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Amore e guerra. Gerda Taro e Robert Capa da Camera a Torino
Fotografia
Fino al 2 giugno a Torino, è possibile visitare Robert Capa e Gerda Taro: la fotografia, l’amore, la guerra. Per gli amanti dei classici dei tempi d’oro della storia della fotografia contemporanea, si tratta di una mostra imperdibile che, come recita il titolo, propone una carrellata di 120 immagini opera dei due grandi maestri, Gerda Taro (1910-1937) e Robert Capa (1913-1954), tutte appartenenti a una stagione molto particolare della loro vita e attività. Il percorso espositivo si concentra, infatti, sulle immagini scattate da Capa e Taro all’epoca della guerra civile spagnola, in cui furono intensamente coinvolti in prima persona. La mostra, affidata alla curatela di Walter Guadagnini e Monica Poggi, offre alcuni dei lavori classici della storia della fotografia opera dei due grandi fotografi del ‘900.
Robert Capa incontrò Gerda Taro nel contesto tanto romantico quanto drammatico della Parigi degli anni Trenta. I due si innamorarono e, in seguito, partirono insieme per la Spagna per documentare la sanguinosa guerra civile allora in atto. Gerda Taro pagò in prima persona il proprio impegno come fotografa e testimone dei fatti storici di quegli anni, perdendo la vita nel 1937, proprio nel contesto della guerra civile spagnola, la stessa di cui parlò Orwell nel suo Omaggio alla Catalogna del 1938. La tragica circostanza rende ancora più poetica e profonda la sua testimonianza per immagini, alcune delle quali sono destinate a restare intramontabili nella memoria e nell’immaginario collettivi. Tra queste, risalta tra tutte la fotografia, non a caso scelta come locandina della mostra, in cui vediamo una miliziana nell’atto di imbracciare un fucile. La donna indossa una tuta da combattimento, sta prendendo la mira ed è pronta a sparare, eppure, allo stesso tempo, indossa un paio di scarpe col tacco.
L’immagine è di fortissimo impatto. Profondamente, e forse inaspettatamente attuale, quella fotografia, come altre in mostra, suggerisce una riflessione sulle donne e sul loro ruolo sia nel contesto specifico della resistenza spagnola, sia, e più in generale, sul loro modo specifico di mettersi in gioco in prima persona, nella vita, in guerra e in amore, come recita il titolo della mostra, oltre ogni cliché e osservazione banale. Oltre alle immagini iconiche, la mostra consente anche di ammirare la riproduzione di alcuni provini della famosa “valigia messicana”, data per perduta all’epoca della Seconda Guerra Mondiale e rinvenuta soltanto nel 2007, che conteneva 4.500 negativi scattati in Spagna da Robert Capa, Gerda Taro e il loro amico David Seymour, alias “Chim”.
Il filosofo e storico dell’arte francese George Didi Huberman si è più volte soffermato sul ruolo di testimonianza della fotografia, sul suo statuto di immagine “malgrado tutto”. Secondo Didi Huberman, infatti, le immagini ci consentono di conoscere, perché solo immaginando ci è dato di comprendere. Proprio per questo, in alcuni scritti recenti, Didi Huberman si è concentrato in modo particolare della fotografia di guerra e di resistenza, così come sulla produzione di immagini di arte visiva in pittura su questi temi, come nel caso di Goya. Per indicare quelle immagini, Didi Huberman usa volutamente la parola “martiri”. Il termine significa, infatti, originariamente nient’altro che testimoni e non va preso nell’accezione unicamente religiosa. I martiri sono, come sappiamo, coloro che per testimoniare il loro credo sono pronti a mettersi in gioco senza riserve, fino a dare la vita. Anche le fotografie vivono, in qualche modo, per testimoniare, per rendere immaginabile persino ciò che la nostra immaginazione a volte non può tollerare. In questo senso l’opera di Gerda Taro e di Robert Capa non potrebbe forse trovare un modo migliore per essere raccontata.
Accanto alla mostra di Robert Capa e Gerda Taro, da Camera è possibile visitare ancora altre due mostre interessanti. La prima presenta alcune immagini di Ugo Mulas che hanno per tema e leit motiv la Milano dell’epoca del boom economico. Un’ epoca talmente diversa per stile da quella rappresentata nella prima esposizione in corso, da contrapporsi ad essa quasi in un rapporto dialettico. Infine, una parte delle sale espositive è dedicata al lavoro Michele Pellegrino sul tema della realtà di paese di alcune zone del Piemonte.