08 ottobre 2025

Due ritratti per Torino: Aldo Mondino e Carlo Mollino attraverso l’obiettivo

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Nelle project room dell’Hotel NH Carlina, le fotografie di Fabrizio Garghetti e Claudio Gobbi raccontano due maestri della creatività torinese: l’artista Aldo Mondino e l’architetto Carlo Mollino

Torino si offre come palcoscenico di un incontro inatteso e fecondo: due mostre fotografiche inaugurano in parallelo all’Nh Carlina dedicando i loro sguardi a due giganti della creatività piemontese – Aldo Mondino e Carlo Mollino – attraverso l’occhio di due interpreti altrettanto raffinati, Fabrizio Gorghetti e Claudio Gobbi.

L’esito non è la semplice celebrazione di due figure cardine del Novecento torinese ma un dialogo incrociato sul tema del ritratto: quello diretto, intimo e amicale tra artista e fotografo nel caso di Mondino, e quello mediato, a distanza, tra architettura e sguardo nel caso di Mollino.

Garghetti e Mondino: il ritratto come complicità

La mostra nella sala blu di Nh Carlina è dedicata ad Aldo Mondino attraverso gli scatti di Fabrizio Garghetti, fotografo che con l’artista ha condiviso un’amicizia profonda. La mostra è in collaborazione con la Crescentina di Fubine Monferrato.

Garghetti non fotografa Mondino per archiviarne le fattezze ma per coglierne l’energia, l’ironia, la dimensione ludica che permeava tanto l’uomo quanto l’opera. È un ritratto che sfugge alla fissità, in cui l’artista torinese appare immerso in quell’universo di paradossi e leggerezza che ha caratterizzato tutta la sua ricerca. Qui la fotografia accorcia la distanza critica e si fa di prossimità: un corpo a corpo di sguardi che restituisce il Mondino più autentico, colto nella sua quotidiana eccentricità.

Gobbi e Mollino: architettura come corpo fotografico

In sala rossa, il fotografo Claudio Gobbi, in collaborazione con Galleria Davide Di Maggio, presenta la mostra MOLLINO. Lost & Found, un momento chiave nel lavoro dell’artista, una riflessione sul rapporto tra fotografia, architettura, memoria e bellezza perduta.

Gobbi presenta una selezione di otto scatti fotografici di grandi dimensioni del più ampio progetto dedicato a due luoghi emblematici del lavoro di Carlo Mollino: il Teatro Regio, ricostruito dopo l’incendio del 1936 e inaugurato nel 1973, e il Lutrario Dancing.

Gobbi sceglie di fotografare le architetture di Mollino come se fossero organismi viventi, spazi che respirano e narrano. Il Teatro Regio, simbolo di una Torino che negli anni Settanta guardava al futuro, viene ritratto come una macchina scenica, un cuore pulsante fatto di curve e spigoli, di pieni e vuoti che parlano di sensualità e misura.

Il Dancing Lutrario, con la sua carica visionaria e la sua teatralità notturna, diventa invece il luogo in cui Mollino fonde razionalità e barocco, rigore ingegneristico e fantasia onirica. Gobbi ne restituisce la forza plastica, la tensione estetica, l’irriducibile singolarità.

Dancing Lutrario

Due ritratti, due assenze

Il gioco delle due mostre sta proprio in questa dialettica: da un lato, il ritratto diretto di un artista attraverso lo sguardo dell’amico, dall’altro, il ritratto indiretto di un architetto attraverso le sue opere.
Mondino è presente fisicamente, colto nei suoi gesti e nel suo carattere. Mollino, al contrario, resta un’assenza, un’ombra che si manifesta nelle forme che ha lasciato. Entrambi, però, emergono come figure irriducibili, sfuggenti, capaci di plasmare Torino in modi diversi e complementari.

Torino come matrice

Sul fondo, la città di Torino agisce come matrice comune. Mondino la usa come trampolino per una ricerca globale, ironica e interculturale, Mollino la trasforma in laboratorio di un’estetica personalissima, che ancora oggi sembra provenire da un altrove.
Le fotografie di Garghetti e Gobbi ci ricordano come, a distanza di decenni, questi due protagonisti abbiano inscritto nel tessuto urbano e culturale torinese la testimonianza di un’arte libera e visionaria.

La doppia mostra in Nh Carlina rappresenta un invito a riflettere su cosa significhi ritrarre un artista: nel volto di Mondino colto da Garghetti e nello spazio molliniano riscoperto da Gobbi. Due approcci opposti che, messi in relazione, disegnano un unico racconto: quello di una Torino che, attraverso le sue figure più radicali, continua a proiettare immagini di libertà e immaginazione universale.

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