tratta di un altro esempio di questa capacità razionale che gli ha sempre permesso di mantenere un'unica direzione e di non perdersi negli eccessi del secolo, che non erano solo di natura culturale, ma anche sociale. E invece l'artista vive in un modo quasi nostalgico, attaccato agli amici del suo paese e all'amore per un'unica donna, Dina Bizzotto, che l'accompagna dall'adolescenza in poi.
Questa fermezza di carattere, l'essere schivo, il non pensare tanto all'idea di un riconoscimento - che è poi comunque arrivato - quanto a portare avanti un'arte che rappresentasse la sua visione di un'armonia classica, leggera e tenue, lo hanno portato a perpetuare per tutta la vita un gruppo abbastanza ristretto di soggetti che ci riconducono a un immaginario abbastanza territoriale, umanamente rassicurante e selettivo.
Ne è un esempio il tema religioso, sempre meno presente nella storia dell'arte proprio a partire dal secolo scorso, ma che sia Salvador che il suo amico Saetti hanno perpetuato dandogli una passionalità moderna, che univa una forte umanità al concetto di divino, unendovi il senso del riscatto, il bisogno della fiducia in qualcosa, la pietas e soprattutto il discorso su una "maternità" che prende a pretesto anche il richiamo religioso della Vergine per parlare di una femminilità che dà conforto, perdono e appoggio. L'atmosfera che in linea generale l'artista cerca di ricreare è quella di un ambiente calorosamente avvolgente, rassicurante, un punto fermo nella vita umana che contrasta con la velocità e i cambiamenti repentini del suo secolo. Salvador si fa così uomo dell'attesa, del ricordo, aspetta in una specie di campana di vetro che si sciolgano le confusioni esterne e costruisce con le sue opere un'Arca di Noè dove accoglie i soggetti che vuole salvare dall'alluvione di idee e innovazioni che piovono a dirotto in tutto il mondo. Salva ad esempio i soggetti delle marine e dei nudi e crea dei ritratti dai toni scuri e sfocati che sembrano ritrarre fantasmi più che persone, dando all'idea della famiglia e dei proprio cari un valore di nostalgia e ricordo, di cristallizzazione quasi sacrale nella memoria.
Soprattutto dagli anni settanta evolve in toto questo discorso facendo proprio un nuovo tipo di visione pittorica che lo porta a utilizzare una metafora ben precisa del suo modo di intendere l'arte e la costruzione della propria vita. I suoi soggetti principali diventano i muri veneziani, che rappresentano facciate di case antiche di Venezia, ma soprattutto, in maniera allegorica, la maestosità unita alla severità del gotico, l'erosione del tempo, il legame tra l'uomo e il mare in una urbanizzazione riuscita su note romantiche, il senso di disfattismo delle decorazioni di queste stesse facciate che pure restano erette in un rosso scuro che ricorda tanto il colore di cui amava circondarsi la nobiltà quanto il sangue.
Non è un caso che fu proprio da lì a iniziare la vera e propria fortuna critica dell'artista, che dagli anni '80 vede partire le sue prime grandi mostre antologiche che hanno celebrato questa sua grande continuità emotiva e artistica, la sua solidità e costanza in un lavoro che pure è sempre stato affrontato delicatamente, creando figure opache che avano una sorta di invisibilità trascendentale, richiamando a qualcosa lontano non solo nel tempo, ma anche nella materia, una sorta di spiritualità che si intreccia nei vuoti di colore, che sembra sollevare la figura verso l'alto, farla muovere su un binario verticale verso un'elevazione innaturale, una resurrezione di un'idealità passata, di una concezione ripurificata dell'esistenza come percorso.
Carolina Lio
04
aprile 2009
Ulisse Salvador – Antologica di inediti
Dal 04 al 26 aprile 2009
arte contemporanea
Location
CHIESA STORICA
San Martino Di Lupari, Piazzale San Pio X, (Padova)
San Martino Di Lupari, Piazzale San Pio X, (Padova)
Orario di apertura
da martedì a venerdì ore 16,00 - 20,00
sabato,domenica e festivi ore 10,00-12,30 e 15,30 - 20,00
Vernissage
4 Aprile 2009, ore 17,30
Autore
Curatore
Ho avuto una fortuna di conoscere di persona maestro Ulisse nell’agosto 2000, una persona mitica. Mia lasciato un ricordo “Muri veneziani” ci tengo con cautela ovunque.