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Miart 2026: due nuove sezioni per i 30 anni della fiera, che cambia volto
Fiere e manifestazioni
di redazione
Il jazz come metafora di libertà, improvvisazione e ascolto reciproco: per i suoi 30 anni, miart partirà da un omaggio a John Coltrane e Miles Davis che, con il tema New Directions, risuona anche come una dichiarazione d’intenti. Il leitmotiv è infatti il rinnovamento, a partire dal cambio sede, già annunciato nei mesi scorsi, che porterà la fiera fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea, organizzata da Fiera Milano e diretta da Nicola Ricciardi, nella South Wing dell’Allianz MiCo, dal 17 al 19 aprile 2026, con preview il 16.
Ma la 30ma edizione introdurrà anche due nuove sezioni che rispecchiano questa attitudine sperimentale. La prima, Established Anthology, è una metasezione della storica Established e raccoglie progetti espositivi che attraversano il tempo come esperienza vissuta, indagando ciclicità, metamorfosi e memoria. Le opere, sia moderne che contemporanee, dialogheranno in un racconto che intreccia oblio e rinascita, presente e futuro, in linea con la vocazione di miart a costruire connessioni cronologiche e concettuali.

La seconda sezione al debutto di miart 2026, Interplay, prende il nome da un termine chiave del lessico jazzistico e si fonda sull’idea di collaborazione. Ogni spazio sarà condiviso da due gallerie che proporranno un progetto corale, unendo linguaggi, generazioni, geografie e impostazioni differenti. Una sezione pensata come laboratorio in cui l’arte diventa una pratica di relazione, una forma di “improvvisazione” – ma ben pianificata – collettiva.

Il nuovo layout espositivo, distribuito su tre livelli, accompagnerà i visitatori in un percorso fluido e ritmato: al piano d’ingresso la sezione Emergent, dedicata alle gallerie più giovani, a quello inferiore si troveranno Established e Interplay; mentre al superiore Established Anthology e l’area VIP.
A rinnovarsi è anche l’identità visiva: lo studio Leftloft firma la nuova campagna grafica per miart 2026, concepita come uno spartito visivo in cui forma, colore e tipografia si muovono liberamente attorno a un tema comune. Il risultato è un linguaggio dinamico, che traduce in segni il valore dell’improvvisazione e l’apertura verso il futuro.















