18 dicembre 2014

Un Valle di nulla

 
Torna di scena il teatro simbolo della protesta di tutti i teatri e della gestione capitolina della cultura. Tra i lavori promessi mai partiti e ragioni istituzionali anche comprensibili. Ma con un unico risultato: il nulla

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Quello che si è visto ieri al Teatro Valle (non più Occupato) ha un po’ del paradossale: si cerca una soluzione, si trova nell’arco di pochi mesi (un nonnulla in confronto ai soliti tempi biblici della burocrazia), ma gli occupanti tornano in scena e muovono dure critiche nei confronti dell’Assessorato e del Teatro di Roma, che gestirà la sala dopo il restauro promosso dal Ministero come “edificio d’epoca”. Motivo della protesta: a quattro mesi dalla fine dell’occupazione, accettata per far cominciare il restauro di cui necessita il settecentesco teatro Valle, non è iniziato un bel niente. Qualcosa non va, insomma. E l’impressione di essere stati presi in giro è forte.
D’altra parte, paiono fondate le ragioni dell’Assessore alla cultura Giovanna Marinelli, che ha ridimostrato un certo aplomb nel cercare di risolvere una delle situazioni più calde della cultura contemporanea nella capitale, quella legata ai teatri. Che contrariamente al mondo dell’arte visiva riporta quotidiane battaglie, rivendicazioni, occupazioni. Sintomo che gli addetti ai lavori di questo settore vivono e ci mettono la faccia, contrariamente ai colleghi dei musei che invece sembrano dormire su un destino piatto, assuefatti dalle sberle quotidiane che il comparto si becca.
Ma torniamo sulla scena: quello che è successo ieri tarderà la firma di consegna del Valle da parte dei proprietari Capranica Del Grillo al Mibact e di conseguenza al Teatro di Roma, «non permettendo così il contratto di affitto necessario a far partire i pochi lavori indispensabili a rendere agibile questo spazio. Per responsabilità di chi ha voluto questa prova di forza si rischia di perdere altro tempo», ha dichiarato l’Assessore, che rimarca «ci aspettavamo da parte degli ex occupanti un segno di solidarietà verso Emma Dante [che riprenderà proprio dal Valle la sua Operetta burlesca, cancellata dal cartellone dell’Eliseo sfrattato n.d.r], ma al posto di esserne felici i promotori della conferenza stampa se ne sono lamentati in maniera incomprensibile e paradossale. C’è infine un problema più di fondo: se si vuole essere interlocutori credibili delle istituzioni si lasciano a casa esibizioni muscolari e si avanzano delle idee per confrontarle con gli altri». 
Insomma, i creativi stavolta l’avrebbero fatta fuori dal vaso. E chi, nel settore, rimprovera al Valle di non aver fatto crescere nulla in tre anni di occupazione: non un nuovo attore, regista o quant’altro, prende sempre più voce. 
Ma il caso Valle è solo la punta dell’iceberg di una situazione molto critica, con un teatro dell’Opera acefalo, il Palladium che lavora a singhiozzo, il Teatro India, il laboratorio sperimentale, che soprattutto sperimenta la chiusura progressiva dei suoi spazi. Paradossale è poi che la bomba –teatro esploda proprio con un assessore che si occupa di teatro da una vita, ben prima di avere un posto in Campidoglio. Sintomo, evidentemente, di una politica (anche quella migliore) allo sbando che dovrebbe governare una città molto sbandata.

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