06 aprile 2013

La Lavagna

 
La Lavagna
di Ludovico Pratesi
Quando la pluralità è debolezza: i premi e l’arte italiana delle ultime generazioni

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Quanti sono, e che senso hanno, i premi per l’arte in Italia? Sulla carta tanti, ma sono tutti utili? Forse, ma anche no. Analizziamo l’autarchico ma efficace  premio Maretti,  promosso da un dinamico editore di cataloghi di arte contemporanea e curato da Raffaele Gavarro, che per questa edizione ha invitato cinque curatori di ultima generazione (Claudio Libero Pisano, Giacomo Zaza, Sabrina Vedovotto, Adriana Rispoli e Antonello Tolve) a segnalare quattro artisti italiani over 35, che espongono tutti insieme a Napoli all’interno del PAN, uno spazio espositivo ridotto in uno stato tale incuria da far vergognare il comune partenopeo. Ma nonostante il livello degradato dell’istituzione, la rassegna restituisce una ottima campionatura della nostra arte mid-generation, che dimostra di aver raggiunto un livello di consapevolezza più che dignitoso all’interno di una rassegna basata su una «multipla e partecipata responsabilità», come dichiara Gavarro, che parla del premio come «luogo di analisi e verifica delle dinamiche di relazione e di forte mutualità tra artisti e curatori». 
Eugenio Tibaldi, Licola Pop Up, opera vincitrice Premio Maretti 2013

Parole sante, testimoniate da opere di indubbia qualità che animano una manifestazione realizzata con un budget certamente più basso di premi come Terna, Furla o Italia, tanto per citare i più noti. Così, giocando su questa felice responsabilità condivisa, possiamo ammirare le installazioni di Loredana Longo (Libero Pisano),  Alice Schivardi (Vedovotto), Flavio Favelli (Rispoli), Francesco Carone (Rispoli), Marco Raparelli (Tolve), Botto e Bruno (Tolve) e Gioacchino Pontrelli (Tolve)  insieme alle sculture di Liliana Moro (Pisano) Eugenio Tibaldi (Vedovotto) Bruna Esposito (Pisano), Piero Golia (Rispoli), con  le fotografie di Valerio Rocco Orlando (Tolve) e i video di Bianco-Valente (Tolve), Eva Marisaldi (Pisano) Marinella Senatore (Rispoli) e Domenico Mangano (Vedovotto). Meno comprensibili le scelte di Giacomo Zaza, che ha puntato su quattro maestri come Baruchello, Carrino, Nagasawa e Varisco (alla quale la giuria ha conferito una menzione speciale), rappresentati non al meglio della loro produzione
Un premio semplice, lineare, rigoroso. Senza clamori  e inutili e anacronistiche inaugurazioni glamour, con parterre social-trendy-chic, né giurie di global curators, che vengono regolarmente invitati e spesati per trascorrere piacevoli giornate a Roma, Bologna o Milano per esprimere il loro oracolo, troppo spesso del tutto avulso dal contesto nazionale, che gli organizzatori dei premi in questione presumono popolati da paria e incapaci, privi di quella allure internazionale necessaria per trasformare i premi in vetrine di vanità.  Qui la giuria era composta da seri e qualificati professionisti tutti italiani (Laura Cherubini, Eugenio Viola, Adriana Polveroni e Raffaele Gavarro) che conoscono dall’interno la nostra scena e che hanno indicato Eugenio Tibaldi come vincitore del premio: una monografia sul suo lavoro pubblicata da Maretti. 
Chi fa da se fa per tre, dicono gli antichi proverbi. In tempi di crisi, manifestazioni come questa dovrebbero diventare un modello di quelle buone pratiche che questo sciagurato Paese invoca ad ogni piè sospinto senza riuscire quasi mai a metterle in pratica.

1 commento

  1. Caro Ludovico, leggo con attenzione le tue osservazioni sul Premio Maretti al PAN di Napoli. Sono felice di chiarire i tuoi dubbi. Come dichiarato nel testo scritto nel catalogo del premio, la scelta di Baruchello, Carrino, Nagasawa, Varisco rappresenta l’attualità della sperimentazione “neoavanguardista” e oltre, ovvero il passato ancora presente, continuamente “in gioco”. Le opere presentate sono una scelta precisa di una produzione importante e soprattutto degli ultimi due anni di ciascun artista (ad esempio Nagasawa espone tre grandi rilievi in rame e non disegni, così come Carrino sceglie un gruppo di grandi rilievi in ferro che occupa più di 10 metri di lunghezza), Varisco realizza due opere appositamente per l’occasione.
    Essendo un premio over 35 come tu dici, questi artisti rientrano a pieno titolo nel contesto, tra artisti più giovani (penso a Bruna Esposito, Senatore, Marisaldi,..) con mostre internazionali affini ai quattro “maestri”.
    Con Baruchello, dopo aver realizzato insieme a lui un inedito progetto di giardino presso in Torrione Passari di Molfetta-Bari (il primo in Italia all’interno di uno spazio espositivo), la selezione delle opere del PAN è stata dettata dall’interesse verso un nucleo recentissimo di 6 “mappe mentali” molto vicino, sia nei contenuti che nella dimensione, all’unico disegno su tela presentato alla Documenta 13 (lo ricordi?), unito a due significative vetrine con collages e ideogrammi sulle piante malefiche, sul corpo umano e la specie umana.
    I quattro artisti hanno scelto personalmente delle opere che rappresentassero la loro ricerca attuale all’interno del Premio. Anzi colgo l’occasione per ringraziarli della loro generosità nei confronti del “progetto Maretti”.

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