08 novembre 2012

RITORNO AL FUTURO

 
RITORNO AL FUTURO
di Ludovico Pratesi

di

Mio nipote Edoardo, fresco diciottenne, mi ha consigliato di prendere Italo, e in due minuti ha fatto su Internet il biglietto del mio viaggio da Bologna a Roma di domenica scorsa, il 4 novembre. Da abituale frequentatore di Trenitalia, avevo visto Italo come una realtà lontana, quasi estranea, alla quale non mi ero mai voluto avvicinare. Bene, domenica ho viaggiato su un treno diverso, proiettato nel futuro, dove regnava una qualità di standard internazionale, ma profondamente italiana. Si può essere globali valorizzando al massimo la propria identità? Sì, e nel suo piccolo, quel treno ne è la prova. A partire dallo spazio, ergonomico e pulito, dalle toilette immacolate e tecnologicamente avanzate, dalla cortesia del personale, dal collegamento wifi rapido, semplice e gratuito e, dulcis in fundo, da un menù targato Eataly, consegnatomi a mano in una scatola di cartone che conteneva barattolini di cibo fresco e saporito, tutto rigorosamente italiano. Mi sono guardato intorno, e ho visto decine di ragazzi: devo dire che mi sono sentito proiettato in un mondo perfettamente contemporaneo, fiero di essere figlio di un popolo che aveva realizzato quel treno più efficiente dei TGV francesi.

Ma dov’è l’Italia di Italo, capace di pretendere la stessa qualità che vede intorno a sé, nel paesaggio, nei monumenti, nel cibo? Una qualità inarrivabile che il mondo ci invidia e che facciamo di tutto per calpestare, irridere, distruggere? Perché la pars destruens sembra aver cancellato negli ultimi decenni la construens, in una disperata e affannosa decadenza senza gloria né splendore? E soprattutto, possiamo tornare indietro? E come? Sembrerà strano, ma per guardare avanti oggi gli italiani dovrebbero voltarsi indietro. E analizzare le loro antiche ma profonde qualità, invece di sopravvivere immersi in una rassegnazione senza via di uscita.

Suvvia, non siamo più poveri di quanto fossimo negli anni Settanta, ma molto meno felici, ossessionati dal non essere all’altezza degli altri, tristi comparse di un mondo in cui gli oggetti tecnologici hanno preso il posto di affetti, sentimenti, emozioni. Abbiamo smesso di passeggiare nelle nostre città storiche, di assaporare spazi incantati come piazza Navona o piazza del Campo, di soffermarci ad osservare i picchi verticali delle guglie del Duomo di Milano o della Basilica di San Marco a Venezia, di incantarci davanti alle crete senesi o alle colline marchigiane, di perderci nei vicoli di Orvieto o sulle mura di Lucca. Milioni di turisti da tutto il mondo continuano a venire in un Paese sgangherato e corrotto per posare un attimo gli occhi su questi tesori, e noi abbiamo preferito rimbecillirci davanti ai reality televisivi o ai profili di facebook, come se vivessimo nella periferia di Denver o Sofia, senza capire che questi luoghi sono la nostra identità. Continuiamo a dire che non abbiamo tempo, ma in realtà nessuno può toglierci la capacità di usare il tempo, non per stordirci ma per migliorarci. Abbiamo infarcito il nostro vocabolario di parole inglesi senza più ricordarci la bellezza di quelle italiane, perché ci sembrava più cool assomigliare a un cowboy texano che non ha mai sentito il nome di Dante Alighieri, padre della lingua moderna al pari di William Shakespeare. Abbiamo imitato, ci siamo adeguati a popoli che ci sembrano più avanti di noi, ma in realtà sono soltanto molto più consapevoli del valore di un’identità difesa, valorizzata, proiettata in avanti senza mai, neppure per un attimo, perdere il rapporto con il proprio passato, solido fondamento per costruire il futuro.

Utilizziamo la crisi per correggere i nostri errori: spegniamo il televisore, abbandoniamo facebook, torniamo a parlare con fierezza la nostra lingua, riprendiamo in mano Leopardi, Ungaretti, Montale, Sciascia, Calvino, e soprattutto Pasolini. Leggiamoli, analizziamoli: non saranno cool come Raymond Carver o Forster Wallace, ma sono nostri. Smettiamo di cercare facili consensi nei vestiti, nei gesti, nelle conversazioni, ma siamo capaci di affermare, con cortesia ed eleganza, le nostre opinioni. A testa alta e senza paura. Scegliamo le nostre amicizie non con il cinico e distruttivo opportunismo dei nostri manager dagli stipendi milionari e dalle vite devastate, ma con la passione di condividere con loro un pezzo di vita autentica e soprattutto costruttiva. Come suggerisce Irene Brin, nel suo illuminante Dizionario del successo dell’insuccesso e dei luoghi comuni (Sellerio 1986), «Rinunciate profondamente al mondo e alle sue pompe. Sarà la sola maniera perché il mondo e le sue pompe vengano verso di voi».

1 commento

  1. Buongiorno,
    ho trovato il suo articolo molto vicino alla nostra visione,
    le invio l’invito della nostra prima post-produzione di un
    evento degli anni Settanta, per noi particolarmente significativo.
    Lia Bottanelli ( socio )

    L’associazione culturale BRERAMILAZZO è nata nei primi mesi del 2012 per volontà di un gruppo di ex studenti che frequentò, negli anni ’70, il Liceo Artistico di Brera in via Milazzo. Oggi lo stesso edificio è sede della Scuola Media Manzoni e Scala che coinvolgeremo in questa nostra prima esposizione.
    Una serie di fatti, apparentemente casuali, ci ha portati ora all’allestimento di questa mostra che segna la partenza operativa dell’associazione.
    Il recupero del materiale fotografico dell’epoca, la disponibilità e la sensibilità dell’attuale Direzione Scolastica, i contatti con le persone che furono parte del progetto di quarant’anni fa, tutte queste fortunate combinazioni ci hanno permesso di arrivare ad oggi con questo invito che siamo felici ed orgogliosi di poter diramare.
    L’esposizione sarà accolta in uno spazio non convenzionale, non una galleria d’arte, bensì l’atrio di una scuola pubblica che si mette a disposizione per qualche giorno, ospitando ricordi, testi, modellini e foto scattate nel 1972, nello stes- so luogo, in occasione dell’esperimento collettivo di antididattica condotto dallo scultore e docente di Plastica Modellata, Alberto Trazzi, alla guida della sua classe. Arricchita da filmati, rielaborazioni e testi attuali la mostra si propone di essere un momento di rievocazione, un ricordo privo di tristezza in quanto ancora pieno di vitalità artistica.
    Possiamo gettare un ponte tra generazioni, la nostra e quella giovanissima degli studenti attuali, ragazzi che frequentano scuole medie, ai quali va il nostro ringraziamento per l’ospitalità.

    Mercoledì 14 novembre 2012 non sarà una giornata convenzionale per chiun- que varchi la porta d’ingresso della Scuola Media Manzoni, in Via Milazzo, angolo piazza XXV Aprile, così come non fu una giornata convenzionale per chiunque abbia varcato la stessa porta quel giorno dell’anno scolastico 1972.
    orari : 8.30 / 18.00 fino al 16 novembre

    ASSOCIAZIONE CULTURALE BRERAMILAZZO
    UFFICIO STAMPA: +39 345 6093730
    Via Bronzino, 11 – 20123 Milano
    brera.milazzo@gmail.com info@breramilazzo.org
    Il presidente Marco Giberti
    Gli Associati

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