07 settembre 2025

Other Identity #170, altre forme di identità culturali e pubbliche: Cristina Armeni

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola a Cristina Armeni

Cristina Armeni, Rimpiattino, 2022, da Who was my dad, fotografia a colori, 50x70, edizione 5+2 p.a

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Cristina Armeni.

Cristina Armeni, Capogiro, 2022 (autoritratto)

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«La questione tra pubblico e privato mi tocca molto, come artista e come persona che vive in un’epoca caratterizzata dall’esposizione di sé e dalla spettacolarizzazione della propria vita privata, soprattutto nell’abuso, più che uso, dei social. L’approccio autobiografico mi ha sempre interessato, tanto nelle arti visive, quanto nella letteratura, ma oggi l’autonarrazione sconfina spesso nell’esibizionismo, la poetica del quotidiano nel culto della banalizzazione, la condivisione nell’autoaffermazione. Il confine è quindi sottile, se non c’è spessore e qualità, l’autoritratto diventa selfie. Nei miei scatti colgo e ritrovo tracce di vita, la mia o degli altri. Lavoro talvolta anche con l’autoritratto, ma non amo l’esibizione, la mia indole mi porta ad essere riservata anche quando ritraggo gli altri. Sarà per questo che nei miei lavori la figura umana è quasi sempre solo accennata, i luoghi e le cose parlano più con sussurri che con strilli, più con allusioni che con parole esplicite».

Cristina Armeni, Allunaggio, 2020, fotografia a colori, 50×70, edizione 5+2 p.a

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Descrivere la propria identità non è facile, mi verrebbe da dire che dall’adolescenza in poi non si smette mai di costruirla. L’identità si sviluppa e si struttura man mano che si srotola la vita, e questo riguarda anche l’identità di artista, man mano che il lavoro si va compiendo. Anni fa mi resi conto che di ritorno dai viaggi o da gite fuori porta, non c’erano nei miei scatti paesaggi o tramonti, non c’era traccia di monumenti o piazze. Un interruttore, una maniglia, un braccio era ciò che mi riportavo indietro da quel luogo. Le mie fotografie nascono generalmente all’istante, dall’incontro con un oggetto, con un dettaglio in cui istintivamente ritrovo qualcosa di me. Spesso sono i luoghi intimi a richiamarmi, oppure un passo, o un gesto rimasto a mezz’aria. Definire l’identità del mio lavoro mi va un po’ stretto, preferisco lasciare il compito a chi lo guarda».

Cristina Armeni, Eccentrico, 2021, fotografia a colori 50×70, edizione 5+2 p.a., da La casa nasconde (ma non ruba), fotografia a colori e video

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Vorrei poter dire “nulla”, ma sarei scioccamente bugiarda. Vivo come tutti nel sistema sociale per cui sparire, non essere notato, passare inosservato, essere privo di ruolo sociale fa male, tanto in una serata tra amici, quanto nel mondo del lavoro. Posso dire però con certezza che il palcoscenico e i riflettori non mi sono mai stati congeniali e forse, come Moretti, “Vengo, non vengo, vengo e mi metto di profilo” è probabilmente ciò che mi rappresenta meglio. Non sarà un caso se nei miei lavori le presenze sono sempre fuggitive e schive».

Cristina Armeni, Proprio qui, proprio ora, 2022, fotografia a colori, 50×70, edizione 5+2 p.a

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Il timore che sia già stato detto e fatto tutto, può essere paralizzante e in questa chiave quella che tu chiami ricerca affannosa di qualcosa di nuovo, può senz’altro generare frustrazione.

Sicuramente molto di ciò che ho visto e letto circola dentro di me e affiora inconsapevolmente nei miei lavori. È il problema del confronto con la creatività degli altri. Capita a volte che io ritrovi nelle immagini di altri artisti pezzi del mio mondo espressivo. Questo invalida le mie intuizioni? Le scelte fatte? Le foto scattate? Decisamente no. La fotografia risponde principalmente ad un mio bisogno o desiderio di esprimermi. Se il risultato fa risuonare tasti significativi in chi guarda, allora quell’opera ha trovato la sua validità e la sua unicità».

Cristina Armeni, Proprio qui, proprio ora, 2022, fotografia a colori, 50×70, edizione 5+2 p.a

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Le mie fotografie sono il mio quotidiano, la mia vita intima, sono intrise di sentimenti perché da lì nascono, anche mio malgrado. Come ho detto prima, sono piuttosto riservata, tuttavia ogni mio lavoro racconta un frammento di me, dunque non so se definirmi artista, ma so per certo che non c’è separazione tra ciò che provo e ciò che mostro».

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Sono piuttosto soddisfatta di ciò che sono. Affiancando l’insegnamento alla fotografia riesco a soddisfare il mio desiderio di concretezza e di funzione sociale con il bisogno creativo e personale, però mi piacerebbe mettere il mio lavoro al servizio di una buona causa, coniugando il mio mondo con altri mondi. Magari dando voce a chi non ce l’ha ancora, unendo l’etica all’estetica».

Cristina Armeni, Senza titolo, 2023, dalla serie Maggese, fotografia a colori, 120×90, edizione 5+2

Biografia

Cristina Armeni è nata nel 1961 a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Storia dell’Arte con una tesi sul Fotomontaggio berlinese degli anni Venti, frequentando poi l’Istituto Superiore di Fotografia. Per diversi anni ha affiancato l’attività di fotografa a quella di storica dell’arte presso istituzioni pubbliche e private. Dal 2000 si dedica all’insegnamento, continuando a portare avanti la sua ricerca fotografica sul tema dell’assenza, sull’intimità dei gesti e degli oggetti quotidiani, sulle storie narrate dai luoghi disabitati.

Nei suoi lavori, compresi gli autoritratti, la figura umana è solo un accenno discreto, come in Allunaggio del 2020. Spesso sono invece gli oggetti e gli spazi domestici ad imporsi, protagonisti incontrastati e testimoni silenziosi di chi li ha posseduti, come in La casa nasconde (ma non ruba), video e fotografie digitali, del 2021.

 

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