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Nelle fotografie di Jacopo Di Cera, il paesaggio rivela tutte le sue ferite
Fotografia
di redazione
Negli ultimi anni, anche gli aeroporti sono diventati luoghi d’arte: terminal e gate trasformati in gallerie, spazi di transito che si aprono a esperienze culturali. Milano Malpensa non fa eccezione, come nel caso della nuova mostra di Jacopo Di Cera. White Entropy, a cura di Massimo Ciampa, è una delle iniziative dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026: negli spazi del PhotoSquare del Terminal 1, sarà visitabile fino al 31 marzo 2026 una serie di opere fotografiche di Di Cera, dove il bianco della neve diventa materia simbolica, quasi metafisica, in tema con gli sport invernali dell’importantissima manifestazione sportiva.

Al centro della mostra scorrono infatti le grandi fotografie zenitali realizzate tra Alpe di Siusi, Monte Bianco, Val di Fassa, Val Badia, Roccaraso, Cortina d’Ampezzo e Madonna di Campiglio. Il manto nevoso si dissolve in trame astratte, segni minimi che diventano mappe della nostra presenza: solchi, ferite, riscritture del paesaggio. White Entropy si sviluppa in 23 opere di grande formato, che ritraggono una parabola visiva completa, dalla purezza assoluta della prima immagine all’emergere progressivo dell’uomo, che trasforma la montagna in superficie da attraversare. La fotografia si fa così pelle del mondo, mostra le tracce della sua erosione, svela la sua fragilità.

Il cuore del progetto è l’installazione site specific posta a terra, una grande distesa di carta fotografica delicatissima che riproduce un’immagine zenitale del ghiacciaio del Monte Bianco. L’invito è, appunto, a percorrerla ma ogni passo, allo stesso tempo, consuma e altera. Una sorta di altare ribaltato, che si degrada e muta con il passaggio dei corpi. La fragilità del ghiaccio diventa esperienza fisica, immediata, inequivocabile, perché non si torna indietro, niente può essere ripristinato.

È un dispositivo narrativo che dialoga con la storia stessa del Monte Bianco: montagna leggendaria, un tempo Mont Maudit, vetta iconica dell’alpinismo europeo fin da quando Jacques Balmat e Michel-Gabriel Paccard la conquistarono nel 1786. Oggi quella stessa montagna è un termometro naturale del cambiamento climatico, il ghiacciaio della Brenva è arretrato di 200 metri negli ultimi 20 anni. White Entropy mette in tensione questi strati di memoria, trasformando il pubblico nel testimone diretto di un processo di dissoluzione che riguarda tutti.







Jacopo Di Cera, nato a Milano nel 1981, dopo esperienze nel settore della comunicazione si trasferisce a Roma e si dedica alla fotografia. Nel 2010 vince il concorso National Geographic. Nel 2016 sviluppa il Fotomaterismo con Fino alla Fine del Mare, esposto al PAN di Napoli, Paris Photo, MIA Fair, Les Rencontres d’Arles, Paratissima e Ginevra Atelier Photo. Nel 2017 partecipa alla Biennale di Venezia, presenta opere sull’imbarcazione Edipo Re di Pasolini e alla Galleria Accorsi. Seguono Il Rumore dell’Assenza, MiRo e il progetto con droni Sospesi. Dal 2020 esplora l’arte digitale con Infinity. Nel 2024 rappresenta l’Italia alla Dubai Art Fair, dove nel 2025 realizza l’installazione principale Retreat. Le sue opere sono presenti in gallerie e collezioni private nazionali e internazionali.














