04 novembre 2023

Other Identity #84. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Alva Bernadine

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Other Identity è la rubrica dedicata al racconto delle nuove identità visive e culturali e della loro rappresentazione nel terzo millennio: la parola ad Alva Bernadine

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Alva Bernadine.

 

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Other Identity: Alva Bernadine

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«Ho scelto la fotografia. È la più concreta e realistica delle arti. Questa è la sua virtù e a volte il suo limite. Ciò che può essere visto come erotico se disegnato o dipinto, potrebbe essere considerato pornografico se fotografato. Penso ad esempio al lavoro di Egon Schiele. Ogni mezzo ha i suoi limiti entro i quali devi lavorare».

Alva Bernadine; The Most Scurrilous Washing Line in Christendom; 2011; Photography

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Ho sempre considerato il mio lavoro incentrato, tra le altre cose, sullo sguardo maschile. Sono un maschio, quindi come potrebbe essere altrimenti? Presumevo anche che il mio pubblico sarebbe stato composto principalmente da uomini. Un giorno ho letto le statistiche sulla mia pagina Facebook e ho scoperto che il 48% dei miei follower erano donne, e inoltre sotto i 35 anni erano più donne che uomini. L’ho trovato sorprendente. Chiedendo a qualcuno di loro, è venuto fuori che il mio lavoro non ritraeva le donne in maniera scontata e lussuriosa come fanno altri fotografi uomini. Ho anche scoperto che il mio nome è ambiguo e alcune donne pensavano che anch’io fossi una femmina. Ciò mi ha fatto pensare al modo in cui la stessa fotografia potrebbe essere letta se scattata da una donna piuttosto che da un uomo. Il mio lavoro non riguarda solo il sesso ma i problemi che ne derivano».


Alva Bernadine; Daughter/Mother; 2018; Photography

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Quando avevo circa venticinque anni mi sono imbattuto in un capo di abbigliamento che avevo visto su una rivista e ho pensato che dovevo averlo. Era una giacca fatta di tessuto per tappezzeria. Sul retro c’era un’immagine di Gesù su un tappeto di seta. L’ho comprata. Ogni giacca era diversa, tappeti di colore diverso e tipi di tessuto diversi. Si abbinava alla mia custodia portfolio trasparente in perspex che avevo già, e che ritraeva un’immagine incorniciata kitsch di Gesù sul davanti e della Vergine Maria sul retro. E per un certo periodo mi vestivo così quando andavo a trovare gli art director. Ormai la indosso solo per le inaugurazioni delle mie gallerie. Non l’ho usata molto negli ultimi due anni.

Per quanto riguarda i social media, se ti interessa ritrarre il nudo, considerati semplicemente sfortunato. Soprattutto se sei un fotografo. Come ho detto, la fotografia è più realistica. Avevo un seguito considerevole su Instagram. Un giorno ho caricato un’immagine con sopra le patch di censura necessarie. Venti minuti dopo, quando ho controllato di nuovo, il mio account era stato cancellato. I social media vengono progettati pensando ai bambini e al profitto. I proprietari non vogliono offendere nessuno. Ho dovuto ricominciare da capo e ora non pubblico più con la stessa frequenza di un tempo».


Alva Bernadine, The Fetish IIIThe Dream of the Masturbator; 1984; Photography

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Come fotografo io rappresento attraverso il mio stile. Cercavo uno stile molto tempo prima di scattare la mia prima buona foto. Le persone vedono centinaia di immagini al giorno e volevo che si soffermassero a guardare le mie, anche se solo per qualche secondo in più. Per fare ciò, sono giunto alla conclusione che avrei dovuto creare immagini che li avrebbero fatti fermare durante il loro cammino. Il primo anno mi sono occupato di foto impressionistiche, l’anno successivo ho scoperto il surrealismo. Ne ho assimilato i principi e poi li ho vagliati attraverso la mia sensibilità estetica e ho creato uno stile».

Alva Bernadine; What Women Keep in Their Handbag; 2004; Photography

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«Quando si tratta dei miei amici e di persone non legate all’arte, dico semplicemente che sono un fotografo. Se continuano con le domande, cito alcune delle riviste per cui ho lavorato e mi fermo lì. Quando ho iniziato a dedicarmi alla fotografia cercavo continuamente di essere pubblicato su riviste di tutto il mondo. Se una foto non veniva pubblicata, per quanto mi riguardava, se nessuno la vedeva, poteva anche non esistere. Non era sufficiente il fatto che la vedessi io soltanto. Nel 2002 ho pubblicato il mio primo libro, che era una mia ambizione da tempo. Quando avevo appena cominciato e mi lasciavo influenzare dai libri, pensavo che sarebbe stato fantastico influenzare gli altri a mia volta».

Alva Bernadine; Anamorphic Sodomite; 1993; Photography

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Non riesco a pensare a nessun’altra identità che vorrei avere. Sono solo un uomo che scatta fotografie discretamente intriganti a cui piacciono le biciclette da strada vintage».

Biografia

Sono nato a Grenada, nelle Indie occidentali e mi sono trasferito in Gran Bretagna all’età di 6 anni a Londra. Mi sono interessato seriamente alla fotografia all’età di 21 anni. Le mie prime foto sono state di luoghi turistici di Londra e l’anno successivo ho iniziato a mettere in pratica il mio stile attuale. Sono autodidatta e non sono mai stata assistente.

Alva Bernadine; Zex Mirror; 2011; Photography

Ho fotografato per numerose riviste nazionali e ho avuto molti profili del mio lavoro in paesi come Francia, Spagna, Italia, Stati Uniti, Australia, Germania e, ovviamente, Gran Bretagna. Ho vinto il Cecil Beaton Award di Vogue/Sotheby’s nel 1987 (un premio per giovani fotografi) per la mia serie di foto di scarpe intitolate “The Fetish” e nel 1997 e ’98 sono stato nominato Fotografo Erotico dell’anno in Gran Bretagna e ho vinto nel 2002.

Il primo libro del mio lavoro, Bernardinism: How to Dominate Men and Subjugate Women, è stato pubblicato da Edition Stemmle nel 2001. Da allora ne ho pubblicati altri due. L’ultimo si intitola Twisted, Le fotografie erotiche di Alva Bernardine.

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