16 maggio 2024

La Triennale di Bruges 2024 è una serie di sperimentazioni artistiche diffuse su tutta la città

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Con il tema “Space of Possibility” la quarta edizione della manifestazione belga chiama a raccolta dodici tra artisti e architetti internazionali a reimmaginare luoghi inutilizzati o poco conosciuti della città

Under the Carpet, Adrien Tirtiaux, Bruges Triennial 2024 © Filip Dujardin

Bruges è una città in costante trasformazione nonostante il suo patrimonio storico artistico cristallizzato nel passato. Plasmata da un susseguirsi di vicende storiche sin dalla sua fondazione nel IX secolo, ha continuato ad evolversi fino a diventare quello che conosciamo oggi: una città del XIII secolo dichiarata patrimonio mondiale dall’UNESCO, che cerca però di reinventarsi pur nel rispetto della propria storia. E lo dimostra Spaces of Possibility, la triennale che fino al 1° settembre presenta interventi e installazioni di 12 artisti e architetti internazionali che hanno indagano criticamente l’ambiente urbano, creando percorsi che trascendono quelli turistici predeterminati. “Abbiamo chiesto agli autori selezionati di pensare ai propri interventi come a esercizi di immaginazione su ciò che Bruges può essere, oggi e in futuro, in termini di sostenibilità e cambiamento in un contesto in cui la conservazione è centrale” affermano le curatrici di questa edizione della triennale, Shendy Gardin e Sevie Tsampalla.

Praticare il possibile significa, come scrive Rebecca Solnit, pensare alla città come a una “collezione di possibilità”, sfidare i paradigmi dominanti e suggerire la riqualificazione i luoghi marginali attraverso interventi non invasivi. Mariana Castillo Deball è intervenuta nel parco di Sebrechts con Firesong for the bees, a tree of clay. L’installazione ospita una casa temporanea per le api, dove su una struttura di legno, sostenuta da colonne in ceramica, sono collocate tre arnie in ceramica. Le ceramiche alludono alle tradizionali arnie in uso fino al 1852, quando furono sostituite da quelle in legno. L’opera fa riferimento all’archeologia dell’apicoltura per “re-impollinare” la città con iconografie e architetture dimenticate. A metà tra una struttura espositiva e un dispositivo critico, l’opera invita a riflettere sul perché alcuni oggetti diventino obsoleti e sui processi estrattivi che portano all’estinzione di alcune specie animali. Per realizzare l’opera, Castillo Deball ha collaborato con Biesous, due giovani apicoltori locali che si prendono cura delle api, che al termine della Triennale doneranno le arnie agli apicoltori locali.

Rende attuale la storia della manifattura tessile della città l’installazione Common Thread, ideata dallo studio di architettura newyorkese SO–IL, nel giardino del Convento dei Cappuccini. Durante il Medioevo i mercanti di Bruges commerciavano tessuti fiamminghi di altissima qualità, attività che permise lo sviluppo e il benessere economico della città. Common Thread è un tunnel di filati high-tech provenienti da bottiglie in PET riciclate, una membrana semitrasparente sinuosa, realizzato in collaborazione con l’Università tecnica di Delft. Nei pressi del Minnewater Bridge, dove scorre il fiume Reie, Sumayya Vally, architetta basata a Johannesburg, ha installato Grains of Paradise, una serie di piroghe cariche di erbe e spezie, per ricordare le rotte commerciali internazionali che dal fiume raggiungevano il resto del mondo. Tra i beni importati vi era il “pepe malagueta”, molto apprezzato dagli abitanti medievali di Bruges tanto da essere stato soprannominato “grano del paradiso”.

Firesong for the bees, a tree of clay, Mariana Castillo Deball, Bruges Triennial 2024, © Filip Dujardin (1)

Shingo Masuda e Katsuhisa Ostubo, dell’omonimo studio di architettura di Tokyo, sono intervenuti nel parco del St John’s Hospital. Hanno creato Empty drop, una struttura geometrica in mattoni per celebrare un luogo defilato rispetto agli altri parchi cittadini, vissuto solo come luogo di passaggio per raggiungere l’ospedale o il vicino parcheggio. Nei pressi del parco ha lavorato anche l’artista e ingegnere belga Adrien Tirtiaux, che ha reso di nuovo percorribile una parte della strada che collegava il St John’s Hospital e Minnewater Clinic. Come un archeologo della modernità Tirtiaux con Under the Carpet ha portato alla luce un’arteria cittadina e l’ingresso di una galleria sotterranea. Il suo intervento termina con un volume ondulato composto da uno tappeto di muschio e fogliame. Anche l’Earthsea Pavilion dello Studio Ossidiana ci parla di sedimentazioni, questa volta geologiche. Gli architetti italiani di base a Rotterdam hanno portato in superficie strati di terra provenienti da un sito archeologico recentemente scavato. L’Earthsea Pavilion è un ecosistema unico nel suo genere che raccoglie terra, torba, conchiglie e foglie.

Altrettanto suggestiva è Star of the Sea ideata da Ivan Morison nella spiaggia della cittadina costiera di Zeebrugge. L’installazione permanente attira l’attenzione da lontano con la sua voluminosa struttura in cemento e i curiosi camini. Invita i passanti ad entrare ed esplorarla. Star of the Sea è parte di The Fabric of Life, l’ottava edizione di Beaufort24, Triennale d’Arte Contemporanea in riva al mare, che offre un viaggio attraverso la storia e la cultura del litorale fiammingo. Qui sono intervenuti diciotto artisti belgi e internazionali con installazioni e interventi visitabili fino al 3 novembre 2024. Otto di questi diventeranno parte del Beaufort Sculpture Park che si sviluppa lungo tutta la costa belga, progetto iniziato nel 2003, che si arricchisce con nuove opere ogni tre anni. Si può esplorare Beaufort24 seguendo percorsi ciclabili e pedonali, o servendosi del tram che percorre tutti i 67 chilometri della costa. The Fabric of Life intreccia scenari molteplici, aree portuali, centri cittadini come De Panne e Ostenda, mercati, dune e litorali in un gioco di sguardi e suggestioni tra arte e paesaggio.

Common Thread, SO–IL, Bruges Triennial 2024, © Filip Dujardin

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