03 aprile 2015

Arting 159

 

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Il percorso artistico di Ezio Alzani è contraddistinto, fin dalla più giovane età, dalla ricerca della propria individualità. Nonostante l’insofferenza per le metodologie didattiche in Accademia, Alzani ama e ha studiato a lungo artisti quali Gustave Courbet, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Giovanni Segantini e Giovanni Boldini.

Non stupiamoci se oggi le sue opere virano decisamente verso l’Informale: ciò risponde alla necessità di comunicare il proprio temperamento attraverso l’immediatezza e l’irruenza della gestualità. Le radici della tavolozza di Alzani vanno cercate in quelle adottate da alcuni pittori lombardi collocabili tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento.

Nessuno è solo ma, come affermava Bernardo di Chartres,

“Siamo come nani sulle spalle dei giganti, così che possiamo vedere un maggior numero di cose e più lontano di loro, tuttavia non per l’acutezza della vista o la possenza del corpo, ma perché sediamo più in alto e ci eleviamo proprio grazie alla grandezza dei giganti” .1

Restare se stessi pur essendo, al tempo stesso, l’anello finale di una catena lunga migliaia di anni non è certo facile; si tratta della ricerca e del mantenimento di un equilibrio labilissimo, in qualsiasi momento pronto al disfacimento.

Alzani, tuttavia, forte dei propri studi, riconosce ben presto quali artisti studiare: ammira le pennellate leggere e ariose di Boldini, la tavolozza madreperlacea e il contatto con la natura autentico, viscerale di Segantini.

Il passaggio dalla figurazione all’Informale è il risultato più evidente della conquista della propria libertà espressiva. L’Informale di Ezio Alzani può essere definito materico e gestuale al tempo stesso, senza che questi appellativi, tuttavia, concorrano a definirlo pienamente. La violenza delle pennellate, molto evidente nella produzione degli anni passati, viene stemperata a favore di una maggiore liricità. Ad un messaggio urlato si è sostituito uno più meditato e mediato da una gestualità che egli stesso definisce “segnica”, «perché la mia pittura è la ricerca dell’individualità che mi caratterizza», afferma. La materia pittorica, ricca e intensa, viene stesa sovente con la spatola, nella ricerca di una maggiore plasticità e di una genuinità coloristica che si colloca nel solco della lunga tradizione italiana.

1 Cfr. Giovanni di Salisbury, Metalogicon, III, 4.

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