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Guardatela bene questa meraviglia, perché il rischio è di non poterla vedere mai più. Poco importa che sia tutelata dall’Unesco, se l’Unesco e l’Umanità di cui sarebbe “patrimonio” non riescono a difenderlo. Palmyra è un luogo meraviglioso. Una epifania nel deserto, nella luce abbacinante che spesso avvolge questo, quando dalla sabbia spuntano colonne, resti di tempi, porte magnificamente decorate, edifici solenni e poi pareti intarsiate e altre costruzioni in cima a una montagna dall’architettura mai vista.
L’esercito dell’Isis è dato molto vicino a questo tesoro, in un’avanzata che avrebbe fatto dieci vittime con il consueto rituale dell’orrore. Secondo certa stampa estera si è ritirato, ma la minaccia non è finita, le notizie sono confuse e, come al solito, non si capisce quanta propaganda ci sia e quanto purtroppo sia tutto vero. Certo è che l’eventuale distruzione di Palmyra, il sito archeologico siriano più vasto e più noto al mondo, avrebbe un enorme valore simbolico per l’Isis. E certo è che l’esercito nero ha già aggredito altri luoghi stupendi di quella che era la stupefacente Siria: il Crack dei Cavalieri e Apamea, sito archeologico greco-romano forse ancora più prezioso, sebbene meno famoso di Palmyra, se non altro perché, a differenza di questa, non era mai stato restaurato. E poi Nimrud e Hatra in Iraq.
La Siria ha ancora altri tesori: Dura Europos, Sergiopoli, Bosra, Mari, Zenobia e altri ancora. Che cosa deve accadere per fermare la distruzione della storia?




















