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Venus Noire
Galleria Anna Marra è lieta di presentare “Venus Noire”, mostra collettiva a cura di Alessandro Romanini, che riunisce un gruppo di artiste provenienti dall’Africa e dalla sua diaspora.
Comunicato stampa
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Galleria Anna Marra è lieta di presentare Venus Noire, mostra collettiva a cura di Alessandro Romanini, che riunisce un gruppo di artiste provenienti dall'Africa e dalla sua diaspora. L'esposizione si propone di tracciare una mappatura delle più attuali strategie espressive che uniscono sinergicamente etica ed estetica, diritti umani e riflessioni metalinguistiche sul ruolo dell'arte.
Fulcro concettuale dell’esposizione è la figura iconica di Josephine Baker (1906 – 1975), della quale ricorrono i 50 anni dalla scomparsa e i 100 anni dalla leggendaria "comparsa" sul palco parigino del Théâtre des Champs-Élysées con la "Revue Nègre" (1925), un evento che segnò la "Jazz Age" e l'interesse crescente per la cultura africana in Europa.
La mostra intende celebrare Baker non solo come performer e icona di stile che manipolò brillantemente gli stereotipi eurocentrici sulla black culture (dalla famosa "danse sauvage" con la gonna di banane all'influenza sul fashion design fino a Christian Dior e Beyoncé), ma anche e soprattutto per la sua inesauribile attitudine da attivista. L’esperienza di Josephine Baker e delle artiste coinvolte ci illustra come il corpo diventi luogo di potere, strumento di composizione della dialettica e terreno di conflitto, oltre che strumento per le strategie di riflessione sull’universo femminile e razziale.
Le artiste in mostra, attraverso una vasta gamma di linguaggi che spaziano dalla fotografia alla performance, dalla pittura all'installazione, si allineano alla sottile e articolata strategia di Baker: minare dall'interno le rigide strutture dello storytelling eurocentrico e occidentale e dare corpo a nuovi modelli di (auto)rappresentazione.
Il percorso espositivo esplora tematiche fondamentali, quali Identità e Autorappresentazione, Etica ed Estetica. Le opere sottolineano l'importanza del "luogo della parola" (locus of enunciation), evidenziando il punto di vista di chi parla e il superamento dei rischi legati alla discriminazione intersezionale (razza e genere), creando una perfetta armonia tra le rivendicazioni legate ai diritti umani/gender e le riflessioni sul ruolo dell'arte, in linea con il concetto di Post-Blackness elaborato da figure come Thelma Golden e Glenn Ligon. Le opere dimostrano una sofisticata comprensione dei fenomeni contemporanei e una capacità di elaborare nuove strategie espressive consone a congiunture storiche complesse, superando l'aggressività militante degli anni '60 in favore di una sottile riflessione critica.
A completare l'omaggio e a contestualizzare la sua influenza, l'allestimento includerà una selezione di preziose immagini e filmati d'archivio sulla vita e l'arte della “Venere Nera”, offrendo uno sguardo diretto sulla danse sauvage, sui celebri costumi di scena e sul ruolo di Baker come icona di stile e attivista, creando un dialogo continuo tra il passato rivoluzionario della performer e le strategie espressive delle artiste contemporanee.
Venus Noire offre al pubblico l'opportunità di immergersi in un percorso che è al contempo omaggio storico e affermazione contemporanea. Un invito a riflettere sul potere del corpo e della parola nell'arte, in un dialogo continuo tra passato e presente che affonda le radici nelle strategie rivoluzionarie di Josephine Baker.
Seyni Awa Camara (Senegal, 1945) è una scultrice di fama internazionale. Originaria del popolo Diola, la sua arte è profondamente radicata nell'animismo e nella tradizione sciamanica locale, trasmessa oralmente.
Il suo linguaggio visivo si esprime attraverso sculture in terracotta che fondono il sacro con il quotidiano. La sua pratica artistica trasferisce nella creta una visione ancestrale per mettere in comunicazione passato e presente. Le sue figure ritraggono antenati e divinità in forme singolari: i volti appaiono deformi o buffi, i corpi sono adorni di scarificazioni e gioielli, e le figure principali generano molteplici altre figurine, celebrando il tema della fertilità e della Dea Madre. Con uno stile inconfondibile, rifiuta le categorie estetiche tradizionali, denunciando il valore intrinseco e taumaturgico dell'arte ispirata dalle entità spirituali. Il riconoscimento internazionale è arrivato con la partecipazione alla storica collettiva parigina "Magiciens de la Terre" (1989), dove le sue opere furono esposte accanto a quelle di Louise Bourgeois.
Khadija Jayi (Marocco, 1989) ha osato sfidare l'ambiente conservatore della sua terra natale per dedicarsi all'arte. La sua ricerca si appropria del linguaggio del fuoco – luce, calore e sofferenza – come metafora per esplorare i conflitti tra tradizione e modernità. Le sue opere, spesso autobiografiche, utilizzano un approccio simbolico di forme e bruciature per sublimare le ferite delle esperienze personali. Si è classificata al secondo posto al Premio Mustaqbal di Casablanca (2021) e ha ricevuto il Women Art Award all'International Female Artists Summit di Roma (2023). Ha ottenuto la borsa di studio della Tyburn Foundation per una residenza presso Civitella Ranieri (2026).
Alexandra Karakashian (Sudafrica, 1988) basa la sua ricerca sulla storia personale e familiare per riflettere su questioni attuali come esilio, migrazione e condizione di rifugiato. Utilizza media non convenzionali come olio e sale per esplorare le tragedie del passato e del presente, ponendo l'accento sul processo e la materialità come elementi chiave per affrontare il tema del dislocamento ambientale e umano. Le sue opere fanno parte di importanti collezioni pubbliche e private internazionali, tra cui la Iziko South African National Gallery. Ha ricevuto il Judy Steinberg Painting Prize e il Simon Gerson Distinction Award durante i suoi studi a Città del Capo.
Laetitia Ky (Costa d'Avorio, 1996) è un’artista e attivista nota per le sue sculture create intrecciando i suoi stessi capelli afro. Le sue metamorfosi dei corpi, mediate attraverso la fotografia e il video, celebrano l'eredità africana e sono un potente strumento di comunicazione. Il suo lavoro sensibilizza con forza sui temi della razza, parità di genere e giustizia sociale, trasformando la chioma in una tela per messaggi espliciti e carichi di simbolismo. Il suo lavoro ha ottenuto risonanza internazionale grazie alla sua partecipazione al Padiglione Nazionale della Costa d'Avorio alla 59. Biennale di Venezia (2022) e a mostre in importanti musei come il Musée des Arts Décoratifs di Parigi. È stata inoltre insignita dell'Orso d'Argento al Festival del Cinema di Berlino per la sua interpretazione nel film Disco Boy.
Aida Muluneh (Etiopia, 1974) è una fotografa di fama internazionale, fondatrice dell'Addis Foto Fest. Cresciuta tra Yemen, Inghilterra e Canada, la sua arte utilizza colori vibranti e un potente linguaggio visivo per affrontare temi come disuguaglianza, pregiudizio, ortodossia e colonialismo. Le sue figure affascinanti, che richiamano manufatti e affreschi etiopi, le permettono di denunciare le violazioni dei diritti umani e l'identità femminile africana con uno stile inconfondibile. Nel 2019 è stata la prima donna di origine africana a collaborare all'esposizione organizzata per il Premio Nobel per la Pace. Ha vinto numerosi premi internazionali, tra cui l'European Union Prize all'African Photography Encounters.
Fulcro concettuale dell’esposizione è la figura iconica di Josephine Baker (1906 – 1975), della quale ricorrono i 50 anni dalla scomparsa e i 100 anni dalla leggendaria "comparsa" sul palco parigino del Théâtre des Champs-Élysées con la "Revue Nègre" (1925), un evento che segnò la "Jazz Age" e l'interesse crescente per la cultura africana in Europa.
La mostra intende celebrare Baker non solo come performer e icona di stile che manipolò brillantemente gli stereotipi eurocentrici sulla black culture (dalla famosa "danse sauvage" con la gonna di banane all'influenza sul fashion design fino a Christian Dior e Beyoncé), ma anche e soprattutto per la sua inesauribile attitudine da attivista. L’esperienza di Josephine Baker e delle artiste coinvolte ci illustra come il corpo diventi luogo di potere, strumento di composizione della dialettica e terreno di conflitto, oltre che strumento per le strategie di riflessione sull’universo femminile e razziale.
Le artiste in mostra, attraverso una vasta gamma di linguaggi che spaziano dalla fotografia alla performance, dalla pittura all'installazione, si allineano alla sottile e articolata strategia di Baker: minare dall'interno le rigide strutture dello storytelling eurocentrico e occidentale e dare corpo a nuovi modelli di (auto)rappresentazione.
Il percorso espositivo esplora tematiche fondamentali, quali Identità e Autorappresentazione, Etica ed Estetica. Le opere sottolineano l'importanza del "luogo della parola" (locus of enunciation), evidenziando il punto di vista di chi parla e il superamento dei rischi legati alla discriminazione intersezionale (razza e genere), creando una perfetta armonia tra le rivendicazioni legate ai diritti umani/gender e le riflessioni sul ruolo dell'arte, in linea con il concetto di Post-Blackness elaborato da figure come Thelma Golden e Glenn Ligon. Le opere dimostrano una sofisticata comprensione dei fenomeni contemporanei e una capacità di elaborare nuove strategie espressive consone a congiunture storiche complesse, superando l'aggressività militante degli anni '60 in favore di una sottile riflessione critica.
A completare l'omaggio e a contestualizzare la sua influenza, l'allestimento includerà una selezione di preziose immagini e filmati d'archivio sulla vita e l'arte della “Venere Nera”, offrendo uno sguardo diretto sulla danse sauvage, sui celebri costumi di scena e sul ruolo di Baker come icona di stile e attivista, creando un dialogo continuo tra il passato rivoluzionario della performer e le strategie espressive delle artiste contemporanee.
Venus Noire offre al pubblico l'opportunità di immergersi in un percorso che è al contempo omaggio storico e affermazione contemporanea. Un invito a riflettere sul potere del corpo e della parola nell'arte, in un dialogo continuo tra passato e presente che affonda le radici nelle strategie rivoluzionarie di Josephine Baker.
Seyni Awa Camara (Senegal, 1945) è una scultrice di fama internazionale. Originaria del popolo Diola, la sua arte è profondamente radicata nell'animismo e nella tradizione sciamanica locale, trasmessa oralmente.
Il suo linguaggio visivo si esprime attraverso sculture in terracotta che fondono il sacro con il quotidiano. La sua pratica artistica trasferisce nella creta una visione ancestrale per mettere in comunicazione passato e presente. Le sue figure ritraggono antenati e divinità in forme singolari: i volti appaiono deformi o buffi, i corpi sono adorni di scarificazioni e gioielli, e le figure principali generano molteplici altre figurine, celebrando il tema della fertilità e della Dea Madre. Con uno stile inconfondibile, rifiuta le categorie estetiche tradizionali, denunciando il valore intrinseco e taumaturgico dell'arte ispirata dalle entità spirituali. Il riconoscimento internazionale è arrivato con la partecipazione alla storica collettiva parigina "Magiciens de la Terre" (1989), dove le sue opere furono esposte accanto a quelle di Louise Bourgeois.
Khadija Jayi (Marocco, 1989) ha osato sfidare l'ambiente conservatore della sua terra natale per dedicarsi all'arte. La sua ricerca si appropria del linguaggio del fuoco – luce, calore e sofferenza – come metafora per esplorare i conflitti tra tradizione e modernità. Le sue opere, spesso autobiografiche, utilizzano un approccio simbolico di forme e bruciature per sublimare le ferite delle esperienze personali. Si è classificata al secondo posto al Premio Mustaqbal di Casablanca (2021) e ha ricevuto il Women Art Award all'International Female Artists Summit di Roma (2023). Ha ottenuto la borsa di studio della Tyburn Foundation per una residenza presso Civitella Ranieri (2026).
Alexandra Karakashian (Sudafrica, 1988) basa la sua ricerca sulla storia personale e familiare per riflettere su questioni attuali come esilio, migrazione e condizione di rifugiato. Utilizza media non convenzionali come olio e sale per esplorare le tragedie del passato e del presente, ponendo l'accento sul processo e la materialità come elementi chiave per affrontare il tema del dislocamento ambientale e umano. Le sue opere fanno parte di importanti collezioni pubbliche e private internazionali, tra cui la Iziko South African National Gallery. Ha ricevuto il Judy Steinberg Painting Prize e il Simon Gerson Distinction Award durante i suoi studi a Città del Capo.
Laetitia Ky (Costa d'Avorio, 1996) è un’artista e attivista nota per le sue sculture create intrecciando i suoi stessi capelli afro. Le sue metamorfosi dei corpi, mediate attraverso la fotografia e il video, celebrano l'eredità africana e sono un potente strumento di comunicazione. Il suo lavoro sensibilizza con forza sui temi della razza, parità di genere e giustizia sociale, trasformando la chioma in una tela per messaggi espliciti e carichi di simbolismo. Il suo lavoro ha ottenuto risonanza internazionale grazie alla sua partecipazione al Padiglione Nazionale della Costa d'Avorio alla 59. Biennale di Venezia (2022) e a mostre in importanti musei come il Musée des Arts Décoratifs di Parigi. È stata inoltre insignita dell'Orso d'Argento al Festival del Cinema di Berlino per la sua interpretazione nel film Disco Boy.
Aida Muluneh (Etiopia, 1974) è una fotografa di fama internazionale, fondatrice dell'Addis Foto Fest. Cresciuta tra Yemen, Inghilterra e Canada, la sua arte utilizza colori vibranti e un potente linguaggio visivo per affrontare temi come disuguaglianza, pregiudizio, ortodossia e colonialismo. Le sue figure affascinanti, che richiamano manufatti e affreschi etiopi, le permettono di denunciare le violazioni dei diritti umani e l'identità femminile africana con uno stile inconfondibile. Nel 2019 è stata la prima donna di origine africana a collaborare all'esposizione organizzata per il Premio Nobel per la Pace. Ha vinto numerosi premi internazionali, tra cui l'European Union Prize all'African Photography Encounters.
28
novembre 2025
Venus Noire
Dal 28 novembre 2025 al 14 febbraio 2026
arte contemporanea
Location
Galleria Anna Marra
Roma, Via di S. Angelo in Pescheria, 32, (RM)
Roma, Via di S. Angelo in Pescheria, 32, (RM)
Orario di apertura
lunedì - venerdì 15.30 - 19.30
sabato 10.00 - 14.00
Vernissage
27 Novembre 2025, dalle 19.00 alle 21.00
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico




