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Valentina De Zanche – Noise of Time
Noise of Time, prima personale milanese di Valentina De Zanche, presenta un’installazione immersiva site-specific composta da sculture, una grande tela, un sound piece e una pubblicazione di poesia concreta. Un percorso tra parola, suono e materia che indaga il tempo e la percezione.
Comunicato stampa
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Noise of Time di Valentina De Zanche
A cura di Greta Pasini
Milliony Arlekina, Via N. Bixio 36, Milano
Opening: 18 settembre 19 – 21
In mostra dal 18 settembre al 18 ottobre 2025
Noise of Time, prima personale milanese di Valentina De Zanche (1992) a cura di Greta Pasini, si presenta come un campo stratificato e immersivo, dove opere visive, parola e suono si rispondono nel tentativo di catturare la densità emotiva del tempo.
La mostra site-specific prende il titolo dall’omonimo testo poetico prodotto dall’artista. Da questa partitura iniziale prende forma un’esplorazione che attraversa introspezione esistenziale, critica sociale e tensione estetica. Lo spazio espositivo si trasforma in un dispositivo immersivo costellato di allusioni a strategie di sopravvivenza quotidiana. Le due sculture argentate - And the bishop goes ziiiiink (2025) e But then the knight comes, the knight comes (2025) - rappresentano un’alfiere e una sella, che si impongono come personaggi archetipici. Figure simboliche che incarnano la dualità maschile-femminile della personalità, ma anche le opposizioni tra rigore e impulso, controllo e ribellione. Questi
personaggi, protagonisti del testo poetico di De Zanche, escono dalla pagina per assumere forma scultorea: grandi pedine dalla superficie fredda e argentata. Il riferimento alla scacchiera non è soltanto formale, ma profondamente concettuale.
Come ne Il settimo sigillo di Ingmar Bergman (1957), la partita in corso non è solo tra pezzi su una griglia, ma tra l’essere umano e il tempo, tra coscienza e disordine. L’opera di De Zanche, come il cavaliere Antonius Block del film, interroga la possibilità stessa di comprensione e il valore del giudizio in un mondo in cui le risposte sembrano dissolversi.
Se in passato la domanda era “Esiste Dio?”, oggi diventa “Come posso sopportare la sospensione di senso?” In questa risonanza, la mostra si configura come uno spazio di meditazione metafisica, dove la vera angoscia non è la fine, ma l’incomprensibilità del tempo stesso. Il tempo, qui, non scorre: si stratifica. Come in un processo alchemico, la mostra si articola in fasi che rimandano simbolicamente alla Nigredo e all’Albedo, momenti chiave nella trasformazione della materia. La Nigredo – fase nera – rappresenta il collasso, il disordine, la dissoluzione iniziale da cui emerge l’urgenza espressiva. L’Albedo – fase bianca – segna invece un passaggio: verso una nuova forma, ricomposta, sublimata, consapevole. Questa dinamica si concretizza visivamente nella grande tela Layers of meanings, layers of sound (2025). In alto, un messaggio dipinto nel mezzo di un sipario aperto invita lo spettatore oltre la soglia. La ricerca di un suono rivelatore è il vero battito del progetto. Tutti gli elementi visivi entrano in risonanza con la composizione sonora realizzata da De Zanche insieme al musicista Leo. Le undici tracce costruiscono un ciclo poetico-musicale in cui narrazione e struttura sonora si intrecciano, trasformando lo spazio espositivo in un organismo vivo e pulsante. Con le cuffie collocate sulla parete di sinistra, il
visitatore si può immergere nell’ascolto delle tracce dall’andamento ritmico e binario: 1 – 2 / 2 – 1. A rafforzare la dimensione materica della parola è la pubblicazione realizzata con l’artista e grafico Domenico Romeo, dove i testi poetici si trasformano in figure visive: sciami di segni che ricordano spartiti, loop, ritmi mentali. La ripetizione diventa forma di conoscenza, e Noise of time si rivela come una partitura aperta, un testo che non si risolve, come un cuore che cerca ancora la propria cadenza.
Il testo poetico da cui tutto ha origine si chiude con una sequenza ipnotica:
What comes first? / What’s intertwined? / Space debris to tidy up, pick them up! Pick them up! / What’s the noise of time? [...] Detach me from always needing to find the meaning of time.
Qui, il tempo appare come detrito: frammento da raccogliere e riassemblare, ma anche come ossessione da cui emanciparsi. La richiesta “detach me” risuona come un mantra necessario: un atto di distacco esistenziale e politico dal bisogno di performare senso e linearità in un mondo che implode nella simultaneità. Il rumore non è un residuo, ma un
contenuto: il suono di ciò che resta, l’eco del non detto, la musica dell’inesprimibile. Attraverso la tensione tra voce e silenzio, strategia e abbandono, regola e improvvisazione, Noise of Time si propone come un gesto radicale che interroga la nostra condizione contemporanea, restituendo alla parola – e al tempo – la loro dimensione originaria: quella del mistero.
Testo di Greta Pasini
A cura di Greta Pasini
Milliony Arlekina, Via N. Bixio 36, Milano
Opening: 18 settembre 19 – 21
In mostra dal 18 settembre al 18 ottobre 2025
Noise of Time, prima personale milanese di Valentina De Zanche (1992) a cura di Greta Pasini, si presenta come un campo stratificato e immersivo, dove opere visive, parola e suono si rispondono nel tentativo di catturare la densità emotiva del tempo.
La mostra site-specific prende il titolo dall’omonimo testo poetico prodotto dall’artista. Da questa partitura iniziale prende forma un’esplorazione che attraversa introspezione esistenziale, critica sociale e tensione estetica. Lo spazio espositivo si trasforma in un dispositivo immersivo costellato di allusioni a strategie di sopravvivenza quotidiana. Le due sculture argentate - And the bishop goes ziiiiink (2025) e But then the knight comes, the knight comes (2025) - rappresentano un’alfiere e una sella, che si impongono come personaggi archetipici. Figure simboliche che incarnano la dualità maschile-femminile della personalità, ma anche le opposizioni tra rigore e impulso, controllo e ribellione. Questi
personaggi, protagonisti del testo poetico di De Zanche, escono dalla pagina per assumere forma scultorea: grandi pedine dalla superficie fredda e argentata. Il riferimento alla scacchiera non è soltanto formale, ma profondamente concettuale.
Come ne Il settimo sigillo di Ingmar Bergman (1957), la partita in corso non è solo tra pezzi su una griglia, ma tra l’essere umano e il tempo, tra coscienza e disordine. L’opera di De Zanche, come il cavaliere Antonius Block del film, interroga la possibilità stessa di comprensione e il valore del giudizio in un mondo in cui le risposte sembrano dissolversi.
Se in passato la domanda era “Esiste Dio?”, oggi diventa “Come posso sopportare la sospensione di senso?” In questa risonanza, la mostra si configura come uno spazio di meditazione metafisica, dove la vera angoscia non è la fine, ma l’incomprensibilità del tempo stesso. Il tempo, qui, non scorre: si stratifica. Come in un processo alchemico, la mostra si articola in fasi che rimandano simbolicamente alla Nigredo e all’Albedo, momenti chiave nella trasformazione della materia. La Nigredo – fase nera – rappresenta il collasso, il disordine, la dissoluzione iniziale da cui emerge l’urgenza espressiva. L’Albedo – fase bianca – segna invece un passaggio: verso una nuova forma, ricomposta, sublimata, consapevole. Questa dinamica si concretizza visivamente nella grande tela Layers of meanings, layers of sound (2025). In alto, un messaggio dipinto nel mezzo di un sipario aperto invita lo spettatore oltre la soglia. La ricerca di un suono rivelatore è il vero battito del progetto. Tutti gli elementi visivi entrano in risonanza con la composizione sonora realizzata da De Zanche insieme al musicista Leo. Le undici tracce costruiscono un ciclo poetico-musicale in cui narrazione e struttura sonora si intrecciano, trasformando lo spazio espositivo in un organismo vivo e pulsante. Con le cuffie collocate sulla parete di sinistra, il
visitatore si può immergere nell’ascolto delle tracce dall’andamento ritmico e binario: 1 – 2 / 2 – 1. A rafforzare la dimensione materica della parola è la pubblicazione realizzata con l’artista e grafico Domenico Romeo, dove i testi poetici si trasformano in figure visive: sciami di segni che ricordano spartiti, loop, ritmi mentali. La ripetizione diventa forma di conoscenza, e Noise of time si rivela come una partitura aperta, un testo che non si risolve, come un cuore che cerca ancora la propria cadenza.
Il testo poetico da cui tutto ha origine si chiude con una sequenza ipnotica:
What comes first? / What’s intertwined? / Space debris to tidy up, pick them up! Pick them up! / What’s the noise of time? [...] Detach me from always needing to find the meaning of time.
Qui, il tempo appare come detrito: frammento da raccogliere e riassemblare, ma anche come ossessione da cui emanciparsi. La richiesta “detach me” risuona come un mantra necessario: un atto di distacco esistenziale e politico dal bisogno di performare senso e linearità in un mondo che implode nella simultaneità. Il rumore non è un residuo, ma un
contenuto: il suono di ciò che resta, l’eco del non detto, la musica dell’inesprimibile. Attraverso la tensione tra voce e silenzio, strategia e abbandono, regola e improvvisazione, Noise of Time si propone come un gesto radicale che interroga la nostra condizione contemporanea, restituendo alla parola – e al tempo – la loro dimensione originaria: quella del mistero.
Testo di Greta Pasini
18
settembre 2025
Valentina De Zanche – Noise of Time
Dal 18 settembre al 18 ottobre 2025
arte contemporanea
Location
Milliony Arlekina
Milano, Via Nino Bixio, 36, (MI)
Milano, Via Nino Bixio, 36, (MI)
Orario di apertura
giovedì ore 19 - 21
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico




