-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- Servizi
- Sezioni
- container colonna1
Fotografare l’invisibile: i colori metafisici di Franco Fontana in mostra a Roma
Fotografia
Colori, forme, interazioni, astrazioni, sovrapposizioni di piani e superfici. Questi sono solo alcuni spunti con cui è possibile descrivere la mostra Franco Fontana. Retrospective, al Museo dell’Ara Pacis a Roma. Franco Fontana è uno dei fotografi italiani contemporanei più celebri a livello internazionale. Nato a Modena, nel 1933, comincia a fotografare a livello amatoriale nel 1961. Fin dall’inizio si dedica a una ricerca estetica focalizzata sull’espressione astratta del colore. Tiene le sue prime esposizioni personali nel 1965 a Torino e nel 1968 a Modena. Da quel momento la sua carriera sarà un susseguirsi di successi, con mostre nei più importanti musei a livello mondiale, numerosi premi e collaborazioni con istituzioni culturali e aziende di fama mondiale.

Astrattismo e minimalismo si radicano nella gestualità fotografica di Fontana, un astrattismo anomalo però, in quanto il fotografo, come ha più volte espresso, utilizza solo il reale, solo ciò che già è presente. Niente è artefatto o manipolato, il fotografo ci mostra solo la sua interpretazione della realtà. Fontana cambia l’esistenza delle cose, perché attribuisce loro un’essenza. Il fotografo non nega l’esistenza reale delle cose: nelle sue fotografie, ogni cosa rimane presente. Un albero resta un albero, una nuvola resta una nuvola. Ma quando li trasferisce nelle sue fotografie, cambiano esistenza, diventano forma che porta significato. Non li lascia riposare nella loro placida oggettività.
Se oggi la fotografia a colori è stata sdoganata e viene utilizzata quotidianamente, anche attraverso i nostri smartphone, il merito è da attribuire in parte a Franco Fontana che, dagli anni ’60, ha incanalato il suo interesse verso questa modalità espressiva che invece veniva rifiutata dalla maggior parte dei fotografi più famosi. In un mondo in cui la fotografia in bianco e nero era predominante e l’unica considerata con una valenza artistica, Fontana faceva del colore il suo marchio distintivo e lo rendeva fruibile a un pubblico sempre più ampio. Il Tokyo Metropolitan Art Museum non a caso lo sceglie come uno dei «Ventritré fotografi che hanno creato una nuova era».

La mostra si suddivide in varie categorie che riguardano i temi affrontati dal fotografo nel corso della sua decennale ricerca. In particolare gli skyline, i paesaggi, le piscine, le automobili e le strade, l’architettura e le polaroid.
I paesaggi di Fontana sembrano provenire da un’altra dimensione, così vividi ma al tempo stesso avvolti da un’aura di introspezione. Come afferma lo stesso fotografo: «Quando fotografo un paesaggio e il paesaggio entra in me, sto facendo un autoritratto, così che per esprimermi meglio divento anch’io paesaggio».
L’arte è rendere visibile l’invisibile. Perché è l’invisibile che sorregge il visibile. Fontana afferma di aver potuto fotografare un albero che ha visto, solo perché possiede radici che non possiamo vedere. «Le radici sono quello che non potete vedere. Ma contano più di quel che vedete. Il pensiero non si vede, ma senza pensiero non vedi nulla».
Nel percorso espositivo non ritroviamo solo gli iconici paesaggi e gli skyline, ma anche corpi e persone che affollano le immagini del fotografo: i nudi, le figure femminili in piscina e le incursioni dei lavoratori nello scenario urbano americano attraggono il fotografo che ne fa i protagonisti delle sue immagini. Fontana trasmette un’aura minimalista e atemporale anche in questa dimensione antropocentrica, coglie un dettaglio che diventa un punctum sul quale l’osservatore è costretto a focalizzarsi: il piede che spunta fuori in una stanza rossa, in un atteggiamento di fuga, e la gamba di un’ombra che invece fa capolino all’interno dell’inquadratura tra le colonne di un edificio. Questi sprazzi di umanità ci inducono a fantasticare sulle vite di questi personaggi.
Le foto scattate nelle piscine sono un vibrante elogio delle curve e delle rotondità, in alcuni casi un vedo-non vedo generato dalla presenza quasi vitrea dell’acqua. In altre foto, invece, le forme sinuose dei corpi femminili sembrano dialogare con le curve generate dal movimento dell’acqua, quasi come se una volesse imitare l’altra.
Un’ultima osservazione riguarda l’accessibilità: come buona prassi ormai consolidata, la Sovrintendenza Capitolina ha lavorato attivamente — grazie a importanti sinergie — per rendere questa esposizione accessibile anche ai visitatori con disabilità sensoriali. Ancora più rilevante è stato l’impegno a promuovere una fruizione realmente integrata, capace di conferire alla mostra un carattere distintivo e inclusivo, grazie a installazioni progettate per essere pienamente esperibili da tutte e tutti.
La mostra è accompagnata dal catalogo Franco Fontana. Una retrospettiva edito da Contrasto. È possibile visitare la mostra all’Ara Pacis di Roma fino al 31 agosto 2025.














