18 dicembre 2014

Lo sciopero culturale e lo strabismo di Franceschini

 

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Dopo il sit in contro i licenziamenti al Teatro dell’Opera di Roma che aveva striscioni e slogan tosti e al quale si erano aggiunti i lavoratori della Scala di Milano, del Bellini di Catania, del Lirico di Cagliari e del Maggio Fiorentino, il ministro Franceschini ha dovuto ricevere i rappresentanti sindacali del teatro romano, spendendosi in discrete rassicurazioni: per il 2015 non diminuirà il budget e altri 50 milioni arriveranno attraverso una quota dell’Art Bonus destinata al risanamento delle realtà interessate dalle procedure previste dalla legge 112 del 2013. 
Poche ore prima però, nel salotto tv di Fabio Fazio, Franceschini metteva i puntini sulle i a proposito degli scioperi nei musei. Avvertendo che, essendo «la cultura un servizio pubblico, le vanno applicate le stesse norme usate per i trasporti». Quindi, niente scioperi selvaggi, salvaguardia dei servizi essenziali, fasce protette e soprattutto mai più figuracce come quella che recentemente abbiamo messo in atto a Pompei che ha fatto il giro del mondo. Dandone poi la colpa ad «alcune frange che fanno del male anche ai sindacati».
Si dà il caso però che i 182 licenziamenti dello scorso 2 ottobre, tra musicisti, orchestrali e coro dell’Opera di Roma, preceduti dalla fuga di Riccardo Muti, sono stati fatti per “punire”, una volta tanto in modo esemplare, gli scioperi selvaggi che impedivano al teatro, e soprattutto a Muti, di lavorare.
Delle due l’una, allora. O il pugno duro contro gli scioperi selvaggi o le rassicurazioni agli stessi scioperanti. 
E poi se la cultura è un servizio importante come i trasporti, perché il Ministro non chiede, non diciamo un budget pari a quello che ha il ministero dei trasporti (non siamo matti) ma un finanziamento degno di un vero servizio?

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